Disponibile l’elenco provvisorio dei comuni che hanno manifestato l’interesse al finanziamento per le attività socioeducative per l’anno 2025
Dipartimento per le politiche della famiglia – 30 maggio 2025
Risposta al quesito del dott. Pietro Cucumile
QuesitiSi chiede di conoscere cosa si intenda con la locuzione "servizi di interesse generale" con specifico riferimento alla partecipazione in una società in cui il nostro comune, insieme ad altri soci pubblici comuni, ha una esigua quota di proprietà (sotto il 1 per cento).
Il D.lgs. 19 agosto 2016, n. 175 recante il testo unico in materia di società a partecipazione pubblica, integrato con le disposizioni correttive recate dal d.lgs. 16 giugno 2017, n. 100 regola la disciplina della costituzione di società a totale o parziale partecipazione pubblica, diretta o indiretta nonché l’acquisto, il mantenimento e la gestione di partecipazioni da parte di amministrazioni pubbliche in tali soggetti. Al netto di deroghe espresse, però, alle società a partecipazione pubblica si applicano le specifiche norme del codice civile e quelle generali del diritto privato. Restano comunque ferme, (c. 4) le norme già in vigore, contenute in leggi, decreti ministeriali o regolamenti, che disciplinano singole società a partecipazione pubblica costituite per la gestione di Servizi di Interesse Generale (S.I.G.) o Servizi di Interesse Economico Generale (S.I.E.G.) nonché restano valide le norme di legge inerenti la partecipazione di pubbliche amministrazioni ad enti associativi, diversi dalle società, ed alle fondazioni.
È importante evidenziare, ai fini della perimetrazione dell’ambito di applicazione del Decreto, che, all’art.2 risultano rilevanti, tra le altre, le definizioni di: “servizi di interesse generale” (c. 1, lett. h)) che include espressamente i servizi di interesse economico generale, di “società a controllo pubblico”, c. 1 lett. m), per la quale si fa riferimento alla nozione civilistica di controllo, di “controllo analogo” (c. 1, lett. c), mutuata dalla disciplina europea (che può essere esercitato anche tramite una persona giuridica controllata allo stesso modo dall’amministrazione), di “controllo analogo congiunto” (c. 1, lett. d) che richiama le condizioni di cui all’art. 5, c. 5, del d.lgs. n. 50/2016, c.d. nuovo Codice Appalti, di “società a partecipazione pubblica” (c. 1, lett. n) nonché di “partecipazione” (c. 1, lett. f), intesa quale titolarità di rapporti comportanti la qualità di socio o titolarità di strumenti finanziari che attribuiscono diritti amministrativi (attribuzione del diritto di voto ovvero riserva della nomina di un componente del consiglio di amministrazione o del consiglio di sorveglianza o di un sindaco).
In particolare:
“Art. 2. Definizioni
1. Ai fini del presente decreto si intendono per:
a) «amministrazioni pubbliche»: le amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, i loro consorzi o associazioni per qualsiasi fine istituiti, gli enti pubblici economici e le autorità di sistema portuale;
b) «controllo»: la situazione descritta nell'articolo 2359 del codice civile. Il controllo può sussistere anche quando, in applicazione di norme di legge o statutarie o di patti parasociali, per le decisioni finanziarie e gestionali strategiche relative all'attività sociale è richiesto il consenso unanime di tutte le parti che condividono il controllo;
c) «controllo analogo»: la situazione in cui l'amministrazione esercita su una società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi, esercitando un'influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni significative della società controllata. Tale controllo può anche essere esercitato da una persona giuridica diversa, a sua volta controllata allo stesso modo dall'amministrazione partecipante;
d) «controllo analogo congiunto»: la situazione in cui l'amministrazione esercita congiuntamente con altre amministrazioni su una società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi. La suddetta situazione si verifica al ricorrere delle condizioni di cui all'articolo 5, comma 5, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50;
e) «enti locali»: gli enti di cui all'articolo 2 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267;
f) «partecipazione»: la titolarità di rapporti comportanti la qualità di socio in società o la titolarità di strumenti finanziari che attribuiscono diritti amministrativi;
g) «partecipazione indiretta»: la partecipazione in una società detenuta da un'amministrazione pubblica per il tramite di società o altri organismi soggetti a controllo da parte della medesima amministrazione pubblica;
h) «servizi di interesse generale»: le attività di produzione e fornitura di beni o servizi che non sarebbero svolte dal mercato senza un intervento pubblico o sarebbero svolte a condizioni differenti in termini di accessibilità fisica ed economica, continuità, non discriminazione, qualità e sicurezza, che le amministrazioni pubbliche, nell'ambito delle rispettive competenze, assumono come necessarie per assicurare la soddisfazione dei bisogni della collettività di riferimento, così da garantire l'omogeneità dello sviluppo e la coesione sociale, ivi inclusi i servizi di interesse economico generale”.
Art. 4. Finalità perseguibili mediante l'acquisizione e la gestione di partecipazioni pubbliche
1. Le amministrazioni pubbliche non possono, direttamente o indirettamente, costituire società aventi per oggetto attività di produzione di beni e servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, né acquisire o mantenere partecipazioni, anche di minoranza, in tali società.
2. Nei limiti di cui al comma 1, le amministrazioni pubbliche possono, direttamente o indirettamente, costituire società e acquisire o mantenere partecipazioni in società esclusivamente per lo svolgimento delle attività sotto indicate:
a) produzione di un servizio di interesse generale, ivi inclusa la realizzazione e la gestione delle reti e degli impianti funzionali ai servizi medesimi.
In linea più generale, i servizi di interesse generale sono servizi che le autorità pubbliche degli Stati membri dell’U.E. classificano come di interesse generale e che, pertanto, sono soggetti a obblighi specifici di pubblico servizio. Essi possono essere forniti dallo Stato o dal settore privato. Esempi di servizi di interesse generale comprendono i trasporti pubblici, i servizi postali e l’assistenza sanitaria.
Vi sono, poi, almeno tre categorie di servizi di interesse generale: economici, non economici e sociali.
I servizi di interesse economico generale, che sono servizi di base forniti dietro pagamento, come i servizi postali, sono soggetti alle norme in materia di concorrenza e mercato interno europeo. Tuttavia, sono possibili deroghe a tali norme qualora sia necessario per garantire l’accesso dei cittadini ai servizi di base. I servizi non economici, quali la polizia, la giustizia e i regimi previdenziali previsti dalla legge, non sono soggetti ad una normativa europea specifica né alle norme sul mercato interno e sulla concorrenza. I servizi sociali di interesse generale sono quelli che rispondono alle esigenze dei cittadini vulnerabili e si basano sui principi di solidarietà e di accesso paritario. Essi possono essere sia di natura economica che non economica. Ne sono esempi i sistemi previdenziali, i servizi per l’occupazione e l'edilizia sociale. Ebbene, nell’anno 2011 l’U.E. ha adottato il quadro della qualità per i servizi di interesse generale (SIG) nell’Unione europea.
Ciò detto, con il provvedimento T.A.R. Veneto, Sez. I, 5 aprile 2018, n. 363, il giudice amministrativo ha recentemente affrontato la legittimità delle delibere con cui alcuni enti locali che hanno proceduto alla ricognizione delle partecipazioni societarie possedute, nel quadro del programma di revisione straordinaria delle stesse partecipazioni previsto dall’art. 24 del d.lgs. n. 175/2016 (cd. “riforma Madia”).
Sul punto si ricorda come tale Decreto abbia imposto, all’art. 24, che le partecipazioni detenute direttamente o indirettamente dalle amministrazioni in società non riconducibili nelle categorie di cui all’art. 4 (le partecipazioni che possono essere acquisite o mantenute), o che non soddisfino i requisiti di cui all’art. 5, commi 1 e 2 (riguardanti la motivazione analitica dell’atto deliberativo di costituzione di una società a partecipazione pubblica), o ancora che ricadano in una delle ipotesi di cui all’art. 20, comma 2 (le ipotesi che impongono l’adozione di un piano di riassetto delle società partecipate, per la loro razionalizzazione, fusione o soppressione), fossero alienate dalle stesse amministrazioni o formassero oggetto delle misure di riassetto/razionalizzazione previste dal medesimo art. 20. A tal fine, l’art. 24 imponeva agli enti locali di effettuare entro il 30 settembre 2017 la ricognizione delle partecipazioni detenute, individuando quelle da alienare, procedendo all’alienazione entro un anno dalla conclusione della ricognizione.
Nel caso di specie, il ricorrente contestava la legittimità delle deliberazioni con le quali gli enti locali, ai suddetti fini, avevano ritenuto: da un lato le partecipazioni detenute in una società holding coerenti con il perseguimento delle proprie finalità istituzionali; dall’altro, che le attività svolte dalle società controllate dalla stessa holding consistessero in servizi di interesse generale; questo, nonostante il carattere estremamente frammentato di tali partecipazioni e la mancanza di convenzioni, patti parasociali o di sindacato idonei a garantire il controllo congiunto dei soci pubblici sulla holding.
Nell’accogliere il ricorso, il T.A.R. del Veneto ha evidenziato come il carattere “pulviscolare” delle partecipazioni di più enti locali in una società privata, così come il carattere minoritario della partecipazione di un solo socio pubblico, impedisce che l’attività svolta dalla società partecipata possa essere qualificata come servizio pubblico di interesse generale ai sensi della definizione prevista dall’art. 2, comma 1, lett. h D.Lgs. n° 175/2016.
Infatti, l’art. 2, comma 1, lett. h D.Lgs. n° 175/2016 prevede che un servizio possa essere considerato di interesse generale solo nel caso in cui l’intervento del soggetto pubblico sia necessario per garantire l’erogazione del servizio in condizioni di accessibilità fisica ed economica, continuità, non discriminazione, qualità e sicurezza, condizioni che diversamente non potrebbero essere garantite se lo stesso fosse affidato al mercato. Ne consegue che, nel caso in cui le partecipazioni degli Enti locali siano così ridotte da impedire allo stesso di influire sulle scelte strategiche della società, ovverosia non esistano particolari clausole dello statuto o patti parasociali che consentano ai suddetti Enti l’esercizio congiunto del controllo, non sia possibile concludere che la società privata svolga un servizio di interesse generale secondo la definizione fornita dalla norma predetta.
Dott. Pietro Cucumile 12/07/2018
Dipartimento per le politiche della famiglia – 30 maggio 2025
Risposta dell'Avv. Mario Petrulli
Dipartimento per le politiche della famiglia – 7 maggio 2025
Consiglio di Stato, Sezione IV - Sentenza 2 aprile 2025, n. 2808
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