Compensi per produttività e assenze per maternità

Risposta del Dott. Massimo Monteverdi

Quesiti
di Monteverdi Massimo
10 Agosto 2024

Si chiede se le assenze per maternità vanno oppure non vanno conteggiate nel calcolo della produttività.

Risposta

L’ARAN ha affrontato il tema del rapporto tra assenze e valutazione del dipendente ai fini dei compensi per la produttività in un parere non recente ma che esamina la questione da un punto di vista molto concreto:
“Sotto il profilo contenutistico, come ampiamente evidenziato nella relazione illustrativa del CCNL del 31.7.2009 predisposta per la certificazione dei costi, l’art.5 del suddetto CCNL del 31.7.2009, nel ribadire la vigente disciplina in materia di compensi per produttività, contenuta nell’art.37 del CCNL del personale non dirigente del Comparto del 22.1.2004, specifica le regole che presiedono alla decurtazione degli stessi in caso di assenza del dipendente, qualunque sia il titolo delle assenze, ivi comprese, quindi, quelle per malattia e per maternità.
In particolare, si afferma che l’assenza del dipendente, qualunque sia la sua motivazione, non produce di per sé una diretta, immediata e corrispondente decurtazione dei compensi per produttività, ma, a tal fine, occorre, invece, valutare, in un quadro più ampio ed in coerenza con la natura e le caratteristiche di tale componente del trattamento accessorio, la reale incidenza della stessa e cioè le conseguenze che ne sono derivate sotto il profilo della effettiva partecipazione, quantitativa e qualitativa, del dipendente stesso ai progetti e programmi di produttività, e, quindi, al raggiungimento degli obiettivi e dei risultati prefissati che giustificano l’erogazione del compenso.
In tal modo, le parti negoziali hanno riaffermato quelle indicazioni in materia di compensi per produttività ricavabili dalle previsioni dell’art. 37 del CCNL del 22.1.2004, secondo le quali i suddetti compensi, previsti dal contratto integrativo dell’ente, possono essere erogati solo in presenza di incrementi effettivi della produttività e di miglioramento quali-quantitativo dei servizi che tale erogazione è possibile solo a conclusione del processo di valutazione periodica dei risultati e delle prestazioni del personale, in relazione al livello di conseguimento degli obiettivi prefissati, come certificati dai servizi di controllo interno.
Come sopra evidenziato, le prescrizioni dell’art.5 del CCNL del 31.7.2009 hanno una portata generale e trovano applicazione, ai fini della determinazione e dell’erogazione dei compensi per produttività, in relazione a tutte le diverse ipotesi di assenza del personale, e non solo limitatamente a quelle per malattia. A tal fine, infatti, la clausola contrattuale dispone in modo generico: “In caso di assenza …..”, riconducendo nel suo ambito, accanto a quelle per malattia, comunque tutte le diverse tipologie di assenze: congedi di maternità e parentali, permessi giornalieri, aspettative, ecc.
Pertanto, in presenza comunque di assenze del personale, qualunque sia il titolo delle stesse, gli enti, in sede locale, in applicazione delle discipline in materia di produttività, ai sensi dell’art.37 del CCNL del 22.1.2004, non possono prescindere dall’applicazione del criterio della valutazione dell’effettivo apporto partecipativo al raggiungimento degli obiettivi e dei risultati prefissati che giustificano l’erogazione del compenso.”

Ricapitolando, l’assenza del dipendente (di qualsiasi natura) comporta necessariamente una riduzione del suo apporto complessivo alla produttività e pertanto chi è preposto alla valutazione della performance (individuale e collettiva) non può prescindere da questo aspetto.

Ciò non significa a priori un’esclusione del soggetto interessato dall'attribuzione delle risorse ma un supplemento di analisi da parte del dirigente/responsabile indispensabile per arrivare a una valutazione il più possibile oggettiva.
È anche vero che nella prassi si riscontrano contratti decentrati nei quali si elencano alcune tipologie di assenza che non inciderebbero sulla valutazione finale.
Ma si tratta a ragion veduta di criteri del tutto arbitrari poiché il dipendente assente non è comunque presente in servizio.

Da questo punto di vista, una recente sentenza del Tribunale di Roma (n. 7785/2023) sottolinea che la selezione nell’ambito del contratto decentrato di alcune tipologie di assenza al fine di escluderle dal computo per la produttività sia da considerarsi una pratica discriminatoria:
“Nonostante la rilevanza data alla “presenza” effettiva del dipendente per la quantificazione della quota dovuta a titolo di performance organizzativa, l’Ispettorato non ha ignorato ugualmente l’esigenza di individuare la tipologia di assenze dal servizio da equiparare alle presenze. Ciò premesso, non è dato comprendere quali siano state le ragioni sottese alla scelta dell’Ispettorato di considerare a tali fini solo i permessi di cui al comma 6 dell’art. 33 Legge 104 del 1992 e non più i permessi di cui ai commi 2 e 3 dell’art. 33 della medesima legge. La scelta – dal momento che tutte le tipologie di permessi citati sono finalizzati a soddisfare la medesima esigenza di tutela del bene primario costituzionalmente garantito della salute – non può che qualificarsi discriminatoria."


10 agosto 2024                   Massimo Monteverdi

Per i clienti Halley: ricorrente QP n.7674, sintomo n.7770
 

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