La flessibilità dell’orario di lavoro

Approfondimento di Luigi Oliveri

Servizi Comunali Contratto di lavoro
di Oliveri Luigi
27 Giugno 2018

Approfondimento di Luigi Oliveri                                                                                  

La flessibilità dell’orario di lavoro

Luigi Oliveri

La flessibilità dell’orario di lavoro deve essere regolamentata entro il mese lavorativo. Il Ccnl 21.5.2018 delle Funzioni locali all’articolo 27 prova a fare ordine su un tema che non risulta sempre di semplice e chiara applicazione.

Molto spesso si ritiene che la flessibilità oraria comporti una sostanziale modifica del debito orario mensile del dipendente, tale da potergli consentire di andare sotto il limite delle 144 ore o, anche superarlo.

Nella realtà, la flessibilità è solo un sistema che consente di anticipare o posticipare l’entrata e l’uscita, ma fermo restando l’obbligo di effettuare le 144 ore contrattuali.

Sul punto, l’articolo 27 del Ccnl è chiaro. Prevede che allo scopo di favorire la conciliazione tra vita lavorativa e vita familiare, è possibile individuare fasce temporali di flessibilità in entrata ed in uscita. La possibilità di avvalersi contemporaneamente nella stessa giornata della facoltà di entrare dopo l’orario canonico ed uscire prima è consentita ma solo “compatibilmente con le esigenze di servizio”.

Ciò dovrebbe aiutare a comprendere come la flessibilità non consista in una modalità organizzativa generale dell’ente, bensì di una facoltà individuale. Molti ritengono che la fascia di flessibilità iniziale debba finire prima dell’attivazione dell’orario di servizi. Tale opinione è smentita dal contratto collettivo, che non a caso pone come limite all’utilizzo delle fasce di flessibilità proprio le esigenze di servizio.

Il comma 3 dell’articolo 27 regola finalmente, in modo espresso le sorti della carenza oraria nella quale può incorrere chi mediante la flessibilità, entrando dopo o uscendo prima, svolga un minore tempo di lavoro. La norma contrattuale dispone che “L’eventuale debito orario […] deve essere recuperato nell’ambito del mese di maturazione dello stesso, secondo le modalità e i tempi concordati con il dirigente”. La disposizione aiuta a chiarire come sia obbligo ed incombenza del singolo lavoratore controllare lo stato del proprio cartellino ed accorgersi per tempo della maturazione di un debito orario, per coinvolgere il dirigente e concordare il sistema per recuperarlo. Il recupero deve necessariamente avvenire entro il mese: non è consentito, quindi, il mese successivo incrementare l’orario per supplire a carenze del mese precedente.

La norma non regola in modo esplicito il caso opposto, cioè l’esubero orario. Tuttavia la soluzione va reperita nello scopo della flessibilità che non consiste nel modificare il debito orario, sempre fisso in 144 ore, ma solo nella possibilità di anticipare o posticipare l’ingresso e l’uscita. La flessibilità dovrebbe dare sempre come totale “zero”: né un minuto in meno, né un minuto in più. Il dipendente, come ha il dovere di recuperare nel mese il debito orario, ha il simmetrico dovere di non andare oltre il limite.

Se così non fosse, accumulando ogni giorno 15 o 20 minuti di flessibilità in più, col tempo si produrrebbero ore ed ore di lavoro ulteriore, non autorizzato a titolo di straordinario, che poi si ha la pretesa di recuperare. Ma, il recupero dell’accumulo di flessibilità positiva è un danno erariale, come ha spiegato l’Aran nel parere Ral 1870, ove si evidenzia che “ulteriori prestazioni (anche di pochi minuti) risultanti dal sistema di rilevazione dell’orario di lavoro, non possono essere in alcun modo conteggiate e compensate a tale titolo”. Inoltre, poiché la flessibilità “positiva” non può considerarsi come lavoro straordinario, secondo l’Aran le ore in più maturate con brevi periodi di flessibilità “non solo non possono essere remunerate, ma, evidentemente, non possono neppure dare luogo a riposi compensativi (si tratta di una modalità di remunerazione alternativa al pagamento monetario)”.

13 giugno 2018

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