MATERIALE WORKSHOP: La GESTIONE DEL CIMITERO: fonti normative, piano regolatore, concessioni, manutenzioni sepolture, attività e lampade votive
Sintesi dell'intervento del Dott. Stefano Paoli
Indicazioni per l'ufficio tributi del Comune
Servizi Comunali Contenzioso tributario Entrate tributarie Messi comunali Notifica atti
A seguito del decesso del contribuente gli uffici tributi che devono emettere e notificare avvisi di accertamento si trovano di fronte alla necessità di risolvere questioni tutt’altro che scontate.
Ovvero: come devono essere intestati gli avvisi di accertamento? Come devono essere notificati?
I dubbi sorgono dal fatto che gli emanati avvisi di accertamento hanno per oggetto imposte che sono maturate durante la vita del de cuius ma l’attività di accertamento inizia in un momento in cui il contribuente è defunto.
La difficoltà nell’individuazione di una soluzione aumenta se si pensa che, da un lato, il decesso del contribuente non comporta alcuna sospensione o proroga dei termini di pagamento delle imposte e del relativo accertamento, e, dall’altro, le imposte maturate dal de cuius debbono essere versate indipendentemente dall’accettazione dell’eredità.
Astrattamente, le possibili soluzioni potrebbero essere due:
E’ facilmente intuibile come la prima soluzione prospettata, per quanto in assoluto la più semplice, non possa essere perseguita.
Se, come generalmente avviene, il Comune ha conoscenza del decesso del soggetto che ivi aveva la residenza, è evidente come le sue pretese debbano essere rivolte nei confronti degli eredi.
L’errata intestazione dell’avviso di accertamento
In proposito la giurisprudenza è particolarmente severa, rinvenendo nell’intestazione dell’avviso di accertamento a soggetto defunto un’ipotesi di nullità insanabile.
Ciò significa che la nullità in questione non potrà essere sanata in alcun modo. Mai potrà dirsi che l’atto ha comunque raggiunto il suo scopo.
Non potrà mai pertanto riconoscersi effetto sanante alla proposizione di tempestivo ricorso giurisdizionale avverso l’avviso di accertamento in questione da parte degli eredi.
Tale principio è stato ben esplicitato dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 36675/2022, ove si legge che l’intestazione dell’avviso di accertamento a persona defunta “non costituisce un dato puramente formale, ma incide sul momento strutturale del rapporto tributario che non è configurabile nei confronti di un soggetto non più esistente; in tal caso si avrà una nullità insanabile dell’avviso in quanto intendente a instaurare un rapporto tributario con un soggetto che non è più esistente e del cui decesso l’ente ha piena contezza”.
La comunicazione di cui all’art. 65, c. 2, D.P.R. n. 600/1973
Una volta chiarito che l’avviso di accertamento deve essere intestato e notificato agli eredi del de cuius, il successivo dubbio da dipanare è come individuare gi eredi.
Può essere sufficiente l’intestazione generica “agli eredi di…” ovvero è necessario che gli eredi siano singolarmente identificati secondo le rispettive generalità?
La domanda è oltremodo lecita se si pensa che la legislazione in materia di tributi locali nulla dice sul punto.
In materia di imposte dirette però il nostro ordinamento conosce una norma che affronta la questione.
Nello specifico trattasi dell’art. 65 del D.P.R. n. 600/1973.
Il comma 2 prevede che “gli eredi del contribuente devono comunicare all’ufficio delle imposte del domicilio fiscale del dante causa le proprie generalità e il proprio domicilio fiscale. La comunicazione può essere presentata direttamente all’ufficio o trasmessa mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, nel qual caso si intende fatta nel giorno della spedizione”.
Il comma 4 prosegue precisando che “la notifica degli atti intestati al dante causa può essere effettuata agli eredi impersonalmente e collettivamente nell’ultimo domicilio dello stesso ed avere efficacia nei confronti degli eredi che, almeno trenta giorni prima, non abbiano effettuato la comunicazione di cui al secondo comma”.
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 15437/2019, ha espresso un principio molto importante, ovvero che la disciplina prevista dall’art. 65, commi 2 e 4, del D.P.R. n. 600/1973 trova applicazione anche in materia di imposte locali.
Grazie a tale interpretazione estensiva gli uffici tributi possono beneficiare di linee guida più precise per quanto attiene al loro operato.
Pertanto, le strade astrattamente percorribili sono due:
Gli eredi sono quindi onerati di comunicare le proprie generalità ed il proprio domicilio fiscale all’ufficio finanziario competente in ragione del domicilio fiscale del de cuius o direttamente o a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento.
Tale comunicazione permetterà agli uffici di azionare direttamente nei confronti dei singoli eredi le proprie pretese tributarie, il cui presupposto si sia verificato anteriormente al decesso del de cuius.
Per conforme interpretazione giurisprudenziale, la comunicazione di cui all’art. 65 c. 2, D.P.R. n. 600/1973 non ammette equipollenti. Essa non può essere sostituita né dalle indicazioni contenute nella dichiarazione dei redditi presentata dall’erede (così Cass. n. 228/2014) né da quelle inserite nella dichiarazione di successione (Cass. n. 17430/2013).
Per completezza si ricorda che il Codice di Procedura Civile conosce una norma analoga per la disciplina della notifica agli eredi.
L’art. 477 c.p.c. infatti prevede che “Il titolo esecutivo contro il defunto ha efficacia contro gli eredi, ma si può loro notificare il precetto soltanto dopo dieci giorni dalla notificazione del titolo. Entro un anno dalla morte, la notificazione può farsi agli eredi collettivamente e impersonalmente, nell’ultimo domicilio del defunto”.
Si noti però che la norma del Codice di Procedura Civile contempla la possibilità di notifica collettiva ed impersonale solo per due determinati atti giuridici, ovvero il titolo esecutivo ed il precetto.
In aggiunta, prevede un limite temporale alla facoltà di notifica collettiva ed impersonale, ovvero un anno dalla morte del de cuius.
Tale limitazione temporale fortunatamente non sembra trovare applicazione in materia tributaria.
L’errata notifica dell’avviso di accertamento
Per lungo tempo la giurisprudenza è stata monolitica nel sostenere un’interpretazione molto severa dell’art. 65, cc. 2 e 4, del D.P.R. n. 600/1973.
Praticamente tutte le sentenze ritenevano che in presenza della predetta comunicazione, l’avviso di accertamento dovesse essere notificato personalmente e nominativamente agli eredi nel domicilio fiscale da loro indicato, pena la nullità assoluta ed insanabile della notifica (così, tra tutte, Cass. Civ., n. 12886/2007).
Più recentemente, in certe sentenze si è letto un superamento del predetto orientamento restrittivo.
Così, con la sentenza n. 17198/2017, seguita dalla n. 1156/2019, la Corte di Cassazione ha precisato che, in presenza di un avviso di accertamento notificato collettivamente ed impersonalmente agli eredi anziché a questi ultimi personalmente nel domicilio comunicato, purchè entro il termine di decadenza dal potere accertativo della Pubblica Amministrazione, la tempestiva proposizione del ricorso da parte dell’erede avverso la cartella di pagamento ha effetto sanante, con efficacia ex tunc, della nullità della notificazione, per il raggiungimento dello scopo dell’atto.
Secondo tale orientamento giurisprudenziale, all’avviso di accertamento, nonostante la sua natura sostanziale e non processuale, dovrebbe ritenersi applicabile il regime di sanatoria della nullità della notificazione per raggiungimento dello scopo dell’atto, previsto per gli atti processuali dagli artt. 156 e 160 c.p.c., atteso che l’articolo 60 D.P.R 600/1973 richiama espressamente le norme sulle notificazioni dettate dal Codice di Procedura Civile.
A seguire il ragionamento dei Giudici di legittimità, la notifica non è un elemento costitutivo dell’atto tributario ma integra una mera condizione di efficacia, con la conseguenza che il vizio di nullità ovvero di inesistenza della stessa rimane irrilevante ove l’atto abbia raggiunto lo scopo.
Tale orientamento è stato ribadito dalla Corte di Cassazione anche con l’ordinanza n. 28215/2023 ove si legge che la notifica dell’atto tributario nei confronti di un contribuente deceduto agli eredi collettivamente e impersonalmente presso il domicilio del de cuius, pur in presenza della comunicazione di cui all’art. 65 D.P.R. n. 600/1973 prima della notificazione, deve ritenersi nulla, ma non inesistente. Con la conseguenza che il vizio risulterà sanato, per il raggiungimento dello scopo, qualora l’erede proponga ricorso avverso il ruolo.
La misura della responsabilità degli eredi per le obbligazioni tributarie del de cuius
Un’ultima questione si cui è opportuno soffermarsi è la misura secondo cui gli eredi sono chiamati a rispondere delle obbligazioni fiscali del del cuius.
Preliminarmente è bene precisare che le sanzioni comminate al de cuius non si trasmettono agli eredi, che saranno responsabili unicamente della somma capitale e dei relativi interessi.
Il dubbio che ragionevolmente insorge è se gli eredi siano chiamati a rispondere solidalmente dei debiti tributari del de cuius, salvo ovviamente il diritto di rivalsa nei loro rapporti interni, oppure pro quota.
La perplessità di fronte all’individuazione della soluzione discende dal fatto che tra le norme che disciplinano i tributi locali nulla si dice.
La questione è invece affrontata nel comma 1 del – già più volte citato - art. 65 del D.P.R. n. 600/1973 ove si legge che “Gli eredi rispondono in solido delle obbligazioni tributarie il cui presupposto si è verificato anteriormente alla morte del dante causa”.
Come già sopra abbiamo ricordato, l’art. 65 del D.P.R. n. 600/1973 è una norma di carattere generale che, a rigore, riguarda le sole imposte dirette.
Disposizione analoga a quella dell’art. 65, c.1, del D.P.R. n. 600/1973 è contenuta nell’art. 36 del T.U. sulle successioni con riferimento, appunto, all’imposta di successione.
Attesa l’applicazione anche in materia di tributi locali dei commi 2 e 4 dell’art. 65 del D.P.R. n. 600/1973, avrebbe potuto essere ragionevole il riconoscimento dell’applicazione generalizzata a tutti i tributi anche del disposto del comma 1.
Ma così non è.
Recentemente, la Commissione di Giustizia Tributaria di II grado Piemonte, con la pronuncia n. 142/2024, ha negato che con riferimento all’imu maturata dal de cuius possa sussistere una responsabilità solidale dei suoi eredi.
I Giudici dell’appello richiamano la sentenza n. 780/2011 con cui la Corte di Cassazione “ha ricordato che la regola generale del nostro ordinamento è quella prevista dall’art. 1295 c.c. per la quale, salvo patto contrario, i debiti ereditari si dividono tra gli eredi in proporzione alle rispettive quote.
La regola trova eccezione in materia d'imposta, nei limiti in cui ciò possa ritenersi normativamente previsto. E così, l'imposta sulle successioni è dovuta dagli eredi in solido ex art. 36 T.U. sulle successioni, ed ancora per il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 65, le imposte sui redditi sono dovute in solido dagli eredi del contribuente defunto, allorché il presupposto si è verificato anteriormente alla morte del dante causa.
L'eccezione in parola non riguarda però altri tributi […]”.
I Giudici d’appello richiamano un’ulteriore sentenza di legittimità, la n. 22426/2014, in cui la Suprema Corte ha ribadito che “in mancanza di norme speciali che vi deroghino deve esser applicata la comune regola della ripartizione dei debiti ereditari pro quota di cui agli artt. 752 e 1295 c.c. […]. In particolare, l'articolo 752 del Codice civile stabilisce che i coeredi contribuiscono tra loro al pagamento dei debiti e pesi ereditari in proporzione delle loro quote ereditarie, salvo che il testatore abbia altrimenti disposto”.
A seguire l’insegnamento giurisprudenziale, gli uffici tributi, una volta note le generalità dei singoli eredi, saranno pertanto tenuti ad emettere avvisi di accertamento pro quota.
Avvocato Lorella Martini
--> Per approfondire alcuni aspetti:
Sintesi dell'intervento del Dott. Stefano Paoli
INPS – Circolare n. 98 del 5 giugno 2025
Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 21 marzo 2025
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