Reati di corruzione, il pubblico dipendente che “patteggia” non evita l’azione di danno erariale

Approfondimento di Pietro Alessio Palumbo

Servizi Comunali Responsabilità amministrativa
di Palumbo Pietro Alessio
25 Settembre 2018

Approfondimento di Pietro Alessio Palumbo                                                                            

Reati di corruzione, il pubblico dipendente che “patteggia” non evita l’azione di danno erariale, anzi.

Pietro Alessio Palumbo

Con la sentenza n°138/2018 la Corte dei Conti per il Veneto ha esaminato il caso di un pubblico impiegato che in occasione di verifiche fiscali, avrebbe posto in essere condotte tali da indurre i soggetti verificati a corrispondergli somme di denaro in cambio di un “alleggerimento” dei reports delle verifiche. La Corte dei Conti veneta, acquisiti gli atti del procedimento penale, ha ritenuto che la sentenza di “patteggiamento”, divenuta irrevocabile, costituisce adeguato presupposto per l’esercizio dell’azione per il risarcimento del danno erariale: ai sensi del co. 1-bis dell’art. 445 c.p.p., la sentenza prevista dall’art. 444 c.p.p. è equiparata a sentenza di condanna. In sostanza, pur non essendo precluso al giudice contabile l’accertamento e la valutazione dei fatti in modo difforme da quello contenuto nella sentenza pronunciata ai sensi dell’art. 444 c.p.p., nondimeno questa assume valore qualificato di prova, vincibile solo attraverso specifiche prove contrarie. In altri termini, la sentenza emessa ex art. 444 c.p.p., pur non contenendo un accertamento capace di fare stato e, perciò, rivestente efficacia vincolante in altri giudizi, costituisce in ogni caso un’ipotesi di responsabilità di cui il giudice di merito non può escludere il rilievo senza proporzionata parabola argomentativa. La Corte di Cassazione con sent. Civ. Sez. III, n°2695 del 2017 ha chiaramente esposto che la sentenza penale di applicazione della pena ai sensi degli artt. 444 e 445 c.p.p. pur non implicando un accertamento capace di fare stato nel giudizio (civile), contiene pur sempre una ipotesi di responsabilità di cui il giudice di merito non può scartare le risultanze senza appropriata e analitica motivazione. Segnatamente, a giudizio della Corte di Cassazione sent. n° 3980/2016, la sentenza penale di applicazione della pena ex art. 444 c.p.p. pur non configurando una sentenza di condanna, presuppone in sostanza una ammissione di colpevolezza, sicché esonera la controparte dall’onere della prova e costituisce un fondamentale elemento di prova per il giudice di merito, il quale, ove intenda discostarsene, ha il dovere di esporre le ragioni per cui l’imputato avrebbe (sorprendentemente) ammesso una propria insussistente responsabilità, e d’altra parte, il giudice penale abbia prestato fede a una tale ammissione, pur destituita di valido e incontrovertibile fondamento. Di talchè, nell’ambito del giudizio di responsabilità erariale, la prova della condotta e del danno che ne consegue, ben può essere desunta anche da sentenza di “patteggiamento” concessa nei termini e limiti di cui all’art. 444 c.p.p. su richiesta dell’imputato e del pubblico ministero. Piuttosto essa assume speciale valore probatorio, valicabile esclusivamente attraverso prove significativamente qualificate e pertinenti.

12 settembre 2018

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