Emendamenti dei consiglieri di minoranza alle proposte di variazione al bilancio di previsione
Risposta del Dott. Ennio Braccioni
Risposta al quesito del Dott. Pietro Cucumile
QuesitiIl Sindaco ha chiesto all'assistente sociale di prendere visione delle relazioni a suo tempo redatta su alcuni minori attualmente ricoverati in struttura protetta con spese a carico interamente del bilancio comunale. l'Assistente sociale si è opposta alla richiesta in quanto sono atti riservati che possono essere visionati solo dal competente giudice dei minori. Il Segretario Comunale ha fatto osservare all'assistente sociale che la relazione deve essere esibita al Sindaco senza indugio alcuno, Si chiede di conoscere il Vostro autorevole parere in merito.
La questione prospettata nel quesito è controversa e non di facile ed univoca soluzione.
Secondo un recente orientamento del giudice amministrativo, non è accoglibile la richiesta di accesso agli atti qualora riguardi una relazione dell’ufficio “Servizi sociali” comunali redatta su incarico del giudice nell'ambito di un procedimento di riconoscimento di paternità. La sentenza del T.A.R. Lazio n° 10667/2015 ha stabilito che un documento formato dall’ufficio “Servizi sociali” su mandato/incarico del giudice non è un documento amministrativo ai sensi della L. n° 241/1990 e non è configurabile per esso un diritto di accesso in quanto atto relativo ad organi e attività giurisdizionali. L'articolo 22, comma 1, lettera d) della legge n° 241/1990, infatti, non comprende gli atti relativi a attività giurisdizionali o strumentalmente ricollegabili a esse.
Sul punto è, però, doveroso richiamare anche il recente parere, datato 26 ottobre 2016, del Dipartimento degli affari interni e territoriali del Ministero dell’Interno secondo cui:
“……In particolare, è stato chiesto se sia legittimo il “diniego prudenziale” (in attesa dei pareri richiesti al Garante per la protezione dei dati personali e alla Commissione d’accesso ai documenti amministrativi) opposto dall’Ente in merito alla richiesta di presa visione e copia delle relazioni degli assistenti sociali e dei decreti del Tribunale per i minorenni relativi a tutti i collocamenti di minori in strutture educative residenziali effettuati nel corso del 2014 e del 2015.
Secondo quanto riferito, il Garante avrebbe demandato all’Amministrazione medesima la valutazione dell’ammissibilità dell’istanza, mentre si sarebbe ancora in attesa del parere della Commissione d’accesso.
Al riguardo, come rilevato anche da codesta Prefettura, al consigliere comunale è riconosciuto dalle vigenti disposizioni un ampio diritto all’accesso e all’informazione, in ragione del particolare munus rivestito, affinché questi possa valutare, con piena cognizione di causa, la correttezza e l’efficacia dell’operato dell’Amministrazione (cfr. Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi, pareri del 23 giugno 2011 e del 7 luglio 2011).
In merito alla specifica fattispecie, appare utile segnalare la sentenza n. 2363 del 23.09.2014 con la quale il T.A.R. Lombardia – Milano – ha previamente riconosciuto (in genere) un ampio diritto dei consiglieri comunali ad accedere agli atti del Comune in quanto “non è in dubbio che possa essere ostensibile anche documentazione che, per ragioni di riservatezza, non sarebbe ordinariamente ostensibile ad altri richiedenti, essendo il consigliere tenuto al segreto d'ufficio (Cons. Stato, Sez. V, 5 settembre 2014, n. 4525)”.
Sempre il Consiglio di Stato, sez. V, con decisione del 2.4.2001, n. 1893, ed il T.A.R. Veneto con sentenza n. 526/2010 affermano che il consigliere è legittimato ad acquisire le notizie ed i documenti concernenti dati personali, anche sensibili.
Tuttavia, proprio in merito alla richiesta di atti relativi ai minori in affido, lo stesso Tribunale Amministrativo della Lombardia, con la richiamata sentenza n. 2363/2014, ha ribadito che il diritto di accesso non deve sostanziarsi in richieste di documentazione inutile all'espletamento del mandato, ovvero assolutamente generiche… (fermo restando che la sussistenza di tali caratteri deve essere attentamente e approfonditamente vagliata in concreto al fine di non introdurre surrettiziamente inammissibili limitazioni al diritto); il TAR ha, pertanto, ritenuto che per l'attività che il ricorrente intende effettuare una volta presa conoscenza delle informazioni – per come indicata in ricorso – non ha necessità di avere contezza dei dati personali dei singoli soggetti (né minori, né genitori, né operatori), che quindi non risultano utili, ai sensi del citato art. 43 del T.U.O.E.L..
Occorre osservare, ancora, che tra le molteplici richieste effettuate dall’interessato con la richiesta di accesso oggetto del ricorso esaminato dal T.A.R. Lombardia, non sono indicati né i decreti del Tribunale per i minori, né (in forma esplicita) le relazioni degli assistenti sociali.
In proposito, ai fini della corretta valutazione del tema odierno soccorrono alcuni pareri della Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi. Con il parere in data 28.1.2003 la Commissione ha ritenuto ammissibile la richiesta di copia di una relazione di un assistente sociale “attesa la natura istruttoria di tale documento e quindi la necessaria inerenza dello stesso all’esercizio del mandato dei richiedenti”. Con il parere del 17.05.2007 la stessa Commissione ha ritenuto ammissibile il rilascio di copia degli atti riguardanti la notifica al tribunale dei minori che hanno portato all’assegnazione di un minore ai servizi sociali.
Ciò posto, fermo restando, dunque che “deve sussistere un collegamento tra gli atti richiesti e l'attività consiliare, … per potere esprimere un voto consapevole sulle questioni di competenza del Consiglio” (Cons. Stato, Sez. V, 5 settembre 2014, n. 4525, richiamata dal T.A.R. Lombardia 2363/2014), si ritiene che l'Amministrazione possa procedere al rilascio della documentazione richiesta, escludendo (in adesione al contenuto della predetta sentenza del T.A.R. Lombardia) i dati personali di dettaglio relativi ai singoli, la cui conoscenza sia ininfluente ai fini precostituiti dal richiedente”.
Sull’argomento, lo scrivente ricorda, però, che sussista il segreto professionale il quale può essere "sciolto" da un provvedimento dell'autorità giudiziaria:
“L. 3 aprile 2001, n. 119. Disposizioni concernenti l'obbligo del segreto professionale per gli assistenti sociali.
1. Obbligo del segreto professionale.
1. Gli assistenti sociali iscritti all'albo professionale istituito con legge 23 marzo 1993, n. 84, hanno l'obbligo del segreto professionale su quanto hanno conosciuto per ragione della loro professione esercitata sia in regime di lavoro dipendente, pubblico o privato, sia in regime di lavoro autonomo libero-professionale.
2. Agli assistenti sociali di cui al comma 1 si applicano le disposizioni di cui agli articoli 249 del codice di procedura civile e 200 del codice di procedura penale e si estendono le garanzie previste dall'articolo 103 del codice di procedura penale per il difensore.
3. Agli assistenti sociali si applicano, altresì, tutte le altre norme di legge in materia di segreto professionale, in quanto compatibili”.
L’articolo citato non fa altro che ripercorrere quanto già indicato nell’art. 622 c.p., imponendo un obbligo di segretezza per gli assistenti sociali iscritti all’albo professionale; pertanto, l’assistente sociale che riveli notizie che gli siano state confidate si espone al rischio di una incriminazione ex art. 622 c.p.
Ciò chiarito, lo scrivente ritiene di sposare, per l’intero, il ragionamento sviluppato dal difensore civico regionale per l’Abruzzo, al cui approfondimento del testo e contenuto, allegato, si rimanda, fornendo, quindi, un parere negativo sulla possibilità, per il Sindaco, di poter accedere alle citate relazioni se non per il tramite dell’Autorità giudiziaria a cui potrà proficuamente rivolgersi, formulandogli una motivata istanza formale.
Dott. Pietro Cucumile 21/06/2018
Risposta del Dott. Ennio Braccioni
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