Clausola sociale

Risposta al quesito del Dott. Eugenio De Carlo

Quesiti
di De Carlo Eugenio
08 Maggio 2018

Nel nuovo codice dei contratti l'inserimento nei bandi di gara della cd "clausola sociale" è una facoltà dell'Amministrazione? Per inserire detta clausola il RUP competente deve ricevere direttive in tal senso dall'organo politico amministrativo?

Risposta

La formulazione dell’art. 50 del d.lgs. n. 50/2016, dopo la modifca apportata dal correttivo d.lgs. n. 56/2017,  prevede che per gli affidamenti dei contratti di concessione e di appalto di lavori e servizi diversi da quelli aventi natura intellettuale, con particolare riguardo a quelli relativi a contratti ad alta intensità di manodopera, i bandi di gara, gli avvisi e gli inviti inseriscono, nel rispetto dei principi dell'Unione europea, specifiche clausole sociali volte a promuovere la stabilità occupazionale del personale impiegato, prevedendo l’applicazione da parte dell’aggiudicatario, dei contratti collettivi di settore di cui all’articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81.

 

Il testo originario, invece, disponeva che “…  i bandi di gara, gli avvisi e gli inviti possono inserire , nel rispetto dei principi dell'Unione europea, specifiche clausole sociali volte a promuovere la stabilità occupazionale del personale impiegato”.

 

Pertanto, la previsione della clausola sociale costituisce la regola, a seguito della modifica apportata alla suddetta disposizione.

 

In sostanza, il c.d. correttivo al codice degli appalti, ha introdotto l’obbligatorietà delle clausole sociali, mediante la sostituzione della formula facoltizzante “possono inserire” con la prescrizione tassativa espressa dal verbo “inseriscono” avvenuta ad opera del dell’art. 33 D. Lgs. 19/4/2017, n.56. Prima del correttivo costituiva una facoltà discrezionale dell’amministrazione quella di prevedere nella disciplina speciale di gara specifiche clausole volte a promuovere la stabilità occupazionale del personale impiegato. Oggi l’inserimento di tali clausole sarebbe reso obbligatorio e quindi è imposto in capo alla stazione appaltante il bilanciamento degli interessi tra l’esigenza di conservazione del posto e la libertà di iniziativa economica del datore di lavoro.

 

Pertanto, in presenza delle condizioni indicate, rientra nella competenza gestionale del RUP applicare la predetta previsione di tutela, fermo restando che la c.d. clausola sociale deve essere interpretata conformemente ai principi nazionali e comunitari in materia di libertà di iniziativa imprenditoriale e di concorrenza, risultando altrimenti essa lesiva della concorrenza, scoraggiando la partecipazione alla gara e limitando ultroneamente la platea dei partecipanti, nonché atta a ledere la libertà d’impresa, riconosciuta e garantita dall’art. 41 Cost., che sta a fondamento dell’autogoverno dei fattori di produzione e dell’autonomia di gestione propria dell’archetipo del contratto di appalto, sicché tale clausola deve essere interpretata in modo da non limitare la libertà di iniziativa economica e, comunque, evitando di attribuirle un effetto automaticamente e rigidamente escludente; la clausola non comporta comunque alcun obbligo per l’impresa aggiudicataria di un appalto pubblico di assumere a tempo indeterminato ed in forma automatica e generalizzata il personale già utilizzato dalla precedente impresa o società affidataria (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 17.1.2018, n. 272). Infatti, l’obbligo di riassorbimento del personale impiegato dal precedente appaltatore va comunque armonizzato con l’organizzazione d’impresa prescelta dall’imprenditore subentrante, e ciò anche laddove tale obbligo sia previsto dalla contrattazione collettiva.

 

In questo senso, è stata ritenuta illegittima la lex specialis di una gara di appalto nella parte in cui prevede una clausola sociale che, per come è formulata, non si limita ad assicurare i livelli occupazionali, ma si traduce in una vera e propria sostituzione indebita nella struttura organizzativa e nelle scelte imprenditoriali degli operatori economici, imponendo la tipologia di contratto di lavoro da stipulare; circostanza questa che la rende contraria alla libertà d’impresa e di organizzazione imprenditoriale, alla luce della costante interpretazione delle norme nazionali ed eurounitarie vigenti in materia che la giurisprudenza ha fornito, quale principio fondamentale posto a tutela del mercato e della massima partecipazione alle gare pubbliche (cfr. TAR LOMBARDIA – MILANO, SEZ. IV – sentenza 6 aprile 2018 n. 963).

 

 

Dott. Eugenio De Carlo 04/05/2018

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