Approfondimento sulle modifiche al Codice dei Contratti previste dal “Dl Infrastrutture”
ANCI – 29 maggio 2025
Procedure ad evidenza pubblica per dare in affitto beni del patrimonio disponibile dell’Amministrazione
Servizi Comunali GareApprofondimento di Alberto Barbiero ed Enrica Daniela Lo Piccolo
Procedure ad evidenza pubblica per dare in affitto beni del patrimonio disponibile dell’Amministrazione.
di Alberto Barbiero e Entica Daniela Lo Piccolo
1. L’applicazione dei principi dell’art. 4 del Codice dei contratti pubblici alle procedure per l’individuazione di soggetti privati ai quali dare in locazione (contratti di locazione attivi) beni appartenenti al patrimonio disponibile dell'Amm’nistrazione.
L’individuazione dei soggetti ai quali dare in locazione beni appartenenti al patrimonio disponibile dell’ente locale deve avvenire nel rispetto dei principi stabiliti dall’art. 4 del d.lgs. n. 50/2016.
Il Consiglio di Stato, sez. V, con la sentenza n. 5821 del 23 agosto 2019 (nel file allegato) ha chiarito i profili applicativi del particolare quadro normativo riservato a tali rapporti dal Codice dei contratti pubblici.
I giudici amministrativi partono dall’assunto per cui i contratti di locazione attivi (nei quali la pubblica amministrazione concede in godimento a soggetti privati, assumendo le vesti di locatore, un bene immobile nella sua libera disponibilità patrimoniale, al fine di conseguire un reddito dal versamento dei relativi canoni) rientrano tra quelli “esclusi” dal regime di cui al d.lgs. n. 50/2016, in base a quanto previsto dall’art. 17, comma 1 lett. a) dello stesso Codice dei contratti pubblici.
Peraltro, la ratio di tale esclusione (che li sottrae alla puntuale disciplina pubblicistica delle procedure di affidamento definita dallo stesso Codice dei contratti pubblici) si basa sulla sostanziale estraneità delle relative vicende negoziali (in quanto inerenti beni indissolubilmente legati all’ambito territoriale di riferimento) agli interessi eurocomuni, incentrati sulla garanzia dell’accesso concorrenziale e non disparitario alle risorse pubbliche.
Il Consiglio di Stato evidenzia come si tratti di contratti sì “esclusi” ma non “estranei”, in quanto nominativamente individuati dal Codice sia pure per sottrarli alla puntuale e dettagliata disciplina codificata: pertanto, il loro “affidamento” deve comunque avvenire “nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità, pubblicità” (oltreché dei canoni di “tutela dell’ambiente ed efficienza energetica”), che declinano, specificano e conformano – con segnato riguardo alla materia negoziale – il generale statuto dell’azione amministrativa, in quanto preordinata alla salvaguardia e valorizzazione di interessi pubblici (art. 1 l. n. 241/1990), in base ai principi di riferimento per tale macro-classificazione di contratti stabiliti dall’art. 4 del d.lgs. n. 50/2016.
Peraltro, in tale prospettiva, l’art. 5 del d.lgs. 19 aprile 2017, n. 56 (recante il correttivo al Codice), ha provveduto ad inserirli comprensivamente nel corpo dell’art. 4, che quei principi individua e rende operativi, riportando l’esplicito riferimento ai contratti attivi (che determina la sussunzione dell’alveo dei principi in combinazione con l’art. 17).
I contratti di locazione attivi sono quindi necessariamente assoggettati ad un regime (minimale, ma necessario) di regole volte ad assicurare l’evidenza pubblica del processo selettivo, a tutela dell’accesso paritario e concorrenziale degli interessati: in assenza di una disciplina specifica, gli elementi regolativi sono desumibili dalla residuale normativa contabilistica (r.d. 18 novembre 1923, n. 2440), che a sua volta informa tutta la contrattualità degli enti pubblici (per gli enti locali, cfr. art. 192 d. lgs. n. 267/2000) e rende eccezionale, anche per i contratti da cui derivino entrate, il ricorso alla trattativa privata.
Peraltro Il Consiglio di Stato era già intervenuto, in sede consultiva, a chiarire con il parere n. 1241/2018 dell’11 aprile (pubblicato il 10 maggio) quale percorso deve essere effettuato dagli enti quando intendano prendere in affitto degli immobili o acquistarli, a fronte di quanto previsto dall’art. 17 in combinazione con l’art. 4 del d.lgs. n. 50/2016.
La prima disposizione prevede l’esclusione di varie tipologie di contratti dall’ambito applicativo del codice, comprendendo in tale novero anche quelli aventi ad oggetto l’acquisto o la locazione, quali che siano le relative modalità finanziarie, di terreni, fabbricati esistenti o altri beni immobili o riguardanti diritti su tali beni.
Il Consiglio di Stato chiarisce anzitutto che nel riferirsi all’acquisto o alla locazione di immobili la norma chiaramente contempla soltanto i contratti passivi, comportanti una spesa per la pubblica amministrazione, che riveste la qualità di acquirente o di conduttore, distinguendo da questi i contratti attivi (di alienazione e di locazione stipulati dalla p.a. nella qualità di locatore) per i quali il regime giuridico di riferimento si rinviene nel r.d. n. 827/1924.
In relazione all’interpretazione della combinazione normativa tra gli articoli 4 e 17, lett. a), del codice dei contratti (al fine di chiarire se rientrino o meno nell’ambito di esercizio dei poteri di vigilanza dell’Anac), il Consiglio di Stato chiarisce che in via generale ai contratti di acquisto di immobili da parte delle pubbliche amministrazioni si applica il principio della scelta del contraente mediante procedura ad evidenza pubblica (desumibile già dall’art. 37 del r.d. n. 827/1924, per il quale i contratti che comportano un’entrata o una spesa per lo Stato devono essere preceduti da gare, salvo ipotesi eccezionali).
Le amministrazioni devono pertanto impostare il relativo iter procedimentale al rispetto dei principi generali dell’attività amministrativa di cui all’art. 1 della legge n. 241/1990, dovendo rispettare per i contratti attivi e passivi in particolare i principi generali di tutela della concorrenza e parità di trattamento.
L’art. 4 del d.lgs. n. 50/2016 non impone la consultazione di un numero minimo di operatori economici, mentre amplia il novero dei principi di riferimento, aggiungendo quelli di pubblicità, tutela dell’ambiente ed efficienza energetica.
Il Consiglio di Stato evidenzia che seppure il legislatore del nuovo codice non abbia esplicitato il principio della necessaria preventiva valutazione comparativa di più concorrenti (testualmente introdotto nel solo art. 36 per i contratti sotto-soglia), esso informa tuttavia l’intera disciplina euro-unitaria e, di conseguenza, l’intero codice, così da dover essere riferito anche ai contratti che sono esclusi, in tutto o in parte, dal suo ambito di applicazione oggettivo.
La specificazione nell’art. 4 dei contratti attivi (introdotta dal d.lgs. n. 56/2017) determina l’applicazione anche a questi dei principi dell’ordinamento comunitario (applicazione esclusa nella versione originaria del codice), poiché quando il legislatore ha inserito espressamente i contratti attivi nel testo della norma, ha fatto sì che contratti estranei, per causa ed oggetto, all’ambito di azione delle direttive “appalti pubblici”, in forza di tale specifica previsione dell’ordinamento interno vengano assoggettati ai principi dei Trattati e perciò accomunati, per questo aspetto, ai contratti c.d. esclusi.
2. Il sistema delle regole applicabili.
Il Consiglio di Stato precisa inoltre che il regime di appartenenza dominicale che autorizza la libera “messa a reddito” nelle forme privatistiche dei contratti di godimento (arg. a contrario ex artt. 826 e 828 c.c., per i beni del patrimonio c.d. disponibile, che ne qualifica il profilo pubblicistico nell’esclusivo senso soggettivo della titolarità, in assenza di destinazione “a un pubblico servizio”), non vale a sottrarli, avuto segnatamente riguardo alle modalità di alienazione o di concessione, alle regole di evidenza pubblica pro concorrenziali ed ai meccanismi di contabilizzazione.
La “fase pubblicistica” preordinata alla selezione concorsuale del contraente privato vale a strutturare la relativa azione amministrativa in termini di attività propriamente autoritativa (arg. ex art.1 l. n. 241/1990), a fronte della quale i concorrenti vantano situazioni soggettive di interesse legittimo (non potendo vantare pretese incondizionate alla stipula del contratto), idonee ad attivare la giurisdizione del giudice amministrativo (arg. etiam ex art. 133, comma 1, lett. e), che peraltro prefigura una ipotesi di giurisdizione esclusiva, non estensibile fuori dei casi espressamente codificati, in relazione alla situazione dei concorrenti comechessia assoggettati alle procedure evidenziali normativamente imposte).
A tale sistema di principi è, del resto, ispirata la prevalente giurisprudenza amministrativa (cfr., per tutte, Cons. Stato, sez. V, 31 agosto 2015, n. 4036), secondo cui “l'amministrazione - sebbene non sottoposta per i contratti di locazione alla disciplina contenuta nel d.leg. 163/2006 [cfr., oggi, peraltro, il già richiamato art. 4 d. lgs. n. 50/2016, che coonesta e rafforza le conclusioni] - è comunque sottoposta alle norme di contabilità di stato, che impongono di regola l'adozione di procedimenti pubblicistici per i negozi da cui derivi una spesa, con conseguente radicamento della giurisdizione generale di legittimità del g.a. per la cognizione delle relative controversie; l'art. 192 d.leg. 267/2000 e l'art. 3 r.d. 2440/1923 stabiliscono che anche gli enti locali debbano indire gare mediante pubblico incanto o licitazione privata, a loro giudizio discrezionale; pertanto, in assenza di una diversa regola legislativa, l'amministrazione - qualora non stipuli senz'altro il contratto con un contraente ben individuato - deve utilizzare una procedura di evidenza pubblica; del resto, il rilievo pubblicistico di tali attività emerge da una visione complessiva dell'ordinamento, sia sotto i profili di responsabilità dei funzionari che ispirino le loro scelte a interessi contrapposti a quelli pubblici, sia sotto il profilo del rispetto dei principi di buon andamento e di imparzialità dell'azione amministrativa” (il principio, affermato per una fattispecie di locazione passiva, è estensibile alle locazioni attive: cfr., infatti, per analoga conclusione, Cons. Stato, sez. V, 13 dicembre 2012, n. 6400, che valorizza, nella condivisa prospettiva pubblicistica, il “potere di gestione de propri beni da parte della P.A.”; non osta alle riassunte conclusioni Cass. SS.UU, 25 marzo 2016, n. 6019, che afferma la giurisdizione ordinaria sul rapporto locatizio, per distinguerlo dal regime della concessione propria dei beni demaniali, senza occuparsi della fase ad evidenza pubblica.
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