Area edificabile

Risposta al quesito del Dott. Pietro Cucumile

Quesiti
di Cucumile Pietro
21 Settembre 2018

Fino a quando un'area è considerata edificabile? Fino all'inizio o al termine dei lavori di costruzione?

Risposta

Il quesito, sebbene formulato sinteticamente, apre questioni complesse e trasversali.

 

In materia di terreni, soprattutto in relazione all’acquisizione, da parte degli stessi, di quelle qualità che ne determinano l’edificabilità, entra in gioco la complessa attività delle pubbliche Amministrazioni, in grado di qualificare dal punto di vista urbanistico le aree, di deciderne il frazionamento, la destinazione e così via. E’ necessario, quindi, che il piano regolatore generale (o comunque lo strumento urbanistico vigente) attribuisca all’immobile natura di terreno edificabile. Occorre, in altre parole, quale presupposto essenziale, che il soggetto pubblico competente abbia compiuto, di concerto con le altre amministrazioni interessate, un’attività generale di pianificazione urbanistica relativa alla definizione dell’assetto del territorio. Alla pianificazione generale, poi, deve far seguito un’attività pianificatrice di attuazione, che comprende piani particolareggiati, di lottizzazione, di zona e così via. Da ciò si può desumere che si tratta di un procedimento amministrativo inquadrabile nell’ambito di un contesto dinamico, di connessione tra procedimenti, ove confluiscono l’attività negoziale e quella autoritativa delle pubbliche Amministrazioni coinvolte, con l’integrazione reciproca di regolazione, programmazione e attuazione.

 

Ebbene, secondo l’art.7 della legge urbanistica del 1942, legge n.1150 del 17 agosto 1942, il Piano regolatore generale (P.R.G.) prende in considerazione l’intero territorio comunale, indicando la rete delle principali vie di comunicazione, la suddivisione in zone, le aree destinate ad uso pubblico o sottoposte a speciali servitù, le aree destinate a edifici pubblici, nonché ad opere o impianti di interesse sociale, i vincoli ambientali e paesistici, i limiti per il centro storico e le norme di attuazione del piano stesso. Come, poi, rilievato in dottrina  “lo strumento urbanistico, atto fondamentale e strategico nel quadro della pianificazione a livello comunale o intercomunale, sortisce insomma come atto perfetto dal concerto di più autorità, ma è già idoneo a produrre i propri effetti tipici a seguito dell’adozione da parte del Comune”.

 

Per completezza sul punto, le istruzioni alla dichiarazione dei redditi si rifanno al disposto normativo, precisando che, ai fini delle imposte sul reddito, si considera edificabile un terreno considerato tale in un piano regolatore generale o, in mancanza, dagli altri strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione e non occorrendo, quindi, che il piano urbanistico sia particolareggiato.

 

Di più. Secondo l’interpretazione autentica della c.d. “Manovra Prodi”, il comma 2 dell'art. 36 del D.L.n.223/06, convertito, con modificazioni, in legge n.248/2006, ha chiarito definitivamente la portata della locuzione "area fabbricabile" da assumere per tutte le imposte: IVA, imposta di registro, imposte sui redditi e ICI. Come puntualizzato dalla circolare n.28/06, diffusa prontamente dalle Entrate, “la disposizione sopra richiamata estende alle imposte sui redditi, all'Iva e al registro, il concetto di area fabbricabile contenuto nell'art.11-quaterdecies, comma 16, del D.L. 30 settembre 2005, n. 203, convertito con modificazioni dalla L. 2 dicembre 2005, n. 248, il cui ambito applicativo era riservato alla sola imposta comunale sugli immobili di cui al D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504”. Si tratta, in definitiva, di una norma recante disposizioni di natura interpretativa, secondo cui un'area è da considerarsi fabbricabile se utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale adottato dal Comune, a prescindere dall'approvazione della Regione o dall'adozione di strumenti attuativi del medesimo.

 

Quindi, prima del D.L. n° 223 del 2006 l’edificabilità del terreno era attribuita dagli strumenti urbanistici, il che vuol dire che erano suscettibili di utilizzazione edificatoria quelli che risultavano così qualificati dal piano regolatore generale predisposto dal Comune in base alla Legge 1150 del 1942 (articolo 8) o in mancanza dagli strumenti urbanistici anche non operativi purché conclamati e vigenti alla data della cessione del diritto sul terreno (cfr. in tema di ICI, S.UU., n. 25506 del 2006 e, da ultimo, Cass. n. 19225 del 2012) e sempre che fossero esenti da vincoli posti dallo Stato.  Dopo il D.L. n° 223 del 2006 (c.d. “Decreto Bersani”), invece, il terreno si qualifica come edificabile  in base allo scopo edificabile che deve emergere dagli strumenti urbanistici generali adottati dal Comune, indipendentemente dall’approvazione della Regione e e dall’adozione degli strumenti attuativi dei medesimi ossia dei piani particolareggiati.

 

 

Dal punto di vista strettamente tributario, l’art. 2, comma 1, lett. a), D. Lgs. n° 504/1992 stabilisce che per fabbricato s’intende l’unità immobiliare iscritta o che deve essere iscritta nel catasto edilizio urbano;  il fabbricato di nuova costruzione è soggetto all’imposta a partire dalla data di ultimazione dei lavori di costruzione ovvero, se antecedente, dalla data in cui è comunque utilizzato. Al primo periodo va attribuito carattere principale ed al secondo funzione ancillare. La struttura normativa collega la qualifica di «fabbricato» come bene tassabile all’iscrizione catastale o all’obbligo di iscrizione, ponendo l’ultimazione dei lavori o l’utilizzazione antecedente nel ruolo di indici sussidiari, valevoli per l’ipotesi che sia stato omesso il dovuto accatastamento (caso del fabbricato accatastato ma non ultimato, Corte di Cassazione n. 11694/2017)

 

Diversamente da un fabbricato finito, un’area non produce reddito per la proprietà fintantoché non si giunge al termine dei lavori di costruzione del fabbricato permettendo all’imprenditore di realizzare il profitto che lo ha indotto ha intraprendere l’investimento.

 

Inoltre, dalla nozione di fabbricato di cui al d.lgs. n° 504/92, si evince che i fabbricati parzialmente costruiti sono assoggettati all'imposta quali fabbricati, a decorrere dalla data di ultimazione dei lavori ovvero, se antecedente, dalla data in cui gli stessi sono comunque utilizzati. Si ribadisce, quindi, che, ai sensi dell’art. 5, comma 6, del d.lgs. 504/1992, l’area su cui è realizzato l’intervento è considerata edificabile, in deroga all’art. 2 citato, senza computare il fabbricato in corso d’opera, fino alla data di ultimazione dei lavori, ovvero se antecedente, fino alla data di utilizzo.

 

In caso di ristrutturazione di una unità immobiliare, ove la stessa sia totale e durante i lavori nessuno ci viva, si considera area edificabile. Se, di fatto, si mantiene in uso l’abitazione, si paga con la rendita del fabbricato ante ristrutturazione più l’area edificabile, conteggiata in base al volume in ampliamento fino alla fine lavori o fino all’utilizzo di fatto se antecedente; poi si paga l’imposta con la rendita del fabbricato ristrutturato.

 

Ai sensi dell’art. 5, comma 6, D. Lgs. n °504/1992, in caso di utilizzazione edificatoria dell’area, di demolizione di fabbricato, di interventi di recupero a norma dell’articolo 31, comma 1, lettere c), d) ed e), della legge 5 agosto 1978, n °457 (testo ripreso dal D.P.R. n °380 del 06/06/2001, Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia in vigore dal 01/01/2006), la base imponibile è costituita dal valore dell’area, la quale è considerata fabbricabile anche in deroga a quanto stabilito nell’articolo 2, senza computare il valore del fabbricato in corso d’opera, fino alla data di ultimazione dei lavori di costruzione, ricostruzione o ristrutturazione, ovvero, se antecedente, fino alla data in cui il fabbricato costruito, ricostruito o ristrutturato è comunque utilizzato.

 

Dott. Pietro Cucumile 14/09/2018

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