I comuni di piccole dimensioni o afflitti da procedure di rientro dal dissesto o semi-dissesto conservano la possibilità di attivare i lavori flessibili, anche laddove la complessiva situazione di bilancio non abbia permesso loro nel tempo di utilizzarli, causando la carenza della base di computo.
Per le assunzioni flessibili, nel 2024 si deve ancora, fare i conti con una norma molto datata, ma soprattutto appartenente ad un’epoca di formidabili tetti alle spese pubbliche di varia natura, alcuni dei quali, per altro, considerati illegittimi dalla Corte costituzionale: si parla dell’articolo 9, comma 28, del d.l. 78/2010, convertito in legge 122/2010.
Era il tempo del formidabile impatto della “crisi dei subprime” sui conti pubblici; nel 2010 si adottò una legge di bilancio primaverile, nel tentativo di risanare i conti, rivelatosi del tutto vano: pochi mesi dopo, nell’autunno 2011, sotto il tallone dello Spread fuori controllo si dovette ricorrere al “governo tecnico”.
Nonostante siano passati moltissimi anni e il quadro economico, sociale, finanziario e internazionale sia totalmente diverso, di quella stagione restano ancora “scorie”, come appunto le restrizioni sul lavoro flessibile previste dall’articolo 9, comma 28, citato:
“A decorrere dall'anno 2011, le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie, incluse le Agenzie fiscali di cui agli articoli 62, 63 e 64 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e successive modificazioni, gli enti pubblici non economici, le università e gli enti pubblici di cui all'articolo 70, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni e integrazioni, le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura fermo quanto previsto dagli articoli 7, comma 6, e 36 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, possono avvalersi di personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, nel limite del 50 per cento della spesa sostenuta per le stesse finalità nell'anno 2009. Per le medesime amministrazioni la spesa per personale relativa a contratti di formazione lavoro, ad altri rapporti formativi, alla somministrazione di lavoro, nonché al lavoro accessorio di cui all'articolo 70, comma 1, lettera d) del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni ed integrazioni, non può essere superiore al 50 per cento di quella sostenuta per le rispettive finalità nell'anno 2009. I limiti di cui al primo e al secondo periodo non si applicano, anche con riferimento ai lavori socialmente utili, ai lavori di pubblica utilità e ai cantieri di lavoro, nel caso in cui il costo del personale sia coperto da finanziamenti specifici aggiuntivi o da fondi dell'Unione europea; nell'ipotesi di cofinanziamento, i limiti medesimi non si applicano con riferimento alla sola quota finanziata da altri soggetti. Le disposizioni di cui al presente comma costituiscono principi generali ai fini del coordinamento della finanza pubblica ai quali si adeguano le regioni, le province autonome, gli enti locali e gli enti del Servizio sanitario nazionale. Per gli enti locali in sperimentazione di cui all'articolo 36 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, per l'anno 2014, il limite di cui ai precedenti periodi è fissato al 60 per cento della spesa sostenuta nel 2009. A decorrere dal 2013 gli enti locali possono superare il predetto limite per le assunzioni strettamente necessarie a garantire l'esercizio delle funzioni di polizia locale, di istruzione pubblica e del settore sociale nonché per le spese sostenute per lo svolgimento di attività sociali mediante forme di lavoro accessorio di cui all'articolo 70, comma 1, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n.276. Le limitazioni previste dal presente comma non si applicano agli enti del Servizio sanitario nazionale, con riferimento al personale della dirigenza medica e al personale non dirigenziale appartenente ai profili sanitario e socio-sanitario, alle regioni e agli enti locali in regola con l'obbligo di riduzione delle spese di personale di cui ai commi 557 e 562 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e successive modificazioni, nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente e nel rispetto della disciplina in materia di spesa per il personale. Resta fermo che comunque la spesa complessiva non può essere superiore alla spesa sostenuta per le stesse finalità nell'anno 2009. Sono in ogni caso escluse dalle limitazioni previste dal presente comma le spese sostenute per le assunzioni a tempo determinato ai sensi dell'articolo 110, comma 1, del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. Per ciascun anno del triennio 2024-2026 la spesa complessiva per il personale degli enti del Servizio sanitario nazionale di cui al settimo periodo non può essere superiore al doppio di quella sostenuta per la stessa finalità nell'anno 2009. Per gli enti del Servizio sanitario nazionale il limite di cui al presente comma opera a livello regionale; conseguentemente le regioni indirizzano e coordinano la spesa degli enti del rispettivo servizio sanitario regionale in conformità a quanto previsto dal presente comma, fermo restando quanto disposto per ciascuno di essi dall'articolo 11 del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 2019, n. 60. Per il comparto scuola e per quello delle istituzioni di alta formazione e specializzazione artistica e musicale trovano applicazione le specifiche disposizioni di settore. Resta fermo quanto previsto dall'articolo 1, comma 188, della legge 23 dicembre 2005, n. 266. Per gli enti di ricerca resta fermo, altresì, quanto previsto dal comma 187 dell'articolo 1 della medesima legge n. 266 del 2005, e successive modificazioni. alla copertura del relativo onere si provvede mediante l'attivazione della procedura per l'individuazione delle risorse di cui all'articolo 25, comma 2, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98. Alle minori economie pari a 27 milioni di euro a decorrere dall'anno 2011 derivanti dall'esclusione degli enti di ricerca dall'applicazione delle disposizioni del presente comma, si provvede mediante utilizzo di quota parte delle maggiori entrate derivanti dall'articolo 38, commi 13-bis e seguenti. Il presente comma non si applica alla struttura di missione di cui all'art. 163, comma 3, lettera a), del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163. Il mancato rispetto dei limiti di cui al presente comma costituisce illecito disciplinare e determina responsabilità erariale. Per le amministrazioni che nell'anno 2009 non hanno sostenuto spese per le finalità previste ai sensi del presente comma, il limite di cui al primo periodo è computato con riferimento alla media sostenuta per le stesse finalità nel triennio 2007-2009”.
Si tratta di una norma di estrema complessità, riassumibile in un divieto di spendere per contratti flessibili una somma superiore al 50% della spesa sostenuta nel 2009, tetto che per gli enti rispettosi delle regole di finanza pubblica si eleva al 100%. In ogni caso, in quel tetto non rientrano le spese per lavori flessibili connessi:
- alle funzioni di polizia locale;
- alle funzioni di istruzione pubblica;
- alle funzioni del settore sociale;
- alle spese sostenute per lo svolgimento di attività sociali mediante forme di lavoro accessorio di cui all'articolo 70, comma 1, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n.276 (norma, per altro, abrogata).
L’antistoricità e l’ingestibilità della disposizione è testimoniata dalle numerosissime modifiche intervenute nel tempo, allo scopo di allentare una morsa sul lavoro flessibile che risulta tanto più priva di senso oggi, dopo il Ccnl 22.11.2022 (che ha rivisto la disciplina già allineata al d.lls 150/2015 del Ccnl 21.5.2018), il cui articolo 60 stabilisce che il numero massimo di contratti a tempo determinato e di contratti di somministrazione a tempo determinato stipulati da ciascun ente complessivamente non può superare il tetto annuale del 20% del personale a tempo indeterminato in servizio al 1° gennaio dell’anno di assunzione, con arrotondamento dei decimali all’unità superiore qualora esso sia uguale o superiore a 0,5. Per gli enti che occupano fino a 5 dipendenti è sempre possibile la stipulazione di un contratto a tempo determinato. E prevede numerosi casi nei quali contratti a termine o in somministrazione possano andare oltre i limiti indicati.
L’esistenza, però, del vincolo finanziario ancorato al 2009 continua a proporre problemi. Nel corpo dell’esiziale articolo 9, comma 28, è vero, v’è la flessibilizzazione secondo la quale le amministrazioni che nell'anno 2009 non hanno sostenuto spese per lavoro flessibile, possono computare il limite di spesa con riferimento alla media sostenuta per le stesse finalità nel triennio 2007-2009.
Ma, specie nell’ambito degli enti locali, in particolare quelli di ridotte dimensioni, è fortemente ricorrente non solo l’ipotesi di enti privi di spesa per lavoro flessibile nel 2009, ma anche nel triennio 2007-2009.
A flessibilizzare ulteriormente gli effetti della norma ha pensato, da tempo ormai, la Corte dei conti, mediante pareri tanto “creativi”, perché oggettivamente estranei a paralleli alla disciplina normativa di stretto diritto, quanto utili, visto che consentono agli enti privi di una base di computo per la spesa di effettuare egualmente assunzioni flessibili.
Tale giurisprudenza è confermata e riassunta dal parere della Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per le Marche, 4 luglio 2024, n. 112/2024/PAR.
La Sezione torna ad evidenziare quanto già stabilito dalla Sezione Autonomie, parere 1/SEZAUT/2017/QMIG:
“Ai fini della determinazione del limite di spesa previsto dall’articolo 9, comma 28, del Dl 78/2010 e successive modifiche e integrazioni, l’ente locale che non abbia fatto ricorso alle tipologie contrattuali ivi contemplate né nel 2009, né nel triennio 2007-2009, può, con motivato provvedimento, individuare un nuovo parametro di riferimento per far fronte a un servizio essenziale per l’ente. Resta fermo il rispetto dei presupposti stabiliti dall’articolo 36, commi 2 e seguenti, del Dlgs n. 165/2001 nonché dei vincoli generali previsti dall’ordinamento”, poi corroborata dal parere sempre della Sezione Autonomie 15/2018/QMIG, secondo il quale la previsione normativa riferita all’assenza di spesa nel 2009 debba “trovare applicazione anche ai casi di spesa storica irrisoria in ossequio alla medesima ratio che ne ha determinato la formulazione originaria”.
Se così non fosse, in particolare ove gli enti “siano di modeste dimensioni e possano contare su esigue risorse umane a disposizione, risulterebbero oltremodo penalizzati dall’assenza di spesa storica pur essendo particolarmente esposti a contingenze di natura straordinaria e non prevedibile”.
La Sezione Marche conclude richiamandosi alla “Sezione controllo per la Puglia con la deliberazione n. 83/2023/PAR: con riferimento al limite di spesa posto dall’art. 9, comma 28, del d.l. n. 78/2010 e in linea con il principio di diritto affermato dal giudice contabile in sede nomofilattica (Corte dei conti, Sezione delle autonomie, deliberazione n. 15/2018/QMIG), sussiste, per gli enti locali di minori dimensioni che nel 2009 abbiano sostenuto una spesa modesta per l’instaurazione di rapporti di lavoro flessibile, la possibilità di fare riferimento – quale parametro utile ai fini dell’effettuazione della stessa spesa – a quella strettamente necessaria per far fronte, in via del tutto eccezionale, a un servizio essenziale per l’ente, garantendo in ogni caso il rispetto dei presupposti stabiliti dall’art. 36, commi 2 e ss., del d.lgs. n. 165/2001 e della normativa anche contrattuale ivi richiamata, nonché dei vincoli generali previsti dall’ordinamento; ferma restando tale possibilità, le uniche deroghe possibili ai vincoli posti dall’art. 9, comma 28, del d.l. n. 78/2010 sono quelle espressamente contemplate dal legislatore al fine di fronteggiare specifiche situazioni”.
Secondo la visione della magistratura contabile, dunque, restano spazi per l’attivazione delle forme flessibili anche per gli enti privi di spese computabili per gli anni 2007-2009.
Tuttavia, il complesso coacervo delle decisioni interpretative, postesi apertamente praeter legem, sono la dimostrazione inconfutabile della necessità urgente di abolire definitivamente l’articolo 9, comma 28, del d.l. 78/2010, norma ormai non più utile, anzi dannosa.
Articolo di Luigi Oliveri