Approfondimento sulle modifiche al Codice dei Contratti previste dal “Dl Infrastrutture”
ANCI – 29 maggio 2025
Non spetta al sindaco determinare chi lavora di presenza negli uffici
Servizi Comunali Ordinamento uffici e serviziApprofondimento di Luigi Oliveri
Non spetta al sindaco determinare chi lavora di presenza negli uffici
Luigi Oliveri
L’articolo di Arturo Bianco sul Quotidiano Enti Locali del 3 aprile 2020 in merito ai servizi essenziali ed alle competenze per individuarli è in gran parte non condivisibile e giunge a conclusioni erronee.
Partiamo dall’ultima, secondo la quale la competenza ad individuare le funzioni essenziali spetterebbe al sindaco, in quanto organo dotato di poteri di ordinanza contingibile ed urgente competente alle misure di coordinamento degli orari.
Si tratta di un travisamento delle indicazioni contenute nell’articolo 50 del d.lgs 267/2000. Partiamo dal coordinamento degli orari. Il comma 7 dell’articolo 50, dispone: “Il sindaco, altresì, coordina e riorganizza, sulla base degli indirizzi espressi dal consiglio comunale e nell'ambito dei criteri eventualmente indicati dalla regione, gli orari degli esercizi commerciali, dei pubblici esercizi e dei servizi pubblici, nonché, d'intesa con i responsabili territorialmente competenti delle amministrazioni interessate, gli orari di apertura al pubblico degli uffici pubblici localizzati nel territorio, al fine di armonizzare l'espletamento dei servizi con le esigenze complessive e generali degli utenti”.
Questa funzione non ha nulla a che vedere con la fissazione degli orari di lavoro e di apertura al pubblico degli uffici comunali, materie di competenza esclusivamente datoriale. Il coordinamento di cui parla il comma 7 dell’articolo 50 riguarda gli orari di servizio in particolare degli esercenti commerciali e dei servizi pubblici, al fine di razionalizzare gli orari dei flussi del traffico. Nulla, quindi, a che fare con l’organizzazione interna delle attività totalmente rimesse alla funzione datoriale, come tale estranea alle competenze dei sindaci.
Meno che mai, comunque, il coordinamento degli orari di cui al citato comma 7 dell’articolo 50 è espressione di poteri di ordinanza contingibile ed urgente. Lo dimostra la circostanza che è un coordinamento e non un ordine d’imperio, qual è l’ordinanza, nonché la necessaria “intesa” con le istituzioni pubbliche, del tutto incompatibile con un’ordinanza.
Inoltre, il coordinamento degli orari di una città né potrebbe essere considerato urgente, connesso ad emergenze anche impreviste; né tanto meno “contingibile”, cioè durare un lasso di tempo determinato, connesso all’emergenza: si tratta, esattamente all’opposto, di un coordinamento ordinario e quanto più possibile stabile nel tempo.
Il sindaco, quindi, non ha alcun potere di intervenire con ordinanza nella determinazione dei servizi.
Che, per altro, ai sensi della normativa, in particolare l’articolo 87 del d.l. 18/2020, non sono per nulla “essenziali”, ma “indifferibili” e da rendere in connessione con l’emergenza.
In effetti, la lunghissima elencazione proposta dall’Autore dei servizi “essenziali” è del tutto pleonastica. Nessuna delle norme emanate fin qui ha previsto che i servizi dei comuni debbano chiudere. Il riferimento, quindi, alla legge 146/1990 sulla regolamentazione degli scioperi è totalmente erroneo, perchè tale legge ha appunto lo scopo di scongiurare il pericolo della chiusura totale dei servizi, cosa, si ribadisce, per nulla prevista dalla normativa emergenziale.
Non si deve incorrere nell’equivoco di considerare “chiuso” un servizio che invece di essere svolto nella sede del comune, sia espletato da remoto. Quel servizio è e resta “aperto”, funziona, anche se il dipendente non fisicamente presente nell’ufficio comunale.
Quindi, attività certo essenziali e non sopprimibili, come la gestione degli stipendi e delle attività di ragioneria, non chiudono per nulla e sono certamente essenziali.
Cosa diversissima, allora, è ritenere che debbano essere svolti “in presenza”, che è il vero discrimine. Non si deve, cioè, distinguere tra servizi essenziali o non essenziali, ma tra attività da svolgere necessariamente mediante la presenza fisica negli uffici o quelle che si svolgono in lavoro agile.
Contrariamente a quanto sostiene l’Autore, le amministrazioni non debbono individuare le seconde, cioè quelle da espletare in lavoro agile, perchè il lavoro agile è ex lege la modalità ordinaria di espletamento del lavoro. Al contrario, occorre invece specificare, con motivazione adeguata, qual è il personale non organizzabile in lavoro agile, perchè la sua attività va svolta non da remoto, ma in loco.
Le attività di ragioneria o di formazione degli stipendi non richiedono per nulla la presenza in servizio: al contrario, è dovere dell’ente organizzare le modalità di resa da remoto, visto che si utilizzano applicativi software. Anche la stessa attività dei sistemisti informatici, laddove non siano richiesti interventi sui server fisicamente presenti in sede (ma la gran parte delle attività dovrebbero essere remotizzate in cloud, secondo regole logiche di efficienza) non richiede per nulla - a meno di arretratezza informatica ed organizzativa - la presenza in servizio.
Il sindaco, ovviamente, ha voce in capitolo, in particolare per le attività di protezione civile e di polizia locale, nel dare indirizzi su quali attività siano da rendere in presenza.
Ma, poi, l’individuazione concreta dei dipendenti e delle modalità organizzative, come la rotazione o i turni, ancora una volta spetta in via esclusiva, come chiarito dall’articolo 5, comma 2, del d.lgs 165/2001 e dall’articolo 107 del d.lgs 267/2000, a segretario comunali, dirigenti e responsabile di servizio.
3 aprile 2020
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