L’imposta di soggiorno e la sanzione per omessa o infedele dichiarazione

Dubbi applicativi e chiarimenti da parte del MEF

Servizi Comunali Imposta di soggiorno
di Martini Lorella
28 Febbraio 2025

 

L’imposta di soggiorno nei suoi tratti essenziali 

L’imposta di soggiorno è stata introdotta nel nostro ordinamento dall’art. 4 del Decreto legislativo n. 23/2011.

Tale tributo consiste in un “onere” che  i comuni capoluogo di provincia, le unioni di comuni, i comuni inclusi negli elenchi regionali delle località turistiche o città d'arte possono istituire, con deliberazione del consiglio, a carico di coloro che alloggiano nelle strutture ricettive situate sul proprio territorio, siano esse hotel, bed&breakfast oppure locatari a breve termine.

L’imposta in questione deve essere applicata secondo il criterio di gradualità, in proporzione al costo del soggiorno per notte. 

Il gettito che se ne ricava è destinato a finanziare interventi in materia di turismo, ivi compresi quelli a sostegno delle strutture ricettive, di manutenzione, fruizione e recupero dei beni culturali ed ambientali locali e dei relativi servizi pubblici locali, nonchè i costi relativi al servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti.

Materialmente, il tributo viene riscosso direttamente dalla struttura ricettiva che diventa il diretto responsabile del suo versamento all’Ente pubblico. Le somme riscosse dai turisti sono considerate di natura pubblica non appena incassate dai gestori.

Al fine di consentire ai Comuni di monitorare e gestire gli introiti da imposta di soggiorno, l’art. 130, c. 3, del D.L. n. 34/2020 ha inserito nell’art. 4 del D.L.vo n. 23/2011 un nuovo comma 3bis, che  ha posto in capo alle strutture ricettive l’obbligo di presentare, in via esclusivamente telematica, entro il 30 giugno di ciascun anno, una dichiarazione relativa ai pernottamenti e agli importi incassati a titolo di imposta di soggiorno nell’anno precedente.


Le sanzioni previste in materia di imposta di soggiorno 

Il medesimo comma 3bis dell’art. 4 del D.L.vo n. 23/2011 prevede poi che “per l'omessa o infedele presentazione della dichiarazione da parte del responsabile si applica la sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma dal 100 al 200 per cento dell'importo dovuto. Per l'omesso, ritardato o parziale versamento dell'imposta di soggiorno e del contributo di soggiorno si applica la sanzione amministrativa di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471”.

Tale disposizione sanzionatoria è analoga a quelle previste per altri tributi locali, tanto che si considera applicabile anche all’imposta di soggiorno l’istituto del ravvedimento operoso.


Le difficoltà applicative 

L’applicazione delle sanzioni relative all’imposta di soggiorno ha sollevato negli anni più di qualche problematica su cui si è espresso il Ministero dell’Economia e delle Finanze in occasione di Telefisco.

Se in passato il Ministero ha chiarito che per i tributi locali, a differenza di quelli erariali, non esiste una distinzione tra dichiarazione omessa e dichiarazione tardiva, in occasione di Telefisco 2025, svoltosi il 5 febbraio, è stata affrontata la questione della quantificazione della sanzione per omessa o infedele dichiarazione.

Il ragionevole dubbio in quella sede sollevato riguardava la modalità applicativa della sanzione prevista per legge nella misura dal 100% al 200% dell’ “importo dovuto”, nell’ipotesi in cui il gestore della struttura ricettiva avesse già provveduto, e nei termini previsti dal singolo Comune, al versamento delle somme introitate dai turisti.

In via ipotetica, in una tale ipotesi si sarebbe potuto dire che nulla era più dovuto e quindi nessuna sanzione poteva essere quantificata (il 100% o il 200% di zero è zero).  Ma è pur vero che una violazione di legge si è configurata.

Sicuramente iniquo sarebbe stato però applicare una sanzione pari all’importo o al doppio dell’imposta già interamente versata.

In ipotesi di omessa dichiarazione di importi versati, la violazione di legge assume con ogni evidenza un carattere meramente formale o comunque è connotata da un disvalore e/o arreca un danno all’interesse pubblico piuttosto limitato.

Peraltro, la normativa sull’imposta di soggiorno non preveda una sanzione minima, che invece, per altri tributi locali, è fissata in € 50,00.

La soluzione che veniva prospettata era appunto l’applicazione, in via analogica o estensiva, della predetta sanzione minima di € 50,00. Tale soluzione applicativa risultava infatti rispettosa del principio di proporzionalità.


La risposta del Ministero dell'Economia e Finanze a Telefisco 2025 

Il Ministero non ha invece concordato su tale prospettata soluzione rilevando come “La norma richiamata nel quesito vale a dire l’articolo 180, comma 3, del Dl 34/2020, che ha modificato le disposizioni della disciplina dell’imposta di soggiorno (applicabile anche ai casi in cui la stessa si riscuote relativamente alle cosiddette locazioni brevi) non prevede la possibilità di irrogare la sanzione minima di 50 euro quando gli importi non dichiarati tempestivamente siano stati comunque versati nei termini fissati dai regolamenti comunali. Non è, altresì, possibile rinvenire nel sistema sanzionatorio di carattere generale, applicabile anche alle violazioni concernenti i tributi locali, una violazione derivante da un errore formale, soggetta «alla sanzione minima di 50 euro, anche in virtù del principio di proporzionalità della sanzione”.

Per il dipartimento delle Finanze l’unica soluzione possibile, che permetterebbe di rispettare il principio giuridico di proporzionalità della sanzione, sarebbe piuttosto l’applicazione dell’art. 7 del D..vo n. 472/1997, come confluito nell’art. 7 del D.L.vo n. 173/2024 cd. Testo unico delle sanzioni tributarie amministrative e penali, il cui comma 4, nella versione attuale applicabile alle violazioni commesse a decorrere dal 1° gennaio 2025, prevede che: «Se concorrono circostanze che rendono manifesta la sproporzione tra violazione commessa e sanzione applicabile, questa è ridotta fino a un quarto della misura prevista, sia essa fissa, proporzionale o variabile», per cui la percentuale applicabile potrebbe essere ridotta fino al 25%”.

Se ne ricava che, per le violazioni commesse nelle annualità precedenti, la riduzione, alla luce della previgente lettera dell’art. 7, c. 4, D.L.vo n. 472/1997, potrà arrivare al massimo al 50%.


Considerazioni conclusive

La soluzione cui è giunto il Ministero ha suscitato tra gli operatori del settore qualche perplessità.

Se è vero infatti che la problematica applicativa sorge da una legiferazione affrettata, il ragionamento giuridico sotteso alla soluzione prospettata pare piuttosto “debole”.


 

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