Contribuzione dovuta in applicazione dell’obbligo di versamento del c.d. ticket di licenziamento, introdotto dall’articolo 2, commi da 31 a 35, della legge n. 92/2012. Chiarimenti
INPS - Circolare n° 137 del 17 settembre 2021
Sentenza Corte Cassazione n. 14811/2020 - Licenziamento per giusta causa e sanzioni conservative previste dal contratto nazionale
Servizi Comunali LicenziamentoApprofondimento di Vincenzo Giannotti
Sentenza Corte cassazione n. 14811/2020
Licenziamento per giusta causa e sanzioni conservative previste dal contratto nazionale.
Vincenzo Giannotti
La Cassazione (sentenza n.14811/2020) è stata chiamata a decidere sul licenziamento per giusta causa di un dipendente comunale e, la sua proporzionalità rispetto ad una sanzione conservativa prevista dal contratto nazionale. In particolare, il dipendente ha lamentato la sproporzione dei fatti contestati inidonei al licenziamento secondo la contrattazione collettiva che, al contrario, ha previsto per i medesimi fatti una sanzione conservativa, chiedendo al giudice di legittimità una rivisitazione del giudizio di proporzionalità della sanzione espulsiva riguardo agli addebiti contestati.
I fatti
Al dipendente, cui è stato inflitto il licenziamento per giusta causa, è stato contestato di essersi recato al di fuori nell'orario di lavoro, nel proprio ufficio in compagnia di una signora, lì condotta con il pretesto di procurarle un posto di lavoro, e quindi aveva posto in essere "atti di molestia sessuale" nei confronti della donna contro la sua volontà. A dire del dipendente, che è ricorso contro il rigetto da parte della Corte di appello in Cassazione, vi è stata una errata interpretazione del CCNL Dirigenti Regioni e Autonomie locali da applicare, visto che le disposizioni contrattuali prevedono, sia per le minacce, sia per le molestie, anche di carattere sessuale lesive della dignità della persona, l'applicazione solo di sanzioni conservative e non espulsive. In altri termini, il procedimento disciplinare, che ha irrogato la sanzione conservativa prevista dal contratto nazionale, sarebbe nullo in ragione della violazione delle norme contrattuali, ove le parti per quella medesima condotta hanno previsto sanzioni solo di tipo conservativo.
Le indicazioni della Cassazione
I giudici di piazza Cavour hanno precisato in via preliminare come, in caso di contestazione di una decisione sulla sussistenza di una giusta causa di licenziamento e, in particolare, sulla proporzionalità della sanzione espulsiva rispetto alla condotta contestata alla parte ricorrente, dove quest’ultima ha chiesto la cassazione della sentenza impugnata, non solo non può limitarsi ad invocare una diversa combinazione di detti elementi ovvero un diverso peso specifico di ciascuno di essi, ma deve denunciare l'omesso esame di un fatto avente, ai fini del giudizio di proporzionalità, valore decisivo, ossia che l'elemento trascurato dal giudice di merito avrebbe condotto ad un diverso esito della controversia con certezza e non con grado di mera probabilità che, nel caso di specie non è avvenuto.
Il giudice di legittimità in diverse occasioni ha avuto modo di evidenziare come, le previsioni disciplinari previste dalla contrattazione collettiva, che graduano le sanzioni disciplinari, non sono vincolanti per il giudice di merito essendo quelle della giusta causa e del giustificato motivo nozioni legali. Tuttavia, in tale ambito di manovra il giudice di merito è vincolato delle tipizzazioni di giusta causa e di giustificato motivo presenti nei contratti collettivi di lavoro. Tale ultimo principio, infatti, è stato applicato anche all'ipotesi in cui le previsioni negoziali ricolleghino ad un determinato comportamento giuridicamente rilevante solamente una sanzione conservativa. In questo caso, trattandosi di una condizione di maggior favore per il dipendente oggetto di azione disciplinare, il giudice è, in linea di principio, vincolato dal contratto collettivo nel senso che se, alla violazione disciplinare contestata al dipendente, il CCN ricollega una sanzione conservativa, il giudice non può estendere il catalogo delle giuste cause o dei giustificati motivi di licenziamento oltre quanto stabilito dall'autonomia delle parti.
La motivazioni sulla sanzione espulsiva
Nel caso di specie, ha precisato la Cassazione, la Corte di appello avrebbe posto l’accento sulle particolari responsabilità connesse con l’incarico dirigenziale. La proporzionalità della sanzione espulsiva è stata, quindi, giudicata proporzionale ai fatti commessi, dando particolare enfasi all’elemento intenzionale e al carattere oggettivamente non lieve della violazione riscontrata, che hanno denotato un evidente disinteresse dell'incolpato al rispetto dei principi generali di correttezza ed integrità nell'esecuzione del rapporto di lavoro, tanto più significativo data la qualifica dirigenziale posseduta dal ricorrente.
In tale contesto, per la Corte di appello, le disposizioni dell'art. 7 del CCNL che hanno previsto sanzioni conservative (sia per le minacce sia per le molestie, anche sessuali) non sono state considerate vincolanti.
Inoltre, per la Cassazione, né la indicazione di "minacce" né quella di "molestie sessuali" possono considerarsi idonee a tipizzare in modo specifico le condotte dei lavoratori ritenute meritevoli di sanzione. Se si entra nell’ambito del diritto penale, infatti, la configurabilità del reato di minaccia può aversi per comportamenti molto diversi e si distinguono vari tipi di minaccia. Per quanto riguarda le molesti sessuali se ne esclude la ricorrenza tutte le volte in cui vi siano dei contatti fisici a sfondo sessuale, perché in tale ipotesi si ritiene sussistente il delitto di violenza sessuale, consumata o tentata. A ciò va aggiunto che, nel caso di specie, un ulteriore elemento qualificante della condotta è rappresentato dal fatto pacifico che l'incolpato si è avvalso della qualifica dirigenziale posseduta per avvicinare la denunciante.
Sulla base dei sopra indicati elementi, per i giudici di legittimità, ha correttamente operato la Corte di merito che ha ritenuto di dare prevalenza alla valutazione di gravità del comportamento posto in essere dall'attuale ricorrente e, quindi, di escludere la possibilità di considerarlo rientrante nell'elencazione contrattuale di sanzioni di tipo conservativo, ma al contrario il comportamento del dirigente è da considerarsi irrimediabilmente lesivo del vincolo fiduciario che è alla base del rapporto tra dipendente e datore di lavoro. Proprio tale lesione del vincolo fiduciario ha giustificato la sanzione espulsiva del dirigente nel caso di specie.
Il ricorso del dirigente, pertanto, deve essere giudicato infondato e confermato il licenziamento disciplinare.
30 agosto 2020
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