Approfondimento sulle modifiche al Codice dei Contratti previste dal “Dl Infrastrutture”
ANCI – 29 maggio 2025
Corte costituzionale: rottamazioni salve anche per i comuni, ma bocciato il meccanismo scalare inverso delle dichiarazioni di inesigibilita’
Servizi Comunali Entrate tributarieApprofondimento di Luciano Catania
CORTE COSTITUZIONALE: ROTTAMAZIONI SALVE ANCHE PER I COMUNI, MA BOCCIATO IL MECCANISMO SCALARE INVERSO DELLE DICHIARAZIONI DI INESIGIBILITA’
Luciano Catania
Nessuna rottamazione annullate e niente cartelle redivive: l’impatto della sentenza della Corte Costituzionale n. 51/2018 in materia di riscossione locale poteva essere devastante, ma è stato l’Ufficio stampa della stessa Corte a ridimensionare l’impatto della pronuncia.
La motivazione della sentenza, contrariamente all’interpretazione data da importanti organi di stampa, non riguarda gli stralci e le rottamazioni delle cartelle 2000-2006 dei Comuni che si erano affidati a società scorporate.
La Corte Costituzionale, tramite il proprio ufficio stampa, ha voluto escludere interpretazioni catastrofiche che avrebbero creato il caos e limitato le proprie censure esclusivamente all’applicabilità alle società scorporate del “meccanismo scalare inverso”, che è cosa ben diversa da stralci e rottamazioni.
Esclusa, quindi, la brutale cancellazione delle tre rottamazioni, riguardanti milioni di cartelle per Ici, Tarsu, multe e altri tributi locali.
Con tre ordinanze, simili tra loro, la Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Abruzzo, aveva sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 687, secondo periodo, e 688, secondo periodo, della legge 23 dicembre 2014, n. 190.
I rimettenti avevano rilevato, tra l’altro, che la disciplina censurata, nel rinviare “ad un momento futuro eccessivamente lontano”, l’accertamento dell’effettiva riscuotibilità di un credito, ostacolerebbe – in violazione degli artt. 81 e 97 Cost. – sia il perseguimento degli equilibri di finanza pubblica, sia il buon andamento dell’organizzazione dei pubblici uffici, in quanto impedirebbe all’ente locale creditore di avere conoscenza delle risorse finanziarie effettivamente disponibili.
La disciplina censurata riguardava, sostanzialmente, il controllo delle comunicazioni d’inesigibilità relative alle quote affidate agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2017 e le quote inesigibili, di valore inferiore o pari a 300 euro.
Il comune di Teramo aveva rifiutato il discarico delle cartelle, ritenendo la norma irragionevole.
L’esistenza di una consistente mole di arretrati ha indotto il legislatore a disporre ripetutamente il differimento dei termini di presentazione delle comunicazioni d’inesigibilità, rimodulando, in parallelo, quelli per il controllo da parte degli enti creditori.
Questo ha determinato “una lievitazione negli anni delle quote inesigibili, con una conseguente imponente stratificazione delle partite creditorie da trattare (per gli agenti della riscossione) e da controllare (per gli enti impositori)”.
Con un rinvio così lungo nel tempo, il legislatore ha, di fatto, rinunciato, per i prossimi anni, alla tempestiva vigilanza sull’andamento delle riscossioni di crediti risalenti nel tempo.
Il Decreto Legge 22 ottobre 2016 n. 193, convertito – con modificazioni - in Legge 1 dicembre 2016, n. 225, ha dettato, poi, le nuove scadenze temporali sui termini di presentazione delle comunicazioni di inesigibilità dei crediti affidati all’Agente della riscossione per procedere al loro incasso, senza incidere ulteriormente – secondo la Corte Costituzionale – sui termini della questione.
L’intervento del D.L. fiscale ha prorogato, per l’ennesima volta, spostandolo in avanti di due anni, tutti i termini in materia di dichiarazioni di non esigibilità dei ruoli e, pertanto, quelle del 2014 e 2015 (unici anni unificati) dovranno essere trasmessi entro fine anno.
La proroga introdotta dal legislatore, in sede di conversione del decreto fiscale n. 193/2016, con il comma 12 bis che modifica il comma 684 contenuto nell’articolo 1 della Legge 23 dicembre 2014 n. 190, è stato l’ennesimo intervento che deresponsabilizza Equitalia e gli altri agenti della riscossione.
Il comma 530 dell’art. 1, Legge 24 dicembre 2012 n. 228, aveva già prorogato i termini per la presentazione, da parte degli agenti della riscossione, della comunicazione di discarico per inesigibilità dei ruoli.
Con il D.L. n. 193/2016, le comunicazioni d'inesigibilità relative a quote affidate agli agenti della riscossione dal primo gennaio 2000 al 31 dicembre 2015, anche da soggetti creditori che hanno cessato o cessano di avvalersi delle società del Gruppo Equitalia Spa, devono essere presentate, per i ruoli consegnati negli anni 2014 e 2015, entro il 31 dicembre 2019 e, per quelli consegnati fino al 31 dicembre 2013, per singole annualità di consegna partendo dalla più recente, entro il 31 dicembre di ciascun anno successivo al 2019.
Ad esempio, le comunicazioni relative all’anno 2000, dovevano pervenire ai Comuni nel 2031, e, con l’ulteriore proroga di due anni, saranno trasmessi solo nel 2033.
Questo “meccanismo scalare inverso” è stato censurato dalla Corte Costituzionale che, nelle motivazioni della sentenza, ribadisce che solo “una riscossione ordinata e tempestivamente controllabile delle entrate è elemento indefettibile di una corretta elaborazione e gestione del bilancio”, strumento funzionale “alla valorizzazione della democrazia rappresentativa” (sentenza n. 184 del 2016; nello stesso senso, sentenze n. 247 e n. 80 del 2017).
I meccanismi predisposti dal legislatore, che prevedono una lunghissima dilazione temporale, sono difficilmente compatibili con la fisiologica dinamica dello stesso bilancio.
Per i giudici delle leggi, è fondamentale l’esigenza che per i crediti di minore dimensione il legislatore predisponga sistemi di riscossione più efficaci, proporzionati e tempestivi di quelli fin qui adottati.
In effetti, però, la motivazione della sentenza contiene anche un’importante distinzione tra i soggetti che svolgono l’attività di riscossione.
Sulla diversa natura degli agenti della riscossione, la Corte Costituzionale conclude per l’inammissibilità del ricorso, ritenendo non interessato il soggetto incaricato a Teramo.
Il ragionamento prodotto, però, potrebbe essere esteso ad altre previsioni legislative, portando a conseguenze più pregnanti, rispetto a quelle della sentenza n. 51/2019, priva di effetti normativi.
La Corte Costituzionale, infatti, distingue tra agente della riscossione del Comune e cessionaria del ramo di azienda riguardante le attività svolte in regime di concessione per conto degli enti locali.
Alcune norme, tra le quali quella oggetto di censura, sono riferite unicamente ed esclusivamente agli “agenti della riscossione”.
In diverse fonti legislative, si rinviene il riferimento a Riscossione S.p.a. ed “alle società dalla stessa partecipate”.
Tale formulazione, secondo la Corte Costituzionale, è “dettata allo scopo di attuare un coordinamento normativo tra la disciplina previgente applicabile ai concessionari nazionali della riscossione e quella relativa ai nuovi soggetti”.
Questo ha consentito di applicare, dal 1° ottobre 2006, alla «Riscossione S.p.a. ed alle società dalla stessa partecipate […]» tutti i riferimenti normativi delle previgenti disposizioni relativi ai concessionari nazionali della riscossione.
“Successivamente – scrive la Corte - l’art. 2, comma 12, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262 (Disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria), convertito, con modificazioni, nella legge 24 novembre 2006, n. 286, ha aggiunto al menzionato comma 28 dell’art. 3 l’inciso complessivamente denominate agenti della riscossione. Appare chiaro che l’aggiunta di tale segmento normativo ha una funzione distinta e autonoma rispetto all’effetto prodotto dalla precedente previsione: a) la formulazione originaria è diretta a consentire l’applicazione della disciplina previgente (riferita ai concessionari nazionali della riscossione) ai nuovi soggetti introdotti dalla riforma del d.l. n. 203 del 2005; b) il segmento introdotto con il d.l. n. 262 del 2006 designa con una denominazione unitaria il complesso panorama che emergeva all’esito della riforma di cui al citato d.l. n. 203 del 2005. In altri termini, tale segmento ha la finalità di consentire una formula sintetica: la «Riscossione S.p.a. e le società dalla stessa partecipate […]» sono complessivamente denominate agenti della riscossione. Il femminile usato dal legislatore rende inequivoco che la denominazione non si estende in modo biunivoco ai vecchi concessionari nazionali o, per traslato, ai soggetti che da essi siano eventualmente scaturiti (come le società cosiddette “scorporate”, cioè le società private beneficiarie del ramo di azienda relativo alle attività concernenti i tributi locali e altre entrate di enti locali, ceduto dai concessionari nazionali ai sensi dell’art. 3, comma 24, primo periodo, del d.l. n. 203 del 2005, come convertito nella legge n. 248 del 2005)”.
La Corte rinviene nell’ordinamento una distinta considerazione dei vari soggetti (Riscossione spa, società da essa partecipate e società “scorporate”) e, pertanto, in motivazione, afferma che il “meccanismo scalare inverso” sulle dichiarazioni di inesigibilità, non riguarda le società scorporate. Il comunicato dell’ufficio stampa limita a questo l’effetto della sentenza ma il ragionamento potrebbe valere, in future pronunce, anche per altre disposizioni normative.
20 marzo 2019
ANCI – 29 maggio 2025
Garante per la protezione dei dati personali – 3 aprile 2025
Ricevi via email i nuovi contenuti pubblicati nel portale
In collaborazione con: