Approfondimento di Enrica Daniela Lo Piccolo

Note sulla procedura selettiva per la nomina del Direttore Generale di un Comune con popolazione superiore ai 100.000 abitanti e sui poteri gestionali dello stesso.

Servizi Comunali Ordinamento uffici e servizi
di Lo Piccolo Enrica Daniela
06 Novembre 2019

Approfondimento di Enrica Daniela Lo Piccolo                                                                                                  

Note sulla procedura selettiva per la nomina del Direttore Generale di un Comune con popolazione superiore ai 100.000 abitanti e sui poteri gestionali dello stesso.

 

Enrica Daniela Lo Piccolo

 

1. Quadro di presupposto ed evoluzione della giurisprudenza sulla procedura per la nomina del Direttore Generale.

 

L’articolo 108 del testo unico degli enti locali stabilisce che il sindaco nei comuni con popolazione superiore ai 100.000 abitanti e il presidente della provincia, previa deliberazione della giunta comunale o provinciale, possono nominare un direttore generale, al di fuori della dotazione organica e con contratto a tempo determinato, e secondo criteri stabiliti dal regolamento di organizzazione degli uffici e dei servizi, che provvede ad attuare gli indirizzi e gli obiettivi stabiliti dagli organi di governo dell'ente, secondo le direttive impartite dal sindaco o dal presidente della provincia, e che sovrintende alla gestione dell'ente, perseguendo livelli ottimali di efficacia ed efficienza.

La disposizione non prevede modalità specifiche per l’individuazione del soggetto chiamato a ricoprire l’incarico di direttore generale.

Tuttavia risulta evidente come la norma rimetta la definizione delle modalità di individuazione del direttore generale a un sistema criteriale definito nell’ambito della regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi.

Sino al 2005 la giurisprudenza amministrativa e quella giungla politica non hanno determinato elementi risolutivi in ordine al percorso prelusivo a conferimento dell’incarico di direttore generale.

Un primo elemento significativo si rinviene nell’intervento della Corte di Cassazione, sezioni unite, con la sentenza 13.538 del 12 giugno 2006, nella quale viene ad essere affermato che il direttore generale è a tutti gli effetti un dirigente dell’ente locale e, come tale, sottoposto alla disciplina generale regolate il ruolo dei dirigenti nelle pubbliche amministrazioni.

Tale aspetto è stato recentemente ribadito dalla Corte dei Conti, sezione giurisdizionale, per la Puglia, con la sentenza numero 453 del 20 novembre 2017.

La specificazione in ordine al tipo di rapporto con l’amministrazione locale, esclude una precedente e limitata giurisprudenza che rilevava la possibile applicazione al direttore generale di un contratto di natura privatistica, discendente a sua volta da un percorso selettivo assimilabile a quelli privatistici, perciò fondato su un ampio potere di scelta discrezionale da parte del sindaco.

Tali affermazioni giurisprudenziali e dottrinali sono state tuttavia contraddette da un intervento della corte dei conti, sezione giurisdizionale per l’Emilia-Romagna, tradotto nella sentenza numero 3 del 19 gennaio 2015.

In tale pronunzia, infatti, i magistrati contabili evidenziano come la configurazione del direttore generale quale dirigente dell’ente locale determini l’applicazione allo stesso delle norme sulla dirigenza anche con riferimento alle procedure selettive, fondando questa analisi sul necessario possesso, da parte del direttore generale, dei titoli di studio e dei requisiti per l’accesso alla dirigenza.

Tale sentenza ha determinato una revisione delle posizioni di molti osservatori in dottrina, nonché la diffusione di sistemi criteriali, nell’ambito dei regolamenti di organizzazione, finalizzati a consentire lo sviluppo di procedure selettive prelusive al conferimento dell’incarico di direttore generale.

Simile posizione, peraltro, è stata sintetizzata anche dall’Anci, che l’ha ribadita in documenti ufficiali e l’ha evidenziata nel manuale per i sindaci neoeletti nelle elezioni amministrative 2019, pubblicato nel maggio 2019. Il documento, infatti, chiarisce come la figura del Direttore generale sia da considerare “dirigenziale” in virtù delle funzioni attribuite dalla legge, quindi alla stessa è applicabile la disciplina sui requisiti di accesso alla dirigenza pubblica dettata dal D.Lgs. n. 165/2001, oltre ad essere tale nomina riconducibile a quella individuata dall’art. 110, c. 2, Tuel. Di conseguenza il soggetto incaricato deve essere in possesso di diploma di laurea e la sua individuazione va effettuata sulla base di una procedura comparativa pubblica (in proposito Corte dei conti sezione giurisdizionale per la regione Emilia-Romagna, sent. 3/2015). Rileva inoltre la Corte di conti, sez. giurisd.le Lazio, 12/11/2013, n.756, “la necessità di un’attenta valutazione delle disposizioni in materia, onde accertarsi se il provvedimento da adottare sarebbe in concreto risultato conforme alle vigenti previsioni normative ed espressione di una attenta, quanto prudente ponderazione degli interessi in gioco in termini di vantaggi e svantaggi patrimoniali”.

 

2. Le criticità relative all’attribuzione al Direttore Generale di poteri gestionali.

 

Un elemento critico relativo alla nomina del Direttore Generale è l’attribuzione contestuale, allo stesso, di poteri gestionali.

Tale particolare situazione confligge con numerose interpretazioni ufficiali e dottrinali relative al ruolo del direttore generale come figura che, per le sue particolari competenze di coordinamento, non deve essere impegnata in attività gestionali: si veda in tal senso la posizione critica espressa dal ministero dell’interno in un parere del 2011, il quale chiarisce anzitutto che la particolare figura professionale assolve ad una funzione di interfaccia tra gli organi di Governo e il personale dirigenziale (vedi sentenza Cons. Stato 3.10.2002 n. 5216).

Non risultano pertanto percorribili ipotesi riguardanti la possibilità di conferire al Direttore Generale poteri gestionali.

Qualora il Regolamento di organizzazione degli uffici e dei Servizi dell’Amministrazione preveda la possibilità di conferire l'incarico di direttore generale anche ad un proprio dirigente, previo collocamento in aspettativa per la durata dell'incarico, tale norma regolamentare è da ritenersi presupposto idoneo alla nomina, in forza dell'ampia autonomia organizzativa riconosciuta agli enti locali dall’art. 108 del d.lgs. n. 267/2000.

Secondo il Ministero dell’Interno, la previsione del collocamento in aspettativa dalle funzioni di dirigente correttamente evita il sostanziarsi di una causa di incompatibilità, tenuto conto che non è possibile cumulare nella stessa persona le particolari funzioni attribuite al direttore generale - di supervisione e coordinamento della gestione amministrativa svolta da personale dirigenziale - e le funzioni ordinarie del dirigente, che, in tale veste, risponde al direttore medesimo.

L'inconciliabilità delle funzioni di direttore generale con quelle di dirigente di qualsiasi struttura amministrativa dell'ente si desume, infatti, in modo inequivocabile sia dalla lettera dell'art. 108, laddove assegna al direttore generale il compito di sovrintendere alla gestione dell'ente che deve essere svolto con la dovuta imparzialità, sia dal disposto di cui all'art. 107, che enuncia le competenze proprie dei dirigenti.

Pertanto, in base a tali elementi di presupposto non risultano percorribili le ipotesi riguardanti la possibilità di conferire al Direttore Generale le funzioni di responsabile del servizio finanziario o altri compiti di natura gestionale, anche se di stretta attinenza alle materie attribuitegli secondo la normativa regolamentare.

Peraltro, la giurisprudenza in materia, pur collocando la figura del direttore generale nell'ambito della dirigenza, lo differenzia da questa quanto alle competenze attribuite.

3 novembre 2019

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