La retribuzione di risultato è un diritto correlato a quello ad avere obiettivi ed essere valutati

Approfondimento di Eugenio De Carlo

Servizi Comunali Trattamento economico
di De Carlo Eugenio
20 Luglio 2018

Approfondimento di Eugenio De Carlo                                                                              

La retribuzione di risultato è un diritto correlato a quello ad avere obiettivi ed essere valutati

Eugenio De Carlo

Recentemente, la Suprema Corte di Cassazione civile ha avuto modo di esprimersi in varie occasioni sul diritto alla retribuzione di risultato, specie del personale con funzioni dirigenziali.

Già con l’ordinanza  28 novembre 2017 n. 28404,  la Cassazione Sez. Lavoro Civile, in relazione all’articolo 14 del CCNL 23 dicembre 1999 dirigenza Enti locali,  aveva affermato che la mancanza di assegnazione degli obiettivi ai dirigenti, pur non potendo ricevere tutela in termini di valutazione del risultato e degli importi previsti dal contratto, è in ogni caso passibile di tutela risarcitoria, qualificabile come perdita di chance riferita alla mancata attribuzione della parte di retribuzione riferita al risultato, trattandosi di una responsabilità propria dell’amministrazione discendente da un obbligo contrattuale della preventiva definizione ed assegnazione degli obiettivi.

In quell’occasione, la Suprema Corte, dal complesso delle disposizioni contrattuali vigenti nel settore della dirigenza locale ha ribadito il principio (affermato dalla stessa Cassazione Sez. Lavoro Civile nella sentenza n. 9392 del 2017), in base al quale « perché venga effettuata una valutazione negativa dell'operato di un dirigente per non aver raggiunto degli obiettivi, da cui derivi la mancata corresponsione dell'indennità di risultato, è necessario che l'interessato sia stato posto in condizione di conoscere tempestivamente gli obiettivi da raggiungere, periodicamente e/o anno per anno».

Detto principio, in linea con la giurisprudenza amministrativa e contabile (cfr. C.d.S. 3.2.2014 n. 472; C.d.S. 14.1.2009 n. 131; Corte conti Basilicata Sez. giurisdiz., 16.12.2016, n. 48; Corte conti Veneto Sez. giurisdiz. 16.6.2009 n. 481), è ribadito dalla Cassazione perché coerente con l'inequivoco tenore letterale delle clausole contrattuali che vengono in rilievo nonché con le finalità che il legislatore ha inteso perseguire, assegnando primario rilievo nella disciplina della dirigenza pubblica non già alla generica osservanza dei doveri di ufficio, bensì ai risultati dell'attività dirigenziale, da valutarsi in relazione alle ragionevoli attese e, quindi, ad obiettivi specifici e predeterminati assegnati al dirigente.

Secondo la Cassazione, quindi, il principio della necessaria individuazione preventiva degli obiettivi e dei criteri di valutazione, non può essere derogato dalla contrattazione decentrata di ente perché l'art. 40 del d.lgs. n. 165 del 2001, nel testo applicabile alla fattispecie ratione temporis, prevede che le amministrazioni non possono sottoscrivere accordi che siano in contrasto con i vincoli imposti dalla contrattazione nazionale, in questo caso chiara nell'escludere la possibilità di una individuazione postuma degli obiettivi e dei criteri.

Dunque, l'attribuzione dell'indennità di risultato, non spetta nell'ipotesi in cui non vengano determinati preventivamente gli obiettivi, ma  la mancata assegnazione degli obiettivi può essere fonte di responsabilità per l'amministrazione in quanto il dirigente può agire per il risarcimento del danno da perdita di chance (cfr. Cass. Sez.  Lavoro civ., sent. n.9392/2017).

Sempre la Cassazione Sezione Lavoro Civile, con la sentenza 3 luglio 2018, n. 17371, ha affermato che l'attribuzione degli obiettivi si pone rispetto al diritto a percepire la retribuzione di risultato, quale presupposto normativo e contrattuale, e da ciò consegue che va escluso che tale retribuzione spetti per il solo fatto dell'espletamento di funzioni superiori (cfr., nello stesso senso, Cass. Sez. Lavoro Civ., sent. n.4622/2018). Tuttavia, in difetto della possibilità di essere valutati sotto il profilo del risultato, sussisterebbe, in astratto, il diritto al risarcimento del danno, ma, in tale caso, la domanda risarcitoria deve essere prospettata quale conseguenza dell'asserito inadempimento, da parte dell'Ente, dell'obbligo di proporre gli obiettivi al dirigente, al fine di consentire a quest'ultimo di verificarne la congruità rispetto al servizio. In tale caso, tuttavia, la parte interessante non può  limitarsi a rivendicare il diritto alla retribuzione di risultato tout court, adducendo genericamente lo svolgimento delle mansioni assegnate, omettendo di indicare che questi ultimi sono stati assegnati e, nonostante il mancato espletamento della procedura di valutazione, altresì raggiunti.

In siffatti casi, quindi, si apre la strada al risarcimento del danno patrimoniale da perdita di una "chance" costituisce un danno patrimoniale risarcibile, quale danno emergente, qualora sussista ..) pregiudizio certo (anche se non nel suo ammontare) consistente nella perdita di una possibilità attuale ed esige la prova, anche presuntiva, purché fondata su circostanze specifiche e concrete, dell'esistenza di elementi oggettivi dai quali desumere, in termini di certezza o di elevata probabilità , la sua attuale esistenza (Cass. 30/09/2016, n. 19604, Cass. 13/04/2017, n. 9571), riconoscendosi il danno in parola solo quando la "chance" perduta ha la certezza o l'elevata probabilità di avveramento, da desumersi in base ad elementi certi ed obiettivi (Cass. 10/12/2012, n. 22376).

Nello stesso senso anche alcune corti territoriali (cfr. Corte d’appello di Lecce, Sezione Lavoro, 19 gennaio 2018, n. 2772), specificamente in merito alla retribuzione di risultato prevista dall’art. 42 del CCNL del 16 maggio 2001 dei segretari comunali, hanno affermato chiaramente l’obbligo contrattuale delle amministrazioni di provvedere alla definizione dei parametri di misurazione e valutazione a fini remunerativi dell’attività espletata dal Segretario comunale, pena il risarcimento del danno.

La conflittualità che si registra in materia tra segretari comunali, dirigenti, funzionari e gli enti di appartenenza deriva dalla circostanza che sia la Ragioneria generale dello Stato, in sede ispettiva, che la Corte dei conti, in sede giurisdizionale, hanno frequentemente ripreso e condannato i responsabili degli uffici che hanno liquidato i premi di risultato in mancanza di formale assegnazione degli obiettivi e/o per  carenze procedimentali nell’iter di accertamento della realizzazione degli stessi. Ne è conseguito un contenzioso in cui più che riconoscere il diritto al pagamento della retribuzione di risultato, è stato riconosciuto il diritto al relativo risarcimento del danno da perdita di possibilità.

Comunque sia, gli enti locali escono danneggiati dal contenzioso generato dall’applicazione degli istituti di risultato che, evidentemente, scontano passaggi e fasi, previste da norme e contratti, spesso complesse ed articolate, che non sempre è facile rispettare, soprattutto perché dipendenti da scelte politico-amministrative che, evidentemente, scontano i tempi e la dialettica proprie della sfera politica, specie a livello amministrativo locale. Innanzi a questa incertezza ed alla preoccupazione di essere perseguibili dalla procura contabile, anche solo per mere ragioni formali, allora, il giudice civile diventa la ricorrente soluzione di un sistema che non riesce a darsi regole ragionevoli e di buon senso in materia di retribuzione di risultato. E’ quasi inevitabile, quindi, rimettere al Tribunale civile la questione di stabilire se vi è diritto alla retribuzione di risultato o  al risarcimento da perdita di chance, ma, alla fine, a perderci sono solo i comuni e i loro bilanci.

16 luglio 2018

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