Riconoscimento del diritto di rogito per i segretari comunali. Possibili aperture della magistratura contabile

Approfondimento di Angelo Capalbo

Servizi Comunali Trattamento economico
di Capalbo Angelo
02 Maggio 2018

Riconoscimento del diritto di rogito per i segretari comunali. Possibili aperture della magistratura contabile.

Riconoscimento del diritto di rogito per i segretari comunali. Possibili aperture della magistratura contabile. La materia relativa ai proventi annuale dei diritti di segreteria, veniva disciplinata dall’art. 41, comma 4, della legge n. 312 del 1980, - norma abrogata dall’art. 10 del decreto legge 24/6/2014, n. 90, convertito, con modificazioni nella legge 11 agosto 2014, n. 114 - il quale disponeva che una quota dei diritti di segreteria spettante al comune o alla provincia (in virtù della stipula di una determinata tipologia di contratti comunali) “è attribuita al Segretario comunale e provinciale rogante, in misura pari al 75% e fino ad un massimo di un terzo dello stipendio in godimento”. In seguito, l’art. 21, ultimo comma, del D.p.r. 465/1997 ha esteso l’obbligo della riscossione dei diritti di segreteria a tutti i contratti ed atti unilaterali rogati dal segretario comunale, ampliando di conseguenza l’ambito di estensione della predetta disposizione normativa. Nei comuni in cui era presente il vicesegretario, anche a questi spettavano i diritti di segreteria/rogiti. A seguito della contrattualizzazione del rapporto di impiego pubblico, operata dalla legge 421/1992 e dal relativo D.lgs. 29/1993 - ora disciplinato dal D.lgs. 165/2001 -, il predetto comma 4 dell’art. 41 della legge 312/1980, per quanto riguardava i suoi effetti sul trattamento economico del segretario, doveva essere letto alla luce dell’art. 2, comma 2, del D.lgs. 165/2001. La contrattazione era divenuta la fonte regolatrice dei rapporti individuali di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, fatte salve le diverse disposizioni contenute nello stesso decreto, che costituiscono disposizioni a carattere imperativo. In verità, si registrava una inversione di tendenza, con la novella introdotta dall’art. 1, comma 1, della legge 4 marzo 2009, n. 15, all’art. 2, comma 2, del d.lgs. n. 165/2001, secondo cui eventuali disposizioni di legge, regolamento o statuto, che introducano discipline dei rapporti di lavoro la cui applicabilità sia limitata ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche, o a categorie di essi, possono essere derogate da successivi contratti o accordi collettivi e, per la parte derogata, non sono ulteriormente applicabili, solo qualora ciò sia espressamente previsto dalla legge. Successivamente il decreto legislativo 25.5.2017, n. 75, riassegna alla contrattazione quel ruolo di fonte di diritto, che aveva perso con la legge Brunetta e le parole «, solo qualora ciò sia espressamente previsto dalla legge» inserite dalla riforma del 2009, nel comma 2 del cit. art. 2, sono soppresse. In tal senso l'attribuzione di trattamenti economici può avvenire esclusivamente mediante contratti collettivi. Spetta alla contrattazione collettiva disciplinare, in coerenza con il settore privato, la struttura contrattuale, i rapporti tra i diversi livelli e la durata dei contratti collettivi nazionali e integrativi. Sicché, recita ancora il comma 2 dell’art. 2, cit., che le disposizioni di legge, regolamenti o atti amministrativi che attribuiscono incrementi retributivi non previsti da contratti cessano di avere efficacia a far data dall'entrata in vigore dal relativo rinnovo contrattuale. E non solo, i trattamenti economici più favorevoli in godimento sono riassorbiti con le modalità e nelle misure previste dai contratti collettivi e i risparmi di spesa che ne conseguono incrementano le risorse disponibili per la contrattazione collettiva. In esecuzione alle disposizioni di legge, il CCNL dei segretari comunali sottoscritto il 16.5.2001, all’art. 37, aveva già previsto tra le componenti della retribuzione del segretario anche i diritti di segreteria, escludendo dalla base di calcolo la voce relativa alla retribuzione di risultato. In effetti la contrattazione si è limitata a solo questa dichiarazione di principio. Il contratto vigente non ha mai introdotto alcuna disposizione in ordine al calcolo ed alla ripartizione degli stessi. È stata una scelta o una debolezza delle parti private nella contrattazione? Penserei ad una debolezza cosa che non si era manifestata per il contratto del personale del comparto non dirigente. Infatti, si veda l’art. 11 del CCNL 9.5.2006 del personale non dirigente. Recita l’art. 11 cit.: «Al personale incaricato delle funzioni di vice-segretario, secondo l’ordinamento vigente, sono corrisposti i compensi per diritti di segreteria (di cui all’art. 21 del D.P.R. 4 dicembre 1997, n. 465) per gli adempimenti posti in essere nei periodi di assenza o di impedimento del segretario comunale e provinciale titolare della relativa funzione. 2. La percentuale di 1/3 dello stipendio in godimento del segretario, prevista dall’art. 41, comma 4, della legge n.312 del 1980, costituisce l’importo massimo che può essere erogato dall’ente a titolo di diritti di rogito e quindi il massimo teorico onere finanziario per l’ente medesimo; tale limite è sempre unico a prescindere dal numero dei soggetti beneficiari. 3. La percentuale di 1/3 dello stipendio, di cui all’art.41, comma 4, della legge n.312 del 1980, deve essere individuata in relazione al periodo di effettiva sostituzione e non con riferimento allo stipendio teorico annuale del vice segretario. 4. Il vice segretario è unico ed è l’unico legittimato a sostituire il segretario nel rogito degli atti, laddove quest’ultimo sia assente o impedito». La norma contrattuale dell’art. 11 del CCNL 9.5.2006, trova ancora applicazione anche con il nuovo Contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto Funzioni locali, in quanto non disapplicata, così come dispone il comma 8 dell’art. 2 dell’ipotesi sottoscritta il 21.2.2018, laddove si riporta «Per quanto non previsto, continuano a trovare applicazione, in quanto compatibili con le previsioni del presente contratto o non disapplicate, le disposizioni dei precedenti CCNL.». Analogamente, l’art. 25 del CCNL 22.2.2006 della dirigenza dispone che «… ai dirigenti incaricati delle funzioni di vicesegretario, secondo l’ordinamento vigente, sono corrisposti i compensi per i diritti di segreteria … per gli adempimenti posti in essere nei periodi di assenza o di impedimento del segretario comunale e provinciale titolare delle relativa funzione». Tale ultima disposizione, nulla però regola in ordine al calcolo ed alla ripartizione degli stessi diritti di segreteria, sicché, in carenza di disciplina, trova applicazione l’art. 41, comma 4, della legge n. 312 del 1980, dal momento che ad esso rinvia espressamente la medesima norma contrattuale, laddove stabilisce che i compensi per i diritti di segreteria sono, appunto, corrisposti “secondo l’ordinamento vigente”. Di converso, l’art. 11 del CCNL del personale non dirigente, sottoscritto il 9.5.2006, ha dettato, come visto, una specifica disciplina in materia di ripartizione dei diritti di rogito dei vicesegretari non dirigenti. In assenza di fonte regolatrice contrattuale, il citato l’art. 41, comma 4, della legge 318/1980 non ha cessato di produrre effetto nei confronti dei segretari, fino alla sua definitiva abrogazione operata con l’art. 10 del decreto legge 24/6/2014, n. 90, convertito, con modificazioni nella legge 11 agosto 2014, n. 114. Si ricorda, che sul riconoscimento dei diritti di rogito ai segretari comunali, la giurisprudenza della Corte dei conti, con la deliberazione n. 21 del 4 giugno 2015, della Sezione delle Autonomie, ha enunciato, sinteticamente, i seguenti principi di diritto: «Alla luce della previsione di cui all’art. 10, comma 2 bis del d.l. 24 giugno 2014, n. 90, convertito con modificazioni dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, i diritti di rogito competono ai soli segretari di fascia C. In difetto di specifica regolamentazione nell’ambito del CCNL di categoria, successivo alla novella normativa, i predetti proventi sono attribuiti integralmente ai segretari comunali, laddove gli importi riscossi dal comune, nel corso dell’esercizio, non eccedano i limiti della quota del quinto della retribuzione in godimento del segretario. Le somme destinate al pagamento dell’emolumento in parola devono intendersi al lordo di tutti gli oneri accessori connessi all’erogazione, ivi compresi quelli a carico degli enti». Di recente, a seguito di diverse pronunce dei giudici di lavoro contrario a questo orientamento, ancora nella fase di merito - che hanno riconosciuto al segretario comunale che presta servizio e roga contratti nell’interesse di enti locali sprovvisti di personale con qualifica dirigenziale il diritto di percepire i diritti di rogito, a prescindere dalla fascia professionale in cui è collocato - la Sezione Toscana della Corte dei Conti, con la deliberazione n. 6/2018 del 15 febbraio 2018, non muta l’orientamento interpretativo della magistratura contabile sulle disposizioni in esame, ma invita gli Enti ad applicare un criterio prudenziale nel disporre un adeguato accantonamento contabile al fondo rischi. Mentre la Sezione Plenaria della Corte di conti del Friuli Venezia Giulia, con la deliberazione n.15 del 19 marzo 2018, giunge a conclusioni diametralmente opposte: «Quindi, in disparte dalla particolare garanzia prevista per i Segretari con il trattamento tabellare più basso, negli Enti privi di dirigenti la quota di diritti di rogito appare finalizzata a ristorare il Segretario del minor importo dell’indennità di posizione, senza preclusioni correlate al trattamento tabellare in godimento. Una rilettura della norma in questo senso, che appare fondata anche in relazione a quanto emerso dai lavori preparatori, avrebbe il pregio di far venir meno una situazione di criticità del sistema dalla quale potrebbero derivare pregiudizi finanziari per gli Enti, valorizzando, anche a fronte di una lettura diacronica e contestuale degli eventi, l’ottica di tutela della finanza pubblica che risulta assolutamente preminente per la Corte dei conti. Per cui la Sezione plenaria in relazione al motivato avviso richiesto dai comuni di Sacile e Pontebba, e considerate le argomentazioni del collegio rimettente interpreta il comma 2-bis dell’articolo 10 del d.l. 90/2014, conv. L. 114/2014, nel senso che diritti di rogito possono essere riconosciuti, nella misura indicata dalla norma, senza preclusioni di fascia di appartenenza, ai segretari comunali operanti in enti privi di dirigenti del Friuli Venezia Giulia sulla base della domanda del segretario». Orbene, al di là della specifica disciplina del CCNL dell’Area dirigenziale delle Funzioni centrali o locali (altra questione da redimere), definiti dal CCNQ del 13 luglio 2016, in materia di diritti di segreteria, alla luce delle intervenute disposizioni modificative alla disciplina delle fonti in materia di pubblico impiego, che non può essere più derogata dalla legge, tutte le questioni (come nel caso di specie) che investono profili interpretativi riguardanti la contrattazione ed in particolare le modalità applicative di norme che chiamano in causa vari CCNL, non potranno rientrare nella materia della contabilità pubblica (secondo i criteri già individuati dalla Sezione delle autonomie della Corte dei Conti con deliberazione in data 27/4/2004), e quindi esulano dalla competenza istituzionale delle Sezioni di controllo, laddove si afferma che «l’interpretazione dei contratti collettivi è materia estranea alla contabilità pubblica e demandata a particolari procedure». Ai fini della risoluzione della questione ed evitare il ricorso al giudice, per avere riconosciuto i diritti di segreteria, cosa sarà meglio? Un intervento legislativo di interpretazione autentica ovvero una nuova pronuncia della Sezione delle Autonomie della Corte dei Conti che accolga le forti preoccupazioni di evitare quei “pregiudizi finanziari per gli enti” paventati dalla Sezione Plenaria della Corte di conti del Friuli Venezia Giulia. Poiché un intervento normativo che possa chiarire la portata della norma, come è avvenuto con la novella della legge di bilancio 2018, che ha introdotto il comma 5-bis dell’art. 113, d.lgs. 50/2016, in materia di incentivi per le funzioni tecniche, potrebbe essere di difficile attuazione, per la minore forza contrattuale che hanno i segretari comunali, rispetto al personale tecnico delle amministrazioni pubbliche, non è da escludersi un ripensamento della Sezione delle Autonomie della Corte dei Conti, che potrebbe escludere ogni interferenza, in materia, della magistratura contabile. A tali conclusioni, si potrà giungere dalla lettura della deliberazione n. 7/2018 del 10 aprile 2018, con la quale la Sezione delle Autonomie, richiamando una precedente pronuncia (deliberazione n. 3 del 10 febbraio 2014) ha riaffermato: «… La presenza di pronunce di organi giurisdizionali di diversi ordini ... può costituire un indicatore sintomatico dell’estraneità della questione alla “materia di contabilità pubblica”. Si tratta, evidentemente, di fattispecie in cui i profili contabili, se non marginali, non sono comunque preminenti rispetto ad altre problematiche di ordine giuridico che più propriamente devono essere risolte in diversa sede…. […..] l’ausilio consultivo e nomofilattico non possa essere reso nei casi in cui lo stesso valga a costituire un ’interferenza o una sovrapposizione indebita nelle funzioni requirenti e giurisdizionali esercitate in altre sedi». Dal punto vista della retribuzione, i diritti di segreteria, hanno avuto la funzione di remunerare una particolare ed importante attività per la quale il segretario incorre in responsabilità di carattere speciale e l’effettiva estrinsecazione di tale specifica funzione rogatoria eccede l’ambito delle attribuzioni di lavoro normalmente riconducibili al pubblico impiego. Le questioni giuridiche connesse a tali ambiti, se non sono risolte nel rapporto di lavoro, devono essere affrontate esclusivamente dal giudice del lavoro, che, è sempre intervenuto, nel rispetto del principio costituzionale della retribuzione sufficiente dell’art. 36, con la funzione pretoria sostitutiva, escludendo ogni indebita interferenza, in materia, della Corte dei conti, che possa influenzare le scelte di quei “poveri” ragionieri, che vivono nell’ansia dei controlli contabili. 

Angelo Capalbo

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