Risposta al quesito della dott.ssa Angela D'Eri
QuesitiLe somme da corrispondere al Rup sono contabilizzate sul titolo II di spesa. L'eventuale emissione di mandati sul medesimo titolo potrebbe determinare una incongruenza rispetto la codifica al quinto livello che evidentemente dovrebbe essere una codifica intesa come spesa di personale. E' opportuno far transitare tali somme sul titolo I e classificarle come spesa del personale? Inoltre quale orientamento rispetto l'Irap? Va posta a carico del bilancio?
Relativamente alla prima domanda
L’art. 113, comma 5-bis, del D.Lgs. 50/16 specificatamente afferma che “gli incentivi di cui al presente articolo fanno capo al medesimo capitolo di spesa previsto per i singoli lavori, servizi e forniture”. Il legislatore, quindi, precisa che il capitolo di spesa debba essere identico al lavoro, servizio o fornitura per cui è remunerato.
La normativa del Codice dei Contratti, tuttavia, non si concilia con l’ordinamento finanziario e contabile, che prevede la contabilizzazione delle spese per le retribuzioni al proprio personale al titolo 1.
A parere della scrivente, si ritiene opportuno comportarsi come segue:
Esemplifichiamo il tutto:
Ipotizziamo che per un lavoro pubblico la quota del 2% sia pari ad € 10.000,00 di cui € 8.000 per incentivi ed € 2.000,00 da destinarsi al fondo innovazione. Gli stanziamenti saranno i seguenti
Entrata Spesa
Titolo 3 € 8.000,00 Titolo 1 € 8.000,00
Titolo 2 € 10.000,00
Una volta impegnata definitivamente la somma necessaria per le retribuzioni del personale (comprensiva di oneri e IRAP) si procederà al contestuale accertamento al titolo 3 e impegno al titolo 1.
L’impegno (e la relativa liquidazione) sul titolo 2 figureranno come mera posta contabile necessaria per il rispetto di quanto previsto all’art. 113 comma 5-bis.
A seguito della liquidazione si provvederà alla regolarizzazione contabile come in appresso specificato:
Relativamente alla seconda domanda
L’art. 113 comma 3 al secondo capoverso del D.Lgs. 50/2016 afferma testualmente (come già nel D.Lgs. 163/06) “gli importi sono comprensivi anche degli oneri previdenziali e assistenziali a carico dell'amministrazione”, lasciando fuori l'Irap.
Dapprima l'Agenzia delle Entrate (con due risoluzioni, la n. 327/2007 e la n. 123/2008), e poi la Corte dei conti (Sezioni riunite deliberazione 30.06.2010 n. 33), riconoscono che i citati oneri non comprendono l'IRAP, che dovrebbe invece gravare sul datore di lavoro.
La Corte dei Conti, Sez. Riunite, con la deliberazione n. 33/2010, ha enunciato i seguenti principi interpretativi:
L'espressione "oneri riflessi", che assorbe anche "gli oneri previdenziali e assistenziali", non ricomprende l'Irap (che al contrario rientra nella locuzione "tutti gli oneri"). Questa conclusione è suffragata sia dall'interpretazione letterale che da quella sistematica.
La Corte dei Conti, facendo leva sul "principio ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit", ritiene di "escludere, in base al criterio testuale, che l'Irap possa qualificarsi quale species degli oneri riflessi", in quanto laddove abbia ritenuto di includere l'IRAP, il legislatore lo abbia espressamente menzionato, o abbia genericamente citato la locuzione "tutti gli oneri".
Infine, i magistrati contabili richiamano la sentenza della Corte Costituzionale n. 33/2009 in merito ai compensi per l'avvocatura (art. 1, comma 208, L. 266/2005) dove implicitamente si esclude dall'espressione "oneri riflessi" l'Irap (cfr "Le risultanze delle indagini svolte dal SIFIP in materia di spese di personale del comparto Regione ed Enti Locali", anno 2011, pag. 121).
La Corte dei Conti ritiene che l'esclusione dell'Irap dal concetto di "oneri riflessi" non si ponga in conflitto col fatto che le risorse previste dalla norma debbano far fronte a "tutti gli oneri", ivi compresa l'Irap. In altre parole, "le somme da destinare a detti fondi devono essere calcolate accantonando, ai fini della copertura, la quota parte occorrente all'amministrazione per fronteggiare gli oneri che sulla stessa gravano a titolo di Irap. (...). In sostanza, sui bilanci dello Stato o degli enti pubblici, non possono gravare ulteriori oneri che non trovino adeguata copertura". In tal senso richiama l'art. 81 della Costituzione che detta il "principio di copertura degli oneri finanziari", tra i quali rientra anche l'Irap.
In conclusione, viene dettato il seguente principio interpretativo: "può concludersi nel senso che, mentre sul piano dell'obbligazione giuridica, rimane chiarito che l'Irap grava sull'amministrazione (secondo blocco delle citate disposizioni), su un piano strettamente contabile, tenuto conto delle modalità di copertura di "tutti gli oneri", l'amministrazione non potrà che quantificare le disponibilità destinabili ad avvocati e professionisti, accantonando le risorse necessarie a fronteggiare l'onere Irap, come avviene anche per il pagamento delle altre retribuzioni del personale pubblico (primo blocco delle citate disposizioni). Pertanto, le disposizioni sulla provvista e la copertura degli oneri di personale (tra cui l'Irap) si riflette, in sostanza, sulle disponibilità dei fondi per gli incentivi tecnici e per l'avvocatura interna ripartibili nei confronti dei dipendenti aventi titolo, da calcolare al netto delle risorse necessarie alla copertura dell'onere Irap gravante sull'amministrazione".
In tal senso si sono adeguate le successive pronunce delle Corti dei Conti regionali (anche dopo i diversi orientamenti del giudice del lavoro):
- Corte dei Conti Piemonte, delibera n. 16/2012;
- Corte dei Conti Liguria, delibera n. 38/2014;
- Corte dei Conti Lombardia, delibere n. 469/2015 e n. 44/2016;
- Corte dei Conti Umbria, delibera n. 23/2016.
La giurisprudenza si è sviluppata soprattutto in materia di compensi per l'avvocatura ma la tematica è esattamente sovrapponibile a quella degli incentivi per funzioni tecniche.
Sostanzialmente la giurisprudenza condivide con la Corte dei Conti che l'Irap giuridicamente grava sull'amministrazione e che non deve essere scorporata atteso che si tratta di un tributo, ma cassa come illogica la necessità che il fondo debba essere depurato dell'Irap al fine di garantire una copertura contabile alle spesa. In caso contrario, di fatto, l'Irap verrebbe a gravare sul dipendente.
Si riportano alcune sentenze di merito:
Corte d'Appello |
Argomento |
Corte d'Appello di Brescia, n. 147/2015 |
Avvocatura ricorso sulla sentenza del Tribunale di Mantova, n. 118/2014 |
Corte d'Appello di Venezia, n. 59/2014 |
Avvocatura ricorso sulla sentenza del Tribunale di Treviso n. 563/2010 |
Tribunale di merito |
Argomento |
Tribunale di Treviso n. 563/2010 |
Avvocatura |
Tribunale di Napoli, 31 ottobre 2013 |
Progettazione |
Tribunale di Mantova, n. 118/2014 |
Avvocatura |
Tribunale di Mantova, n. 238/2015 |
Avvocatura |
Tribunale di Verona, n. 114/2017 |
Avvocatura |
TAR |
Argomento |
TAR per la Sardegna, n. 493/2016 |
Avvocatura |
La giurisprudenza esclude inoltre la possibilità di disciplinare in sede regolamentare la materia in quanto trattasi di disposizioni fiscali di esclusiva competenza della legge primaria (Corte Appella di Venezia, n. 59/2014, Tar Sardegna, n. 493/2016).
Sussiste pertanto ancora un acceso contrasto interpretativo sulla corretta imputazione di tale imposta nell'ambito dei compensi incentivanti.
Conclusivamente, si pone il dubbio della contabilizzazione dell'Irap come spesa corrente, ovvero nel medesimo capitolo dell'incentivo (e del lavoro, servizio o fornitura).
All’Ente si rimette l'autonoma valutazione di quanto sopra specificato.
30 aprile 2019 Angela D'Eri
Risposta del Dott. Angelo Maria Savazzi
Risposta del Dott. Fabio Bertuccioli
Risposta del Dott. Ennio Braccioni
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