Legittima la revoca del revisore dei conti che non collabora con il consiglio comunale

Consiglio di Stato, Sezione V - Sentenza 5 maggio 2018, n. 2785

Servizi Comunali Organi di revisione
di Redazione: Galli Gianluca
16 Maggio 2018

MASSIMA

L’art. 235 del T.U.E.L., prevede, al secondo comma, che <<Il revisore è revocabile solo per inadempienza ed in particolare per la mancata presentazione della relazione alla proposta di deliberazione consiliare del rendiconto entro il termine previsto dall'articolo 239, comma 1, lettera d)>>. L’art. 239 del T.U.E.L. prevede, al comma 1, lettera a), tra i compiti del revisore dei conti, l’<<attività di collaborazione con l’organo consiliare secondo le disposizioni dello statuto e del regolamento>>. L’art. 70 dello statuto del Comune prevede, al secondo comma, la revoca del revisore quanto ricorrono <<gravi motivi che influiscono negativamente sull’espletamento del mandato>>.

L’applicazione combinata di queste disposizioni esclude che la revoca sia un atto meramente discrezionale dell’Amministrazione adottabile ad nutum, ma non ne limita il presupposto alla mancata presentazione della relazione alla proposta di deliberazione consiliare del rendiconto entro il termine previsto dall'articolo 239, comma 1, lettera d). Piuttosto, tale fattispecie è indicata - non a caso dopo la precisazione normativa “in particolare” - soltanto al fine di individuare tra le varie possibili “inadempienze” dell’organo di revisione, quella che, a parere del legislatore, potrebbe, anche da sola, per la sua rilevanza e gravità, essere sufficiente a fondare il provvedimento sanzionatorio di revoca. In ragione di ciò, ogniqualvolta nello svolgimento dell’attività di collaborazione di cui all’art. 1 lettera a) del successivo art. 239, così come delle altre funzioni assegnate al revisore, questi incorra in “inadempienze”, anche diverse da quella tipizzata nell’art. 235, ne è legittima la revoca, con provvedimento adeguatamente motivato.

Coerente con questa lettura del combinato disposto degli artt. 235 e 239 T.U.E.L. è l’art. 70 dello statuto del Comune appellato (in sé, non censurato dall’appellante), laddove, riferendosi a “gravi motivi”, li collega all’influenza negativa sull’espletamento del mandato, di modo che le inadempienze rilevanti ai fini della revoca finiscono per identificarsi in condotte qualificabili in termini di gravità.

Ne consegue che, in base alle norme richiamate, rilevano le condotte dell’organo di revisione che, omettendo o gravemente ritardando il regolare compimento delle attività e delle funzioni previste dal citato art. 239, comma 1 (nonché delle altre eventualmente previste dallo statuto dell’ente locale ai sensi del comma 6), impediscano od ostacolino il funzionamento dell’organo consiliare. Evidentemente, la sanzione è funzionale ad assicurare il buon andamento della p.a. ai sensi dell’art. 97 Cost.

A fronte di tali obblighi gravanti sul revisore, ed al fine di garantire l’adempimento delle funzioni a lui riservate, gli sono riconosciuti i diritti e le facoltà di cui ai comma 2, 3, 4 e 4 dello stesso art. 239 T.U.E.L

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