La ripetizione dell’indebito pagamento verso i pubblici dipendenti: principi e regole

Approfondimento di Eugenio De Carlo

Servizi Comunali Trattamento economico
di De Carlo Eugenio
13 Aprile 2018

La ripetizione dell’indebito pagamento verso i pubblici dipendenti: principi e regole.

 

La giurisprudenza si è copiosamente diffusa sull’argomento della ripetizione dell’indebito oggettivo verso i dipendenti percettori di somme, appunto, non dovute. Detta attività, infatti, spesso sorge a seguito delle verifiche ispettive amministrativo-contabili del MEF che accertano l’illegittima erogazione di somme nei confronti del personale del pubblico impiego.

Allo stato dell’evoluzione in materia, possiamo quindi indicare i punti fermi su cui basarsi in caso di ripetizione d’indebito nell’ente locale, come delineati dalla recente sentenza del Consiglio di Stato, Sez. V; 5.4.108, n. 2115, secondo cui :

a)l’Amministrazione è tenuta a ripetere le somme indebitamente corrisposte ai pubblici dipendenti;

b)la ripetizione dell’indebito deve essere valutata tenendo conto dell’imputabilità alla sola Amministrazione dell’errore originario, del lungo lasso di tempo tra la data di corresponsione e quella di emanazione del provvedimento di recupero, della tenuità delle somme corrisposte anche in riferimento ai servizi resi, della eventuale complessità della macchina burocratica dalla quale è scaturito l'errore di conteggio (Cons. St., sez. V, 15 ottobre 2003, n. 6291).  

In particolare, i principi su cui si è consolidata la giurisprudenza possono così riportarsi:

  • l’indebita erogazione di denaro pubblico rende legittimo (e doveroso) l’avvio della procedura di recupero ai sensi dell’art. 2033 c.c.;
  • la procedura di recupero non è riferibile solo alla dazione di somme di denaro, comprendendo invece qualunque prestazione di dare o di fare, derivante da un vincolo obbligatorio e risultata a posteriori non dovuta;
  • alla ripetizione non è di ostacolo la buona fede e l’affidamento dei percettori.

L'affidamento del pubblico dipendente e la stessa buona fede non sono di ostacolo all'esercizio del potere-dovere di recupero, nel senso che l'Amministrazione non è tenuta a fornire un'ulteriore motivazione sull'elemento soggettivo riconducibile all'interessato (Cons. Stato, sez. III, 12 settembre 2013, n. 4519; sez. V, 30 settembre 2013, n. 4849);

Pertanto, rimane recessivo il richiamo ai principi in materia di autotutela amministrativa sotto il profilo della considerazione del tempo trascorso e dell'affidamento maturato in capo agli interessati (Cons. Stato, sez. III, 10 dicembre 2012, n. 11548; sez. III, 31 maggio 2013, n. 2986; 4 settembre 2013, n. 4429);

  • costituisce atto dovuto l'esercizio del diritto-dovere dell'Amministrazione di ripetere le somme indebitamente corrisposte ai pubblici dipendenti dal momento che:

a) l'azione di ripetizione di indebito ha come suo fondamento l'inesistenza dell'obbligazione adempiuta da una parte, o perché il vincolo obbligatorio non è mai sorto o perché è venuto meno successivamente, ad esempio a seguito di annullamento (Cons. Stato, sez. IV, 3 novembre 2015, n. 5010);

b) il recupero delle somme erogate e non dovute costituisce il risultato di attività amministrativa di verifica e di controllo, priva di valenza provvedimentale;

c) in tali ipotesi l'interesse pubblico è in re ipsa e non richiede specifica motivazione in quanto, a prescindere dal tempo trascorso, l'oggetto del recupero produce di per sé un danno all'Amministrazione, consistente nell'esborso di denaro pubblico senza titolo ed un vantaggio ingiustificato per il dipendente (sulla “autoevidenza” delle ragioni che impongono l’esercizio dell’autotutela, a protezione di interessi sensibili dell’Amministrazione, Cons. Stato, ad. plen., 17 ottobre 2017, n. 8);

d) si tratta dunque di un atto dovuto che non lascia all'Amministrazione alcuna discrezionale facoltà di agire e, anzi, configura il mancato recupero delle somme illegittimamente erogate come danno erariale;

- il solo temperamento ammesso è costituito dalla regola per cui le modalità di recupero non devono essere eccessivamente onerose, in relazione alle condizioni di vita del debitore;

- la ripetizione dell’indebito deve essere valutata tenendo conto dell’imputabilità alla sola Amministrazione dell’errore originario, del lungo lasso di tempo tra la data di corresponsione e quella di emanazione del provvedimento di recupero, della tenuità delle somme corrisposte anche in riferimento ai servizi resi, della eventuale complessità della macchina burocratica dalla quale è scaturito l'errore di conteggio (Cons. Stato, sez. V, 13 aprile 2012, n. 2118, con elencazione che deve ritenersi solo esemplificativa). In questo senso, alla stregua di un certo indirizzo (Cons. Stato, sez. VI, sent. 27 ottobre 2014, n. 5314 e n. 5315; sez. IV, ord. 5 giugno 2015, n. 2472; sez. IV, sent. 29 febbraio 2016, n. 850; T.A.R. Lazio, sez. III, 29 marzo 2017, n. 3988), occorre dare ragione:

a)dell'avvio del procedimento di recupero a distanza di tempo dall’erogazione;

b)dell'emersione dell'indebito solo in esito alle verifiche amministrativo-contabili del Ministero dell'economia e delle finanze, Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato;

c)dell'assenza di qualsiasi contestazione, nei confronti dei percipienti, con conseguente incontrovertibile dimostrazione della loro buona fede, protratta nel tempo.

 

Dott. Eugenio De Carlo

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