Riscatto di laurea: gli anni di studio valgono per la pensione
INPS – 29 maggio 2025
Risposta al quesito del Dott. Pietro Cucumile
QuesitiSi chiede parere circa l'acquisto di un regalo da consegnare a dipendente che andrà in pensione. Se è possibile porre la spesa a carico del bilancio in quanto consegnato dall'Amministrazione comunale.
Secondo la Corte dei conti, sezione di controllo Lombardia, con la deliberazione n. 306 depositata il 23 settembre 2015, nell’ambito del controllo-monitoraggio del prospetto delle spese di rappresentanza sostenute da un comune, sono illegittime le spese sostenute dall’ente per conferire un riconoscimento ai dipendenti comunali collocati in quiescenza.
Tale tipologia di spesa, non avendo finalità rappresentativa verso l’esterno, non può essere ricondotta nell’ambito delle spese di rappresentanza.
Nel caso di specie l’ente, sulla base di una deliberazione del consiglio comunale del 1986 con la quale erano state individuate le modalità di assegnazione e i tipi di riconoscimenti ai dipendenti comunali collocati in quiescenza, aveva acquistato, mediante ricorso al Sistema telematico regionale (Sintel), medaglie d’oro e diplomi per alcuni dipendenti collocati in pensione con più di 25 anni di servizio.
La nozione di spese di rappresentanza, così come ricostruita dalla magistratura contabile, è riconducibile alla gestione dei rapporti e delle comunicazioni tra una p.a. e la cittadinanza, al fine di crearne un’immagine positiva. È, possibile, dunque, definire spese di rappresentanza quelle effettuate allo scopo di promuovere l’immagine o l’azione dell’ente pubblico, mediante attività rivolte all’esterno. Al centro di tale tipologia di spese si pone, quindi, lo scopo promozionale dell’immagine dell’ente.
Dalle numerose pronunce della Corte dei Conti si possono ricavare i seguenti elementi di carattere procedimentale e sostanziale che contraddistinguono le spese di rappresentanza e, in particolare, che tali spese:
– devono essere strettamente correlate alle finalità istituzionali dell’ente. Pertanto, “le spese di rappresentanza possono essere ritenute lecite solo se sono rigorosamente giustificate e documentate, con l’esposizione, caso per caso, dell’interesse istituzionale perseguito, della dimostrazione del rapporto tra l’attività dell’ente e la spesa, della qualificazione del soggetto destinatario e dell’occasione della spesa” (cfr. Corte dei Conti, sez. II giur. centrale d’appello, sentenza 64/2007);
– devono avere uno scopo promozionale per l’ente. In tal senso, è indispensabile che la stessa sia effettuata per la promozione dell’immagine o delle attività dell’ente. “Le attività di rappresentanza, in altri termini, garantiscono una proiezione esterna dell’amministrazione verso la collettività amministrata e sono finalizzate ad apportare vantaggi che l’ente trae dall’essere conosciuto”(cfr. Corte dei Conti, sez. contr. Lombardia, del. 356/2012);
– devono rispondere a criteri di ragionevolezza, sobrietà e congruità, sia con riguardo all’evento eventualmente realizzato, sia con riferimento ai valori di mercato;
– devono avere i caratteri dell’ufficialità e dell’eccezionalità. Nel primo senso devono, quindi, finanziare “manifestazioni della pubblica amministrazione idonee ad attrarre l’attenzione di ambienti qualificati o dei cittadini amministrati al fine di ricavare i vantaggi correlati alla conoscenza dell’attività amministrativa. L’attività di rappresentanza ricorre in ogni manifestazione ufficiale attraverso gli organi muniti, per legge o per statuto, del potere di spendita del nome della pubblica amministrazione di riferimento”(cfr. Corte dei Conti, sez. contr. Lombardia, del. 466/2012).
– devono essere inserite, nell’ambito della programmazione di bilancio, in un apposito capitolo di spesa dedicato a tali oneri;
– devono essere rendicontate analiticamente, evidenziandone, in modo documentale, la natura, le circostanze che l’hanno generata, i modi e i tempi di tali erogazioni (cfr. Corte dei Conti, sez. giur. Toscana, sentenza 246/2013).
La consolidata giurisprudenza contabile ha chiarito che non hanno finalità rappresentativa verso l’esterno le spese destinate a beneficio dei dipendenti dell’Ente.
Inoltre, come evidenziato dai magistrati contabili, il codice di comportamento dei dipendenti pubblici (art. 4 del d.p.r. 62/2013) stabilisce che gli stessi non possono accettare regali o altre utilità che abbiano un valore superiore a quello che si intende per “modico”. Tale disposizione ricomprende anche i riconoscimenti conferiti dalla stessa amministrazione presso la quale il soggetto beneficiato presta servizio, considerato che la relativa spesa non può che configurarsi come ulteriore rispetto a quella consentita dalla disciplina del rapporto di lavoro. I magistrati contabili, rilevata la non conformità a legge delle spese di rappresentanza sostenute dal comune, hanno disposto la segnalazione alla procura contabile per un possibile danno erariale.
In conclusione, appare deprecabile, dal punto di vista etico prima che giuridico, l'idea di dover elargire un regalo ad un dipendente con i soldi della collettività, pur ben comprendendo che la tradizione abbia un suo peso; inoltre, come ben precisato da varie pronunce della Corte dei Conti, è un comportamento contra legem. Infine, si ha contezza diretta che, in alcuni comuni, tali prassi siano sfociate in procedimenti penali innanzi alla competente Procura della Repubblica per il reato di peculato.
Dott. Pietro Cucumile 07/09/2018
INPS – 29 maggio 2025
Risposta del Dott. Massimo Monteverdi
TAR Sicilia, Palermo, Sezione V – Sentenza 10 marzo 2025, n. 535
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