Aspettativa non retribuita per svolgere altro lavoro privato

Risposta al quesito del Dott. Eugenio De Carlo

Quesiti
di De Carlo Eugenio
01 Agosto 2020

Quesito normativo in materia di personale: aspettativa non retribuita per svolgere altro lavoro privato a tempo indeterminato.

Il sig. Rossi, dipendente a tempo pieno ed indeterminato cat. B3 autista scuolabus da oltre 5 anni è vincitore di una selezione pubblica con una società di trasporto pubblico SpA.

Il dipendente vorrebbe provare l’esperienza privata mettendosi in aspettativa come B3 per un anno e firmare pertanto il contratto a tempo indeterminato con la soc. privata di trasporto pubblico SpA.

Si vorrebbe sapere quali sono le disposizioni normative che regolano tale fattispecie e, se ci sono, si vorrebbe sapere se tale dipendente:

1) può mettersi in aspettativa per firmare un contratto di lavoro a tempo indeterminato con altra società privata, decidendo poi se rimanere o meno al termine di tale periodo;

2) deve ottenere necessariamente l’autorizzazione da parte del Comune.

Risposta

La disciplina di cui agli artt. 39-42 del vigente CCNL funzioni locali non contempla la fattispecie segnalata nel quesito che, peraltro, appare incompatibile con lo status di pubblico dipendente il quale, sia pure in aspettativa, avrebbe due datori di lavoro, configurandosi l’incompatibilità con la disciplina prevista dall’art. 53 del d.lgs. n. 165/2001 e l’art. 60 del DPR n. 3/1957, secondo cui l'impiegato non può esercitare il commercio, l'industria, ne alcuna professione o assumere impieghi alle dipendenze di privati o accettare cariche in società costituite a fine di lucro, tranne che si tratti di cariche in società o enti per le quali la nomina è riservata allo Stato e sia all'uopo intervenuta l'autorizzazione del Ministro competente o in società cooperative, oltre che le specifiche deroghe di legge.

Secondo l’ARAN, nei pareri già espressi in materia, nessuna norma contrattuale consente, (o potrebbe consentire) al dipendente di poter instaurare un secondo rapporto di lavoro o lo svolgimento comunque, di altra attività di lavoro autonomo, anche di natura libero professionale, durante la fruizione di periodi di aspettativa senza diritto alla retribuzione previsti dall’art. 11 del CCNL del 14.9.2000.

Il primo rapporto, infatti, con tutte le situazioni soggettive che vi sono connesse (ivi comprese le incompatibilità) sussiste ancora anche se in una fase di sospensione delle reciproche obbligazioni.

Non è prevista in alcun  modo l’aspettativa per motivi personali anche per l’instaurazione e lo svolgimento, durante lo stesso periodo, di un altro rapporto di lavoro, anche se di carattere temporaneo e di contenuti particolari. Una tale ipotesi si porrebbe in contrasto evidente con la vigente disciplina in materia di incompatibilità contenuta nell’art. 53 del D.Lgs. n.165/2001, dato che durante il periodo di aspettativa il rapporto di lavoro con l’originario datore di lavoro è ancora vivo, anche se in una fase di quiescenza, con la sospensione delle reciproche obbligazioni delle parti (quella di rendere la prestazione del dipendente e quella di corrispondere la retribuzione del datore di lavoro pubblico), evidenziandosi anche che, nella vigente normativa del Comparto Regioni-Autonomie Locali, non risultano sussistere specifiche disposizioni legislative che consentano forme di aspettative per lo svolgimento di altra attività lavorativa con la stessa o con altra amministrazione (cfr. parere ARAN del 2.12.2012).

Né pare applicabile la previsione dell’art. 14 bis del CCNL del 6.7.1995, come sostituito dall’art.20, comma 1, del CCNL del 14.9.2000, che consente la conservazione del posto in caso di nuova assunzione e periodo di prova atteso che come precisato sempre dall’ARAN la disciplina di cui si tratta non può trovare applicazione:

a)     nel caso di coinvolgimento anche di altri soggetti istituzionali, che non siano pubbliche amministrazioni in senso stretto e non siano quindi riconducibili alla nozione di “comparto”;

b)    anche in caso di provenienza da altro comparto di contrattazione collettiva, ma manchi quella condizione di reciprocità di cui si è detto, nel senso che non esista, nell’ambito della contrattazione collettiva di questo diverso comparto, una clausola di contenuto analogo che riconosca ai dipendenti vincitori di concorso in altro comparto di contrattazione, il diritto alla conservazione del posto nell’ente di provenienza, per la durata del periodo di prova.

Come evidenziato in altri orientamenti applicativi già predisposti in materia, pur in assenza di espresse indicazioni contrattuali in tal senso, l’art.14-bis, comma 9, del CCNL del 6.7.1995, come sostituito dall’art.20, comma 1, del CCNL del 14.9.2000 (“Durante il periodo di prova, il dipendente ha diritto alla conservazione del posto, senza retribuzione, presso l’ente di provenienza e, in caso di recesso di una delle parti rientra, a domanda, nella precedente categoria e profilo …….”.) è applicabile solo nei confronti di dipendenti di amministrazioni pubbliche, di cui all’art. 1, comma 2 del D.Lgs. n.165/2001, appartenenti comunque ad uno specifico comparto di contrattazione rientrante nella competenza dell’ARAN, che abbia previsto, nella propria disciplina negoziale, una clausola corrispondente a quella del citato art. 14 bis, comma 9, del CCNL del 6.7.1995 (cosiddetta condizione di reciprocità) (RAL 1588).

La posizione sopra espressa è stata ribadita nel CFL 53, precisando che:

a) l’art. 20, comma 10, del CCNL del 21.5.2018 delle Funzioni Locali prevede,  come è noto, la conservazione del posto senza retribuzione presso l’ente di provenienza al dipendente,  a tempo indeterminato,  che sia vincitore di concorso presso un altro ente o amministrazione, per un arco temporale corrispondente pari alla durata del periodo di prova stabilita dal CCNL applicato presso l’ente o amministrazione di destinazione;

b)  il comma 12 del medesimo articolo precisa, inoltre, che il suddetto diritto alla conservazione del posto si applica anche al dipendente in prova proveniente da un ente di diverso comparto il cui CCNL preveda analoga disciplina;

c) come nella vigenza del precedente art.14-bis, comma 9, del CCNL del 6.7.1995, i cui contenuti sono stati sostanzialmente riprodotti nell’art.20, comma 10, del CCNL del 21.5.2018, questa ultima previsione deve ritenersi applicabile solo nei confronti di dipendenti di amministrazioni pubbliche, di cui all’art.1, comma 2, del D.Lgs. n.165/2001, appartenenti comunque ad uno specifico comparto di contrattazione rientrante nella competenza dell’ARAN, che abbia previsto, nella propria disciplina negoziale, un’analoga regolamentazione;

d) pertanto, la disciplina di cui si tratta non può trovare applicazione:

 

1) nel caso di coinvolgimento di personale dipendente al quale non si applicano i CCNL sottoscritti in sede ARAN;

 

2) anche in caso di provenienza da altro comparto di contrattazione collettiva, ove manchi quella condizione di reciprocità di cui si è detto, nel senso che non esista, nell’ambito della contrattazione collettiva di questo diverso comparto, una clausola di contenuto analogo che riconosca ai dipendenti vincitori di concorso in altro comparto di contrattazione, il diritto alla conservazione del posto nell’ente di provenienza, per la durata del periodo di prova. 

29 luglio 2020               Eugenio De Carlo

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