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ANCI – 29 maggio 2025
Cambia il quorum? Nessun indebolimento del ruolo del consigliere.
Servizi Comunali Amministratori localiApprofondimento di Pietro Alessio Palumbo
Cambia il quorum? Nessun indebolimento del ruolo del consigliere.
Pietro Alessio Palumbo)
La delibera di diminuzione del quorum funzionale dell'organo consiliare non condiziona il funzionamento dell'organo, né depotenzia l’azione politica del consigliere comunale. Informato a questi principi, con la recente sentenza n. 1046 del 13 febbraio del 2019, il Consiglio di Stato ha delineato interessanti profili sull’esercizio del ruolo di consigliere comunale.
Il provvedimento del TAR
In primo grado il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sezione staccata di Latina (Sezione Prima), con sentenza n° 537 del 30 ottobre del 2018 aveva innanzitutto evidenziato che la legittimazione dei consiglieri comunali ad impugnare le delibere dell’organo di cui fanno parte, ha carattere eccezionale poiché, di regola, il giudizio amministrativo non è aperto alle controversie tra organi o componenti di organi dello stesso ente, ma è diretto a risolvere controversie intersoggettive, per cui essa rimane circoscritta alle sole ipotesi di lesione della loro sfera giuridica, mentre negli altri casi non si differenzia da quella della generalità dei cittadini. Pertanto, il TAR giudicava il ricorso proposto da un Consigliere comunale contro alcune delibere del comune, manifestamente inammissibile per carenza di legittimazione attiva e di interesse, non essendo egli come tale legittimato in generale, nell’interesse della legge o della collettività locale, ad impugnare in giudizio tali atti del Comune e non avendo egli comprovato che le delibere consiliari o giuntali avessero leso in qualche modo le sue prerogative individuali inerenti all’ufficio elettivo. Il TAR evidenziava in particolare che la lamentata riduzione del numero di consiglieri richiesto ai fini della formazione del quorum costitutivo del Consiglio comunale, di cui alla delibera consiliare oggetto principale di ricorso, non precludeva né rendeva più difficoltoso l’esercizio delle prerogative connesse al mandato ricevuto dal consigliere da parte degli elettori. Considerando poi il consigliere ricorrente a mero titolo di cittadino elettore, neppure può sovvenire l’azione popolare prevista dall’art. 9, d.lgs. n. 267 del 2000 poiché si tratta di un rimedio di stretta interpretazione avente natura sostitutiva o suppletiva, in cui il cittadino si sostituisce al Comune rimasto inerte nella tutela di posizioni giuridiche soggettive titolate all’Amministrazione, quindi non invocabile per far rimuovere in via giudiziale eventuali illegittimità degli atti posti in essere dall’ente locale.
L’appello del consigliere
Chiamando in seconde cure il Consiglio di Stato, il ricorrente lamentava la violazione dell'articolo 100 del codice di procedura civile e dell’articolo 39 del codice di procedura amministrativa, circa i principi elaborati in tema di legittimazione processuale dei titolari di cariche elettive. Secondo l’appellante, la delibera comunale di diminuzione del quorum funzionale dell'organo consiliare avrebbe ridotto il peso specifico del singolo consigliere comunale da 1/5, ad un 1/6, cosicché la sua capacità di condizionamento del funzionamento dell'organo e dunque la sua possibilità di dispiegare la propria azione politica nella legittima forma dell'astensione dall'esercizio della funzione, finalizzata a far venir meno il numero legale, sarebbe stata significativamente depotenziata. A parere dell’appellante, gli atti impugnati avrebbero svilito la rilevanza politica ed amministrativa del suo ruolo, impedendogli mediante l'astensione, di esercitare la funzione politico amministrativa di consigliere comunale. Secondo l’appellante, la sentenza di primo grado avrebbe poi violato gli artt. 6 e 38, comma 2 del d.lgs. 267 del 18 agosto 2000 e l’art. 21, comma 1° dello Statuto del Comune coinvolto, secondo il quale gli organi collegiali deliberano validamente con l’intervento della metà dei componenti assegnati e a maggioranza dei voti favorevoli sui contrari, salvo maggioranze speciali previste espressamente dalle leggi o dallo Statuto che avrebbe dovuto rivestire una posizione sovraordinata rispetto al Regolamento. Sempre secondo il ricorrente, il comune, approvando il nuovo regolamento consiliare, avrebbe ridotto a 4 il numero dei consiglieri necessari alla validità delle deliberazioni del consiglio, dunque di un'unità in meno della metà degli eletti che lo compongono ai sensi dell'art. 37 del d.lgs. n. 267 del 2000.
L’arresto del Consiglio di Stato
Il Consiglio di Stato ha respinto l’appello. Il supremo consesso della giustizia amministrativa ha rilevato che è inammissibile la declaratoria del ricorrente che invoca l’illegittimità della modifica del quorum funzionale. Il Consiglio di Stato ha rammentato che la legittimazione dei consiglieri comunali ad impugnare dinanzi al giudice amministrativo le deliberazioni dello stesso Consiglio comunale è astrattamente limitata ai soli casi in cui vengano formalmente in rilievo atti incidenti in via diretta sul diritto all'ufficio e quindi su un diritto spettante alla persona investita della carica di consigliere. A giudizio di Palazzo Spada deve quindi escludersi che la modifica del quorum funzionale in esame abbia leso una legittima prerogativa politico-amministrativa del consigliere comunale, che può scegliere liberamente di essere presente o di non presenziare alle riunioni, senza con questo pretendere di causare sistematicamente il ritardo o l’arresto della funzionalità dell’organo consiliare. Quindi, la lamentata riduzione del numero di consiglieri richiesto ai fini della formazione del quorum costitutivo del Consiglio comunale, non può ritenersi misura specificamente lesiva delle attribuzioni individuali del consigliere comunale, perché non gli preclude né gli rende più difficoltoso l’esercizio delle prerogative connesse al mandato ricevuto dagli elettori. In altre parole, il ruolo primario e la relativa responsabilità nei confronti degli elettori del consigliere comunale non si limita all’approvazione di delibere, ma riguarda anche l’attività di indirizzo e controllo consiliare sull’attività del sindaco e della giunta, nonché una attività ispettiva sull’operato degli uffici nei termini stabiliti dalla legge. Non è quindi ammissibile una richiesta di annullamento di un atto che non pregiudica la possibilità del Consigliere comunale a non intervenire nelle sedute, ma solo impedisce che la sua assenza abbia effetti paralizzanti per l’intero Consiglio e, in ultimo, per il buon governo dell’attività amministrativa del Comune. In definitiva le delibere impugnate non ledono né le prerogative individuali inerenti all'ufficio elettivo, né un interesse personale, attuale e differenziato, del consigliere comunale.
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