Le linee guida del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti sul decreto Salva Casa (dl n. 69/2024)

Analisi del quarto macro-argomento: i casi particolari di interventi eseguiti in parziale difformità dal titolo

Servizi Comunali Abusi edilizi Attività edilizia Gestione del territorio Sanzioni
di Petrulli Mario
17 Marzo 2025

 

Dopo aver analizzato le linee guida (1) del MIT sul Decreto Salva Casa (decreto legge n. 69/2024, convertito con la legge n. 105/2024) sullo stato legittimo dell’immobile, sul mutamento della destinazione d’uso, sulle tolleranze costruttive ed esecutive, ci soffermeremo in questa occasione sui casi particolari di interventi eseguiti in parziale difformità dal titolo.


Casi particolari di interventi eseguiti in parziale difformità dal titolo

L’art. 34-ter (2) del Testo Unico Edilizia è funzionale a regolare le varianti realizzate in sede esecutiva relative ad un titolo rilasciato in data antecedente all’entrata in vigore della Legge n. 10/1977 (c.d. Legge Bucalossi), avvenuta il 30 gennaio 1977. 

Il motivo per cui il legislatore è intervenuto sul punto è legato al fatto che prima dell’entrata in vigore di tale legge non era disciplinata l’ipotesi di parziale difformità dal titolo, né erano regolate le varianti in corso d’opera, che, quindi, non venivano presentate. La nuova previsione mira, quindi, a farsi carico di questa situazione, che interessa diversi immobili, stante il carattere risalente del patrimonio edilizio italiano.

In primo luogo, la norma disciplina le modalità con cui dimostrare l’epoca di realizzazione delle varianti; il legislatore rinvia all’art. 9-bis, comma 1-bis, richiamando, a supporto probatorio:

  • le informazioni catastali di primo impianto, 
  • altri documenti probanti, quali le riprese fotografiche, gli estratti cartografici, i documenti d'archivio, o altro atto, pubblico o privato, di cui sia dimostrata la provenienza; 
  • il titolo abilitativo che ha disciplinato l'ultimo intervento edilizio che ha interessato l'intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali;
  • quale alternativa residuale, laddove non sia possibile documentare, si potrà ricorrere alla dichiarazione del tecnico, sotto la propria responsabilità (cfr. FAQ D3.4.1.5 (3)). Per quanto ovvio, questo è un aspetto delicato: appare evidente che la dichiarazione del tecnico deve, comunque, poggiarsi, nei limiti del possibile, su principi di prova di natura oggettiva. 

In ogni caso, ai fini della regolarizzazione, devono essere “sentite le amministrazioni competenti secondo la normativa di settore” (4).

La FAQ D3.4.1.1 (5) evidenzia che i lavori possono essere stati realizzati anche oltre il 30 gennaio 1977, purchè entro il limite temporale di validità del titolo edilizio (ricordiamo che il permesso di costruire ha validità triennale – salva diversa normativa regionale (6)).

Le linee guida precisano che le varianti non solo devono essere eccedenti le tolleranze (altrimenti, si applicherebbe la disciplina relativa a queste ultime contenuta nell’art. 34-bis del Testo Unico Edilizia) ma devono costituire “parziali difformità” (cfr. FAQ D3.4.1.2 (7)). Tale nozione, come indicato dalla giurisprudenza (8), si configura quando le modificazioni incidano su elementi particolari e non essenziali della costruzione e si concretizzino in divergenze qualitative e quantitative non incidenti sulle strutture essenziali dell’opera (si pensi, ad un leggero aumento della volumetria o della superficie realizzata rispetto al valore assentito nel permesso; al diverso materiale utilizzato per una rifinitura; allo spostamento di un elemento architettonico di abbellimento della struttura).

In secondo luogo, la norma disciplina la modalità di sanatoria: sarà necessaria una SCIA in sanatoria, presentata dal responsabile dell’abuso o dal proprietario, accompagnata dal pagamento di una sanzione (ex art. 35, comma 5, lett. b), del Testo Unico Edilizia) pari al doppio dell’aumento del valore venale dell’immobile valutato dai competenti uffici dell’Agenzia delle entrate, in una misura, determinata dal responsabile del procedimento, non inferiore a € 1.032 e non superiore a € 10.328 (9).

Ricevuta la SCIA, l’ufficio tecnico comunale può esercitare i poteri di cui all’art. 19, comma 3, della Legge n. 241/1990; in caso di intervento in assenza o in difformità dall’autorizzazione paesaggistica, si applica il comma 5-bis (10) dell’art. 36 del Testo Unico Edilizia. 

Da segnalare che, secondo la FAQ D3.4.1.7 (11), non serve la doppia conformità urbanistica.

Rimane da ricordare che, in ogni caso, ogni valutazione circa le parziali difformità deve effettuarsi secondo una visuale globale e non atomistica, secondo il noto insegnamento giurisprudenziale in materia di abusi edilizi.


La regolarizzazione delle parziali difformità in corso d’opera

Il comma 4 dell’art. 34-ter prevede l’applicazione della normativa in materia di tolleranze (di cui all’art. 34-bis) per le parziali difformità: 

  • realizzate durante l'esecuzione dei lavori oggetto di un titolo abilitativo, 
  • accertate all'esito di sopralluogo o ispezione dai funzionari incaricati di effettuare verifiche di conformità edilizia, 
  • rispetto alle quali non sia seguìto un ordine di demolizione o di riduzione in pristino 
  • e sia stata rilasciata la certificazione di abitabilità o di agibilità nelle forme previste dalla legge, non annullabile ai sensi dell'art. 21-nonies (13) della legge 7 agosto 1990, n. 241.

Tale norma di applica ai lavori eseguiti sulla base di un titolo abilitativo rilasciato anche dopo l’entrata in vigore della Legge Bucalossi (14).

Ai fini dell’accertamento delle difformità in parola, è sufficiente una generica contestazione da parte dei tecnici, contenuta in un documento (ad esempio, un verbale di sopralluogo) (15). L’utilizzo del termine “accertate” induce a ritenere che eventuali ulteriori difformità non rilevate al momento della verifica non potranno essere sanate.

Per quanto concerne la certificazione di abitabilità/agibilità, la norma assegna a tale documento un ruolo dirimente: se è ancora annullabile, la disciplina non trova applicazione. Perché possa operare l’annullamento è necessario che siano presenti contemporaneamente gli elementi previsti dall’art. 21-nonies della Legge n. 241/1990: 

  • il termine ragionevole, oggi previsto in 12 mesi;
  • le ragioni di interesse pubblico;
  • il contemperamento fra interessi dei destinatari e dei controinteressati.

Difficile, comunque, ipotizzare la possibilità di annullamento della certificazione di abitabilità/agibilità dinanzi ad interventi a basso livello di illegittimità (quali sono le parziali difformità) risalenti; a ben vedere, perciò, la norma sembra avere la portata sostanziale di un condono limitato alle parziali difformità del passato.

Sembra corretto ritenere che la norma abbia lo scopo di tutelare il privato che, per anni, non è mai stato oggetto di sanzioni effettive ed applicate pur in presenza di difformità, quasi che detta circostanza potesse considerarsi foriera di una sorta di legittimo affidamento: su tale punto sarà interessante verificare il pensiero della giurisprudenza.


(1) https://www.mit.gov.it/linee-guida-dl-salva-casa 
(2) Art. 34-ter. Casi particolari di interventi eseguiti in parziale difformità dal titolo
1. Gli interventi realizzati come varianti in corso d'opera che costituiscono parziale difformità dal titolo rilasciato prima della data di entrata in vigore della legge 28 gennaio 1977, n. 10, e che non sono riconducibili ai casi di cui all'articolo 34-bis possono essere regolarizzati con le modalità di cui ai commi 2 e 3, sentite le amministrazioni competenti secondo la normativa di settore.
2. L'epoca di realizzazione delle varianti di cui al comma 1 è provata mediante la documentazione di cui all'articolo 9-bis, comma 1-bis, quarto e quinto periodo. Nei casi in cui sia impossibile accertare l'epoca di realizzazione della variante mediante la documentazione indicata nel primo periodo, il tecnico incaricato attesta la data di realizzazione con propria dichiarazione e sotto la propria responsabilità. In caso di dichiarazione falsa o mendace si applicano le sanzioni penali, comprese quelle previste dal capo VI del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445.
3. Nei casi di cui al comma 1, il responsabile dell'abuso o il proprietario dell'immobile possono regolarizzare l'intervento mediante presentazione di una segnalazione certificata di inizio attività e il pagamento, a titolo di oblazione, di una somma determinata ai sensi dell'articolo 36-bis, comma 5. L'amministrazione competente adotta i provvedimenti di cui all'articolo 19, comma 3, della legge 7 agosto 1990, n. 241, anche nel caso in cui accerti l'interesse pubblico concreto e attuale alla rimozione delle opere. Si applicano le disposizioni di cui all'articolo 36-bis, commi 4 e 6. Per gli interventi di cui al comma 1 eseguiti in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica resta fermo quanto previsto dall'articolo 36-bis, comma 5-bis.
4. Le parziali difformità, realizzate durante l'esecuzione dei lavori oggetto di un titolo abilitativo, accertate all'esito di sopralluogo o ispezione dai funzionari incaricati di effettuare verifiche di conformità edilizia, rispetto alle quali non sia seguito un ordine di demolizione o di riduzione in pristino e sia stata rilasciata la certificazione di abitabilità o di agibilità nelle forme previste dalla legge, non annullabile ai sensi dell'articolo 21-nonies della legge 7 agosto 1990, n. 241, sono soggette, in deroga a quanto previsto dall'articolo 34, alla disciplina delle tolleranze costruttive di cui all'articolo 34-bis.

(3) FAQ D3.4.1.5 - Come si prova l’epoca di realizzazione delle varianti?
La prova dell’epoca di realizzazione delle varianti può essere fornita:
• in via generale, mediante la documentazione di cui all'articolo 9-bis, comma 1-bis, quarto e quinto periodo, del Testo unico;
• nei casi in cui sia impossibile accertare l’epoca di realizzazione della variante mediante la documentazione sopra indicata, mediante attestazione della data di realizzazione da parte del tecnico incaricato con propria dichiarazione e sotto la propria responsabilità. Il tecnico incaricato potrà limitarsi ad attestare, più in generale, l’epoca di realizzazione della variante, come desumibile da un’interpretazione sistematica che tiene conto del combinato disposto dell’articolo 34-ter, primo periodo (ove si fa riferimento all’ “epoca di realizzazione”) e secondo periodo (ove si fa riferimento alla “data di realizzazione”).

Occorre, altresì, chiarire che, trattandosi di una parziale difformità occorrerà allegare all’istanza il titolo rispetto al quale si è verificata in sede esecutiva una parziale difformità. E ciò al fine di consentite all’Amministrazione di poter operare quella verifica sopra indicata in ordine alla ricorrenza di una difformità parziale e non totale.
(4) FAQ D3.4.1.4 - Qual è il rapporto con le altre normative di settore?
La procedura di regolarizzazione di cui ai commi 2 e 3 riguarda esclusivamente gli aspetti edilizi. Nei casi in cui l’intervento sia stato effettuato in area sottoposta ad altri regimi – ad esempio, sismico o paesaggistico – sarà, comunque, necessario coinvolgere le altre Autorità competenti per ottenere le prescritte autorizzazioni, nulla osta o atti di assenso comunque denominati.
(5) FAQ D3.4.1.1 - Qual è l’epoca della realizzazione degli interventi rilevante ai fini della semplificazione?
Gli interventi realizzati come varianti che costituiscono parziali difformità devono essere stati eseguiti nell’ambito degli interventi riconducibili ad un titolo rilasciato prima dell’entrata in vigore della legge n. 10 del 1977. Da ciò consegue che gli stessi possono essere stati realizzati anche in data successiva al 30 gennaio 1977, purché entro i limiti di validità temporale del titolo che permettono di caratterizzare gli interventi come variante.
Pertanto, ai fini dell’accertamento dei presupposti per l’applicabilità del regime prefigurato dall’articolo 34-ter, occorrerà indicare l’epoca di realizzazione della variante, al fine di poterla ricondurre alla validità temporale del titolo abilitativo rilasciato ante ’77 cui essa si riferisce.

(6) In Umbria la validità è di quattro anni.
(7) FAQ D3.4.1.2 - Come devono qualificarsi gli interventi ai fini della semplificazione?
Gli interventi realizzati come varianti, da un lato, devono costituire parziali difformità dal titolo e, dall’altro, non possono qualificarsi quali tolleranze. In relazione a queste ultime, infatti, trova applicazione la disciplina di cui all’articolo 34-bis.
A tal fine, un utile ausilio è certamente offerto dalla giurisprudenza formatasi in ordine alla previsione di cui all’articolo 34 del Testo unico, la quale ha chiarito che la parziale difformità si configura quando l’intervento, sebbene contemplato dal titolo abilitativo, risulti realizzato secondo modalità diverse da quelle previste a livello progettuale, e, quindi, quando le modificazioni incidano su elementi particolari e non essenziali della costruzione e si concretizzino in divergenze qualitative e quantitative non incidenti sulle strutture essenziali dell’opera (Consiglio di Stato, Sez. VI, 8 ottobre 2024, n. 8072). Inoltre, va ricordato che tale valutazione deve essere effettuata sulla base di un esame complessivo e non parcellizzato delle singole difformità, non potendosi dunque ammettere una qualificazione di ognuna di esse come difformità solo parziale dell’immobile assentito rispetto a quello realizzato (Consiglio di Stato, Sez. VI, 23 ottobre 2020, n. 6432).

(8) Consiglio di Stato, sez. VI, 8 ottobre 2024, n. 8072.
(9) FAQ D3.4.1.6 - In che misura deve essere pagata la sanzione a titolo di oblazione?
La sanzione è quella prevista dall’articolo 36-bis, comma 5, lettera b), prima parte, e sarà, pertanto, pari al doppio dell’aumento del valore venale dell’immobile valutato dai competenti uffici dell’Agenzia delle entrate, in una misura, determinata dal responsabile del procedimento, non inferiore a 1.032 euro e non superiore a 10.328 euro.
Il rinvio alla lettera b), prima parte, si desume dalle seguenti circostanze:
- l’individuazione della sanzione di cui al comma 5, lettera b) (anziché di quella di cui alla lettera a) si giustifica alla luce della ratio della disposizione, che risponde ad esigenze di agevolazione e tende a valorizzare, in luogo del titolo cui si correla la variante, il titolo richiesto per la regolarizzazione (SCIA);
- l’individuazione della sanzione esclusivamente a quella di cui alla prima parte si spiega alla luce del fatto che tra i presupposti della regolarizzazione in esame non è richiesta la verifica della conformità dell’intervento alla disciplina edilizia e urbanistica (come meglio illustrato alla sezione D.3.4.1.7).
In relazione alla quantificazione della sanzione da applicare in concreto da parte dei competenti uffici comunali, si rinvia alla sezione D3.5.6.1.
Si ricorda che per gli interventi eseguiti in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica resta ferma la sanzione di cui all'articolo 36-bis, comma 5-bis.

(10) 5-bis. Nelle ipotesi di cui al comma 4, qualora sia accertata la compatibilità paesaggistica, si applica altresì una sanzione determinata previa perizia di stima ed equivalente al maggiore importo tra il danno arrecato e il profitto conseguito mediante la trasgressione; in caso di rigetto della domanda si applica la sanzione demolitoria di cui all'articolo 167, comma 1, del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.
(11) FAQ D.3.4.1.7 - È richiesta la doppia conformità urbanistica e/o edilizia?
Ai fini del perfezionamento della SCIA in sanatoria non è richiesta la sussistenza della doppia conformità, rigida o semplificata, di cui agli articoli 36 e 36-bis del Testo unico.
Il rinvio operato all’articolo 36-bis, commi 4 e 6, è volto esclusivamente a regolare aspetti di natura procedurale e non può, pertanto, estendersi alle disposizioni che regolano la verifica di conformità ivi disciplinata. In particolare, si conferma: 
- l’applicazione della procedura relativa agli interventi realizzati in zone vincolate sotto il profilo paesaggistico; e 
- l’operatività dell’istituto del silenzio assenso.

(12) Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 14 agosto 2024, n. 7131: “Gli abusi edilizi devono valutarsi unitariamente nella loro globalità, in conformità al principio secondo cui la valutazione dell'abuso edilizio presuppone una visione complessiva e non atomistica delle opere realizzate: l'opera edilizia abusiva va infatti identificata con riferimento all'immobile o al complesso immobiliare, essendo irrilevante il frazionamento dei singoli interventi avulsi dalla loro incidenza sul contesto immobiliare unitariamente. E, invero, il pregiudizio arrecato al regolare assetto del territorio o al paesaggio deriva, non da ciascun intervento in sé considerato, ma dall'insieme dei lavori nel loro contestuale impatto edilizio e paesistico e nelle reciproche interazioni (ex multis, tra le più Cons. Stato, Sez. VI, n. 9052 del 18 ottobre 2023; Cons. Stato Sez. VII, n. 7939 del 25 agosto 2023).” 
(13) Art. 21-nonies. (Annullamento d'ufficio)
1. Il provvedimento amministrativo illegittimo ai sensi dell'articolo 21-octies, esclusi i casi di cui al medesimo articolo 21-octies, comma 2, può essere annullato d'ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole, comunque non superiore a dodici mesi dal momento dell'adozione dei provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici, inclusi i casi in cui il provvedimento si sia formato ai sensi dell'articolo 20, e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati, dall'organo che lo ha emanato, ovvero da altro organo previsto dalla legge. Rimangono ferme le responsabilità connesse all'adozione e al mancato annullamento del provvedimento illegittimo.
2. È fatta salva la possibilità di convalida del provvedimento annullabile, sussistendone le ragioni di interesse pubblico ed entro un termine ragionevole.
2-bis. I provvedimenti amministrativi conseguiti sulla base di false rappresentazioni dei fatti o di dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell'atto di notorietà false o mendaci per effetto di condotte costituenti reato, accertate con sentenza passata in giudicato, possono essere annullati dall'amministrazione anche dopo la scadenza del termine di dodici mesi di cui al comma 1, fatta salva l'applicazione delle sanzioni penali nonché delle sanzioni previste dal capo VI del testo unico di cui al d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445.
(14) FAQ D3.4.2.1 - È necessario che il titolo sia stato rilasciato in data antecedente all’entrata in vigore della legge 10/77?
No, il titolo può essere stato rilasciato anche in data successiva.
Rispetto all’ipotesi prevista dai precedenti tre commi, in questo caso non è riprodotto il presupposto relativo al rilascio del titolo in data antecedente all’entrata in vigore della legge n. 10 del1977; di conseguenza, questa specifica ipotesi di regolarizzazione opera anche per interventi realizzati durante l’esecuzione dei lavori oggetto di titolo abilitativo rilasciato successivamente all’entrata in vigore della predetta legge n. 10 del 1977, ricorrendo gli altri presupposti stabiliti dalla disposizione.

(15) FAQ D3.4.2.2 - In che modo può ritenersi accertata la sussistenza di parziali difformità in sede di sopralluogo o ispezione?
È sufficiente che gli accertamenti in sede di sopralluogo o ispezione si siano limitati ad una generica o generale  constatazione sulle difformità.
Sono ricomprese le varie tipologie di sopralluogo o ispezione previste, nel corso del tempo, dall’ordinamento, purché queste siano state dirette ad un accertamento anche di carattere edilizio. Con riferimento alle ipotesi più risalenti, può farsi l’esempio del rilascio del certificato di abitabilità da parte del Sindaco previo sopralluogo dell’ufficiale sanitario o dell’ingegnere delegato, che era diretto a riscontrare la conformità dell’opera, la sussistenza di muri prosciugati e l’assenza di causa di insalubrità (articolo 221 del R.D. n. 1265 del1934). Si tratta di tipologie di accertamenti che sono stati molto frequenti nella prassi, stante la lunga vigenza di tale disposizione, abrogata solo con il D.P.R. n. 425 del 1994, il quale ha introdotto un meccanismo di silenzio assenso che, di converso, esclude la possibilità di applicare la regolarizzazione di cui all’articolo 34-ter, comma 4, in esame, ai certificati di agibilità/abitabilità formatisi con quel meccanismo, difettando in tali casi un accertamento da parte di un tecnico pubblico.
Inoltre, occorre che tali accertamenti abbiano constatato la sussistenza di parziali difformità.
In relazione al contenuto di tale accertamento occorre, poi, considerare come i verbali redatti in passato fossero, molto spesso, privi di una puntuale analisi di conformità edilizia, anche in considerazione delle tecniche utilizzate all’epoca. Alla luce di ciò, ipotizzare l’applicazione della disposizione in esame ai soli casi in cui l’accertamento sia stato effettuato in modo particolarmente rigoroso significherebbe restringerne notevolmente il campo di applicazione, nonché deprivare la ratio della regola, che è volta a valorizzare l’affidamento riposto dal cittadino sulla base del rilascio di un certificato di agibilità/abitabilità redatto all’esito di un sopralluogo appositamente finalizzato anche alle verifiche edilizie e maturato anche in considerazione della mancata adozione di successivi provvedimenti repressivi. Pertanto, si ritiene che anche ove tali accertamenti si siano limitati ad una generica o generale constatazione sulle difformità (effettuata anche mediante la mera apposizione di rilievi rappresentativi delle stesse sul progetto, come spesso riscontrato nella prassi) possa, comunque, trovare applicazione la disposizione in esame.
Inoltre, occorre che il certificato di agibilità o abitabilità – rilasciato all’esito del procedimento sopra indicato – non sia suscettibile di annullamento in autotutela ex art. 21-nonies della legge n. 241 del 1990 (con conseguente necessità di verifica di tutti i presupposti di tale disposizione).
Va ulteriormente chiarito che, ai fini dell’operatività della disposizione, non può ritenersi sufficiente la circostanza che il certificato riporti la sussistenza di difformità edilizie, le quali devono essere, invece, accertate – nei termini sopra indicati – nei verbali di sopralluogo o ispezione. In ogni caso, non si ritiene indispensabile che il certificato richiami il sopralluogo o l’ispezione, nei casi in cui dalla documentazione relativa al procedimento possa, comunque, evincersi che il certificato sia stato redatto tenendo conto dell’esito di tale accertamento. Si pensi ai casi di certificati rilasciati ai sensi dell’articolo 221 del R.D. n. 1265 del 1934, che necessariamente presuppongono l’avvenuta ispezione, con la conseguenza che l’eventuale verbale antecedente a tale certificato sarà di per sé prova del preventivo accertamento.


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