Approfondimento di Mario Petrulli

SCIA edilizia con false rappresentazioni dello stato dei luoghi

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di Petrulli Mario
19 Gennaio 2019

Approfondimento di Mario Petrulli                                                                              

SCIA EDILIZIA CON FALSE RAPPRESENTAZIONI DELLO STATO DEI LUOGHI: QUALI ATTI CONSEGUENTI DA PARTE DELL’UFFICIO TECNICO COMUNALE?

Mario Petrulli

 

  1. Premessa
    Come è noto, il presupposto indefettibile perché una segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) possa essere produttiva di effetti è la completezza e la veridicità delle dichiarazioni contenute nell'autocertificazione[1]. Ma che cosa accade se l’ufficio tecnico comunale, nel valutare una SCIA, si accorge che le dichiarazioni allegate contengano false rappresentazioni dello stato dei luoghi?
     
     
  2. Le norme da utilizzare
    La norma di riferimento, in tali casi, è rappresentata dall’art. 21-nonies (rubricato Annullamento d’ufficio) comma 2 bis della Legge n. 241/90, secondo cui “I provvedimenti amministrativi conseguiti sulla base di false rappresentazioni dei fatti o di dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell'atto di notorietà false o mendaci per effetto di condotte costituenti reato, accertate con sentenza passata in giudicato, possono essere annullati dall'amministrazione anche dopo la scadenza del termine di diciotto mesi di cui al comma 1, fatta salva l'applicazione delle sanzioni penali nonché delle sanzioni previste dal capo VI del testo unico di cui al d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445”. Tale disposizione deve essere applicata coordinandola con il comma 1 del medesimo art. 21-nonies, secondo cui “Il provvedimento amministrativo illegittimo ai sensi dell'articolo 21-octies, esclusi i casi di cui al medesimo articolo 21-octies, comma 2, può essere annullato d'ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole, comunque non superiore a diciotto mesi dal momento dell'adozione dei provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici, inclusi i casi in cui il provvedimento si sia formato ai sensi dell'articolo 20, e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati, dall'organo che lo ha emanato, ovvero da altro organo previsto dalla legge. Rimangono ferme le responsabilità connesse all'adozione e al mancato annullamento del provvedimento illegittimo”.
    Di conseguenza, è corretta l’applicazione del provvedimento di annullamento d’ufficio.
     
     
  3. I punti di attenzione nell’emanazione del provvedimento di annullamento
    Se, quindi, da un punto di vista normativo, la soluzione è quella dell’annullamento della SCIA, da un punto di vista pratico ciò comporta una serie di aspetti da valutare con la massima attenzione.
    Il primo riguarda l’applicabilità o meno del termine di diciotto mesi entro cui, secondo il principio generale, è possibile l’annullamento del provvedimento: si tratta di un falso problema, visto che il comma 2- bis espressamente prevede che tale termine non rileva nel caso in esame. Quindi, è possibile intervenire con il provvedimento di annullamento anche oltre i diciotto mesi.
    Il secondo aspetto riguarda l’equiparazione che la norma opera per quanto riguarda le false rappresentazioni dei fatti e le dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell'atto di notorietà false o mendaci per effetto di condotte costituenti reato, accertate con sentenza passata in giudicato. Il dubbio è: per l’annullamento d’ufficio serve una sentenza passata in giudicato anche per le false rappresentazioni dei fatti a corredo della SCIA?
    La risposta è negativa visto che le due situazioni sono nettamente diverse. Infatti, come affermato dal Consiglio di Stato[2], la costruzione sintattica e l'interpretazione logico sistematica implicano una chiara distinzione tra il caso in cui il provvedimento sia conseguito in funzione di una semplice "falsa rappresentazione dei fatti" -intesi questi ultimi anche come condizione dei luoghi e loro relazioni spaziali-, e l'ipotesi in cui il rilascio del provvedimento sia fondato (anche) su "dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell'atto di notorietà false o mendaci". A tale conclusione deve pervenirsi non tanto e non solo per l'uso della disgiuntiva "o", che separa e differenzia le due fattispecie, bensì e soprattutto perché soltanto alle dichiarazioni e all'atto di notorietà è riferita la proposizione "...false o mendaci per effetto di condotte costituenti reato", e solo a queste ultime, appunto in quanto effetto di condotte costituenti reato, è ricollegabile il successivo inciso "accertate con sentenza passata in giudicato"”.
    In sostanza, quindi, l’accertamento del falso con sentenza passata in giudicato è richiesto soltanto in caso di falsa dichiarazione sostitutiva e non nel caso di rappresentazione infedele dello stato dei luoghi.
    Come ha recentemente rilevato il TAR del Lazio, “le “false rappresentazioni dei fatti” e le “dichiarazioni sostitutive di certificazioni e dell’atto di notorietà” costituiscono “condotte” assolutamente differenti e, comunque, non sovrapponibili; - a differenza delle prime, solo le seconde – introdotte per spirito di semplificazione e, precipuamente, per esonerare il privato dall’onere di attivarsi presso uffici pubblici per acquisire documenti allo stesso necessari, attualmente contemplate e disciplinate dal d.P.R. n. 445 del 2000 – rappresentano, infatti, sostanzialmente dichiarazioni rese in alternativa ad atti pubblici, a cui il legislatore ha, peraltro, attribuito un valore probatorio privilegiato, con comminazione, nel contempo, di precise sanzioni in caso di falsità della dichiarazione stessa (tra cui figura anche l’espressa decadenza dai benefici eventualmente conseguenti al provvedimento emanato sulla base delle stesse dichiarazioni, ai sensi dell’art. 75 del citato d.P.R.), e, dunque, ben si prestano a giustificare – in quanto tali – l’accertamento della falsità delle stesse “con sentenza passata in giudicato[3]. Del resto, non può essere sottaciuto che una lettura diversa dell’art. 21 nonies, comma 2, bis da quella in precedenza riportata e, in particolare, una lettura della previsione de qua nel senso che l’Amministrazione, passati i diciotto mesi dall’adozione del provvedimento, possa procedere all’autoannullamento di quest’ultimo soltanto in esito ad una sentenza penale definitiva di condanna (e ciò in ragione dell’espresso riferimento a “condotte costituenti reato, accertate”, le quali non possono non implicare un coinvolgimento dal giudice competente in materia, ossia del giudice penale) indurrebbe a riscontrare validi profili di incostituzionalità non solo per la sottoposizione del potere di intervento dell’Amministrazione, diretto a fare fronte a provvedimenti illegittimamente adottati, a tempi incerti e spesso particolarmente lunghi ma anche per l’insorgenza di un concreto regime di incertezza giuridica riconducibile a tutte le ipotesi in cui una sentenza di tal genere non risulti essere stata emessa non per l’inesistenza della condotta bensì per motivi differenti, quale – ad esempio - la morte dell’autore dell’illecito, in netto spregio dei principi di imparzialità e buon andamento già richiamati. In sintesi, nell’ipotesi di SCIA con falsa rappresentazione dei fatti da parte del soggetto istante, l’ufficio tecnico comunale può esercitare il potere di autotutela alla stessa conferito dalla legge dall’art. 21 nonies, pur in carenza dell’emissione di una “sentenza passata in giudicato”.
    Ulteriore aspetto non secondario riguarda la motivazione del provvedimento di annullamento: secondo la giurisprudenza[4], nel caso di falsa rappresentazione non occorre una specifica ed espressa motivazione sull’interesse pubblico ma è sufficiente il riferimento alla falsità.
    16 gennaio 2019
 

[1] Cfr., ad esempio, TAR Campania, Napoli, sez. II, sent. 25 luglio 2016, n. 3869.

[2] Sez. IV, sent. n. 4374/2018.

[3] Roma, sez. II bis, sent. 7 marzo 2017, n. 3215.

[4] TAR Campania, Napoli, sez. VI, sent. 7 gennaio 2019, n. 70.

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