La sesta sezione del Consiglio di Stato riafferma la nozione attenuata di contratto a titolo oneroso: commento alla sentenza n. 4178 del 9/07/2018

Approfondimento di Alessandro Russo

Servizi Comunali Contratti pubblici
di Russo Alessandro
31 Luglio 2018

Approfondimento di Alessandro Russo                                                                        

 La sesta sezione del Consiglio di Stato riafferma la nozione attenuata di contratto a titolo oneroso: commento alla sentenza n. 4178 del 9/07/2018.

Alessandro Russo

 Con deliberazione n. 1170/2017 la Giunta provinciale di Trento decide di consentire alle scuole di musica di mantenere l’iscrizione al suo albo anche nel caso in cui le risorse umane per lo svolgimento dell'attività  fossero reperite attraverso convenzioni con altre scuole.

Così la Giunta del Comune di Rovereto approvava uno schema di convenzione da stipularsi con le altre scuole presenti nel suo distretto.

Ma delle tre scuole presenti, una rifiutava di stipulare la convenzione con l’Amministrazione - del valore di oltre € 170.000 - ed impugnava entrambi i provvedimenti di fronte al Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Trento, che accoglieva il ricorso con sentenza n. 14/2018.

Il Comune di Rovereto appellava.

Con sentenza n. 4178 del 9/07/2018 Consiglio di Stato sezione VI accoglie parzialmente l’appello.

Il Collegio valuta i motivi proposti dall’appellante ricorrente, iniziando dall’eccezione di carenza di interesse al ricorso, per dichiararla  infondata.

Ed infatti se di norma l’impresa che non partecipa alla gara non può contestare la procedura e l’aggiudicazione in favore di ditte terze: <<A tale regola generale va fatta eccezione, per esigenze di ampliamento della tutela della concorrenza, solamente in tre tassative ipotesi, e cioè quando: si contesti in radice l’indizione della gara; all’inverso, si contesti che una gara sia mancata, avendo l’Amministrazione disposto l’affidamento in via diretta; si impugnino direttamente le clausole del bando deducendo che le stesse siano immediatamente escludenti.>> [1].

Nel caso in esame la scuola di musica autoesclusasi dalla convenzione rilevava il mancato esperimento della procedura di gara, che il Comune aveva l’onere di attivare.

Col secondo motivo l’ Amministrazione appellante sollevava un’altra eccezione: il T.R.G.A. infatti non avrebbe considerato l’inammissibilità del ricorso avverso un atto dell’indirizzo politico, come tale insuscettibile di sindacato giurisdizionale ai sensi dell’art. 7 c.1 c.p.a.[2]

La censura è infondata: <<Non potendosi riconoscere la natura di atto politico alla delibera impugnata, dovendosi riservare tale qualificazione a quegli atti – liberi nei fini da perseguire - che attengono alla costituzione, la salvaguardia e il funzionamento dei pubblici poteri, nella loro organica struttura e nella loro coordinata applicazione.>>[3]

Poi il Consiglio di Stato censura il comportamento della stazione appaltante che, esternalizzando il servizio di formazione musicale a mezzo di una convenzione, in realtà sfuggiva illegittimamente all’evidenza pubblica per la stipula di un contratto d’appalto di servizi.

Non risulta infatti decisivo al fine di escludere la configurabilità di un appalto di servizi, il fatto che l’iniziativa assunta dal Comune, che gestisce la scuola di musica come servizio pubblico, abbia determinato un mero compenso orario, senza un vero e proprio corrispettivo in favore delle partecipanti alla convenzione, controinteressate nel processo[4].

Il Consiglio di Stato poi afferma: <<una prestazione può essere ricondotta alla nozione di appalto di servizi anche se prevede il solo rimborso spese dal momento che l’espressione “contratti a titolo oneroso” può assumere per il contratto pubblico un significato attenuato o in parte diverso rispetto all’accezione tradizionale e propria del mondo interprivato. In realtà, la ratio di mercato cui si è accennato, di garanzia della serietà dell’offerta e di affidabilità dell’offerente, può essere ragionevolmente assicurata da altri vantaggi, economicamente apprezzabili anche se non direttamente finanziari, potenzialmente derivanti dal contratto”. Sempre a questo riguardo, la giurisprudenza comunitaria è propensa a considerare che l’elemento decisivo, ai fini dell’inquadramento delle fattispecie nella disciplina degli appalti pubblici, più che nella necessaria presenza di un corrispettivo, si rinvenga nella indicazione di criteri di scelta che comportano la necessaria comparazione degli operatori economici ai fini dell’attribuzione di una prestazione.>>[5].

Il Giudice amministrativo termina le sue considerazioni attribuendo fondatezza al il quinto motivo del ricorso: non sussisterebbero infatti i motivi per dichiarare l’inefficacia del contratto ai sensi dell’art. 121 c. 1 lett. b) c.p.a.[6] in quanto il valore dell’affidamento, collocandosi al di sotto delle soglie comunitarie, non obbligava la stazione appaltante alla pubblicazione del bando di gara, potendosi ben affidare l’appalto con procedura negoziata senza pubblicazione del bando, ai sensi dell’art. 36 D.Lgs. 50/2016 smi[7].

Così la sesta sezione accoglie parzialmente il ricorso annullando la sanzione del pagamento di una somma pari al 2% del valore complessivo delle convenzioni, ai sensi dell’art. 123 c.p.a.[8].

Chi scrive non può non sottolineare come il Collegio, citando la dibattuta sentenza n. 4614/2017 e di fatto riconfermandone la validità, primariamente sembrerebbe non tenere in considerazione le statuizioni della Legge di Bilancio 2018[9].

Il Consiglio di Stato, riproponendo le motivazioni del cd “caso Catanzaro[10] sembrerebbe legittimare nuovamente appalti pubblici dove il corrispettivo non esiste e le altre utilità sono esattamente le conseguenze che ogni aggiudicazione porta con se[11].

Il Collegio sembrerebbe non accorgersi della scivolosa china che la giurisprudenza che si sta formando sta percorrendo: contratti d’appalto senza un corrispettivo in denaro infatti non possono che condurre ad una riduzione della base imponibile che alla lunga ridurrà il gettito fiscale in entrata dello Stato-apparato. L’approdo non potrà che essere una significativa riduzione degli appalti pubblici.

In un sistema dove il 14% circa del PIL è costituito dalla spesa della Pubblica Amministrazione, il risultato sarebbe il collasso dell’economia del Paese.

Ma un altro rischio che la sesta sezione sembrerebbe non tenere in giusta considerazione è quello della corruzione: appalti affidati senza corrispettivo invoglieranno maggiormente l’appaltatore a deviare l’interesse pubblico in favore dell’interesse del privato, disposto a pagare il servizio o il lavoro che la Pubblica Amministrazione vorrebbe affidare senza compenso per deviarlo dal fine che la discrezionalità amministrativa gli avrebbe attribuito verso altri ben peggiori ...

In conclusione chi scrive si augura che il Collegio ponderi maggiormente i riflessi delle proprie decisioni, per non incorrere nei rischi che sono stati solamente accennati, ma che potrebbero riverberarsi sullo Stato-comunità in maniera ben più grave. 

23 luglio 2018

 

[1] Cfr. Consiglio Stato sez. VI n. 4178/2018 p. 5 e sez. V n. 5862/2015.

[2] Art. 7 c. 1 c.p.a.: <<Sono devolute alla giurisdizione amministrativa le controversie, nelle quali si faccia questione di interessi legittimi e, nelle particolari materie indicate dalla legge, di diritti soggettivi, concernenti l’esercizio o il mancato esercizio del potere amministrativo, riguardanti provvedimenti, atti, accordi o comportamenti riconducibili anche mediatamente all’esercizio di tale potere, posti in essere da pubbliche amministrazioni. Non sono impugnabili gli atti o provvedimenti emanati dal Governo nell’esercizio del potere politico.>>.  L. MARIUOTTI afferma: <<Gli articoli 7 e 113 hanno adoperato le stesse espressioni delle sentenze della Corte Costituzionale nn. 204/2004 e 191/2006, per le quali si giustificano la giurisdizione di legittimità e quella esclusiva quando si tratti di una controversia concernente l’esercizio della funzione pubblica. La Corte Costituzionale ha definito il giudice amministrativo quale “giudice naturale della funzione pubblica”, che sicuramente è esercitata quando la legge prevede l’applicazione di regole esorbitanti dal diritto privato o si tratti di procedimento amministrativo. L’art. 7 ha quindi imposto l’irrilevanza dei criteri sui quali vi sono state divergenze giurisprudenziali: per l’impugnazione dell’atto innanzi al giudice amministrativo, poco importano la sua natura o la gravità del vizio dedotto, bastando che esso sia riconducibile all’esercizio del potere amministrativo, il che sempre si ha quando è formulata un’istanza e vi sia un interesse pretensivo.>>, in La giurisdizione amministrativa: effettività e pienezza della tutela 2010, su www.giustizia-amministrativa.it

[3] Cfr. Consiglio di Stato sez. VI n. 4176/2018 e sez. IV n. 1397/2001.

[4] <<La qualità di controinteressato è strettamente connessa ai vantaggi e ai benefici che un determinato soggetto può ritrarre dal provvedimento oggetto di impugnazione, vantaggi tali da fondare la sussistenza di un interesse legittimo omologo e speculare rispetto a quello del ricorrente che invece si ritiene leso.>> cfr. Tar Abruzzo n. 583/2013

[5] Cfr. Consiglio di Stato sez. VI n. 4178/2018 p. 8 che espressamente cita Consiglio di Stato sez. VI n. 4614/2017.

[6] Art. 121 c.1 lett. b): <<Il giudice che annulla l'aggiudicazione definitiva dichiara l'inefficacia del contratto nei seguenti casi, precisando in funzione delle deduzioni delle parti e della valutazione della gravità della condotta della stazione appaltante e della situazione di fatto, se la declaratoria di inefficacia è limitata alle prestazioni ancora da eseguire alla data della pubblicazione del dispositivo o opera in via retroattiva: b) se l'aggiudicazione definitiva è avvenuta con procedura negoziata senza bando o con affidamento in economia fuori dai casi consentiti e questo abbia determinato l'omissione della pubblicità del bando o avviso con cui si indice una gara nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea o nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, quando tale pubblicazione è prescritta;>>.

[7]  Cfr. Consiglio di Stato sez. IV n. 140/2015.

[8] Art. 123 c. 1 c.p.a. <<Nei casi di cui all'articolo 121, c. 4, il giudice individua le seguenti sanzioni alternative da applicare alternativamente o cumulativamente: a) sanzione pecuniaria nei confronti della stazione appaltante, di importo dallo 0,5% al 5% del valore del contratto, inteso come prezzo di aggiudicazione, che è versata all'entrata del bilancio dello Stato (…) entro 60 gg dal passaggio in giudicato della sentenza che irroga sanzione; decorso il termine per il versamento, si applica una maggiorazione pari ad un decimo della sanzione per ogni semestre di ritardo. La sentenza che applica le sanzioni è comunicata, a cura della segreteria, al Ministero dell'economia e delle finanze entro cinque giorni dalla pubblicazione>>.

[9] Nel Decreto Fiscale DL n. 173/2017 è infatti previsto l’obbligo dell’equo compenso anche per la Pubblica Amministrazione, ma attenuato: <<La Pubblica Amministrazione, in attuazione dei principi di trasparenza, buon andamento ed efficacia delle proprie attività’, garantisce il principio dell’equo compenso in relazione alle prestazioni rese dai professionisti in esecuzione di incarichi conferiti dopo la data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.>>

[10] Sul “caso Catanzaro” vedi per tutti Caso Catanzaro MIT “contratto gratuito dal punto di vista finanziario ma non economico su ww.lavoripubblici.it

[11] S. TRIGNANO Nota a Consiglio di Stato sez. V sent. 3 ottobre 2017 n, 4614 in www.dirittoamministrativo.it.

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