Le DAT e l’Ufficiale di Stato Civile

Approfondimento di Roberta Mugnai

Servizi Comunali Testamento biologico
di Mugnai Roberta
11 Maggio 2018

Approfondimento di Roberta Mugnai                                                                  

Le DAT e l’Ufficiale di Stato Civile

Roberta Mugnai

Il 31 gennaio 2018 è entrata in vigore la legge n.219/2017, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n.12 del 16 gennaio 2018, frutto di un lungo percorso legislativo.

Questa legge introduce, per la prima volta in Italia, le disposizioni anticipate di trattamento (DAT). Si tratta di una novità importante perché offre ad ogni persona (maggiorenne e capace di intendere e di volere) la possibilità di esprimersi, in anticipo sugli eventi, relativamente ai trattamenti sanitari che intende o non intende accettare. In altre parole, si possono lasciare disposizioni scritte per il caso che condizioni invalidanti rendano impossibile sul momento esprimere la propria volontà su accertamenti diagnostici, scelte terapeutiche o trattamenti sanitari. Questo istituto equivale, insomma, a quello che tutti hanno conosciuto fino all’anno scorso con il nome di “testamento biologico”.

L’art. 4 comma 6, dopo aver specificato che le DAT devono essere redatte per atto pubblico o scrittura privata autenticata, prosegue inserendo in alternativa che possono essere rese per “scrittura privata consegnata personalmente dal disponente presso l’ufficio dello stato civile del comune di residenza  del disponente medesimo, che provvede all’annotazione in apposito registro, ove istituito, ovvero presso le strutture sanitarie, qualora ricorrano i presupposti di cui al comma 7”.

La norma, pertanto, chiama in causa l’ufficiale di stato civile in una veste insolita. Infatti gli ufficiali di stato civile hanno molti compiti delicati e raccolgono dichiarazioni dei cittadini, ma in riferimento ad eventi che cambiano gli status delle persone (nascita, matrimonio e unione civile, morte, cittadinanza). In questo caso, invece, sembra piuttosto che l’ufficiale di stato civile sia visto più nella veste di custode delle volontà, una funzione più squisitamente notarile.

Il Ministero dell’Interno ha emesso una circolare (la n.1/2018) che fornisce una serie di indicazioni interpretative della legge in rapporto al ruolo dell’ufficiale di stato civile. Dalla lettura complessiva della circolare si rafforza l’immagine di un funzionario attento ad aspetti formali quali la consegna di persona da parte del disponente delle DAT, purché residente nel territorio comunale, il rilascio di una ricevuta e la comunicazione all’ufficio anagrafe dell’intervenuta consegna. Nessun intervento sul contenuto delle disposizioni neppure a livello di informazioni generiche; anche il riconoscimento della persona che consegna la DAT, si deve limitare ad un controllo dell’identità. Infatti la circolare ribadisce: “L’ufficiale non partecipa alla redazione della disposizione né fornisce informazioni o avvisi in merito al contenuto della stessa, dovendosi limitare a verificare i presupposti della consegna – con particolare riguardo all’identità ed alla residenza del consegnante nel comune – e a riceverla”.

Fondamentale è la figura del fiduciario che il disponente può (se vuole) nominare e che fa le veci del disponente e lo rappresenta nelle relazioni con il medico e con le strutture sanitarie. Il fiduciario deve accettare l’incarico conferitogli e per questo è necessaria la sottoscrizione della DAT o di un atto successivo da allegare alla DAT.

Per quello che, poi, riguarda l’inciso che l’ufficiale di stato civile “provvede all’annotazione in apposito registro, ove istituito” ovviamente della dat consegnata, la predetta circolare specifica: “la legge non disciplina l’istituzione di un nuovo registro dello stato civile rispetto a quelli contemplati nel vigente art.14, primo comma, nn 1-4 bis, R.D. 9 luglio 1939, n. 1238, di talché l’ufficio, ricevuta la DAT, deve limitarsi a registrare un ordinato elenco cronologico delle dichiarazioni presentate, ed assicurare la loro adeguata conservazione in conformità ai principi di riservatezza dei dati personali di cui al d.lgs. 30/6/2003, n.196.”

Dunque si sottolinea, ancora una volta, come si tratti di un compito che esula dalle procedure di stato civile: non c’è un registro di stato civile per “l’annotazione” (termine usuale per gli ufficiali di stato civile) delle D.A.T. Le dichiarazioni vengono semplicemente registrate in un elenco.

La consegna delle D.A.T. è esente da qualsiasi imposta di registro o di bollo, diritto e tassa.

Gli ufficiali di stato civile sono professionisti la cui competenza e precisione è incontestabile, in questo senso attribuire a loro un compito in una materia delicata quale quella delle DAT, non è inappropriato. Rimane, però, il dubbio se, trattandosi di un soggetto slegato dal mondo sanitario, sia il più idoneo a garantire una pronta reperibilità del documento in caso di necessità.

Le dichiarazioni di volontà consegnate all’ufficiale di stato civile rimangono, infatti, ancorate a quell’ufficio a disposizione di chi ha diritto ad ottenerne una copia (ovvero i soggetti che ne hanno diritto ai sensi degli art. 22 e seguenti delle Legge n.241/1990). L'ufficiale di stato civile le conserva nel rispetto del principio di riservatezza dei dati personali in esse contenute ai sensi del Decreto Legislativo n. 196/2003. L’ufficiale d’anagrafe viene informato del deposito delle disposizioni e l’unica concreta conseguenza è che in caso di spostamento di residenza, informa l’ufficiale d’anagrafe del comune di emigrazione.

Eventuali modifiche, invece, andranno consegnate all’ufficiale di stato civile del comune nel quale successivamente il disponente si trova ad essere residente. Questo potrebbe frammentare le informazioni e confondere il fiduciario, se non ben informato.

Il punto 7 dell’art.4 della legge suggerisce la strategia giusta per creare un collegamento fra il mondo sanitario e quello burocratico: “Le regioni che adottano modalità telematiche di gestione della cartella clinica o il fascicolo sanitario elettronico o altre modalità informatiche di gestione dei dati del singolo iscritto al Servizio sanitario nazionale possono, con proprio atto, regolamentare la raccolta di copia delle DAT, compresa l’indicazione del fiduciario, e il loro inserimento nella banca dati, lasciando comunque al firmatario la libertà di scegliere se darne copia o indicare dove esse siano reperibili.”

Naturalmente occorre che le regioni abbiano adottato modalità telematiche di gestione dei dati sanitari dei cittadini, ma sicuramente l’informazione già posseduta dalla sanità sull’esistenza di una DAT semplificherà molto la procedura di reperimento della stessa, se non consegnata direttamente al servizio sanitario.

Al riguardo la circolare ministeriale così si esprime: “Quanto alle indicazioni in merito alle modalità di trasmissione delle DAT alle “strutture sanitarie”, si segnala che le stesse richiedono la preventiva emanazione del decreto del Ministero della Salute previsto dall’art.1, comma 419, della legge 27 dicembre 2017, n.205 (Bilancio 2018), il cui iter stabilisce il coinvolgimento delle Conferenza Stato-Regioni, nelle forme dell’intesa, ed il preliminare parere del Garante per la protezione dei dati personali.”

Le implicazioni giuridiche sono, dunque, complesse e le modalità di trasmissione tutte da decidere. Ancora molti sono gli interrogativi: la trasmissione dei dati dagli uffici di stato civile alle strutture sanitarie dovrà essere singolarmente autorizzata da ogni soggetto che redige una dat? E su quali canali dovrà avvenire? E una volta per sempre o più volte ad ogni richiesta?

Sarà, inoltre, necessaria una attività di coordinazione tra le regione per permettere un efficace e rapido passaggio delle informazioni; infatti nessuno potrà mai garantire che la necessità di conoscere il contenuto di una DAT si realizzi nella regione di residenza del disponente. In quest’ottica è da augurarsi che sia attivato il registro nazionale delle DAT al più presto.

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