La definizione di danno erariale tra dolo e colpa grave

Il monito della Consulta sulla fine della delimitazione di responsabilità

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di Piccioni Fabio
01 Agosto 2024

 

Il quadro ordinamentale 
La responsabilità erariale, che rinviene la sua prima fonte normativa nell’art. 82 c. 1 R.D. 18/11/1923 n. 2440, secondo il quale l’impiegato che, per azione od omissione, anche solo colposa, nell’esercizio delle sue funzioni, cagioni danno allo Stato, è tenuto a risarcirlo, è regolata, sul piano sostanziale, dall’art. 1 L. 14/1/1994 n. 20, mentre gli aspetti processuali dell’azione sono disciplinati dal D.Lgs. 26/7/2016 n. 174.

Si tratta di una responsabilità personale dal carattere composito - in ragione del concorrere delle funzioni di prevenzione, risarcitoria e sanzionatoria - soggetta al termine prescrizionale di cinque anni, che richiede l’elemento psicologico del dolo o della colpa grave, dando luogo a un’obbligazione parziaria, che non si estende al merito delle scelte discrezionali.

Il riassetto della responsabilità amministrativa operato dalla L. 20/1994, e successive modifiche, costituisce la componente di un processo riformatore che ha introdotto un nuovo modello di P.A., che ha marcato il passaggio da un’amministrazione che doveva dare semplicemente esecuzione alla legge, adottando un singolo e puntuale atto amministrativo, a quella che è stata definita “amministrazione di risultato”, che deve, cioè, raggiungere determinati obiettivi di policy e che risponde dei risultati economici e sociali conseguiti attraverso la sua complessiva attività.

Nei decenni successivi alla riforma si è acuita la complessità dell’ambiente in cui operano gli agenti pubblici, sul piano istituzionale, giuridico e fattuale, rendendo più difficili le scelte amministrative in cui si estrinseca la discrezionalità e più facile l’errore, anche grave. Ciò che ha accentuato la “fatica dell’amministrare”, rendendo difficile l’esercizio della discrezionalità amministrativa e stimolando, come reazione al rischio percepito di incorrere in responsabilità, la “burocrazia difensiva”, peraltro alimentata anche dall’incertezza provocata da una disciplina che si affida al concetto, indeterminato, di colpa grave.

Si è così posta la necessità di ricerca di nuovi punti di equilibrio che riducano la quantità di rischio dell’attività che grava sull’agente pubblico, in modo che il regime della responsabilità, nel suo complesso, non funga da disincentivo all’azione.

La ricognizione dell’evoluzione normativa dell’art. 21 c. 2 D.L. 76/2020 
In tal senso, l’art. 21 c. 2 D.L. 16/7/2020 n. 76, recante Misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale, convertito, con modificazioni, nella L. 11/9/2020 n. 120, ha introdotto una disciplina provvisoria che, quanto alle condotte attive, ha limitato la responsabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti alle sole ipotesi dolose.

Il termine finale della delimitazione della responsabilità, originariamente fissato dal D.L. 76/2020 al 31 luglio 2021, è stato più volte prorogato: in sede di conversione, al 31 dicembre 2021; poi, dall’art. 51 c. 1, lett. h), D.L. 31/5/2021 n. 77, convertito, con modificazioni, nella L. 29/7/2021 n. 108, al 30 giugno 2023; quindi, dall’art. 1, c. 12-quinques, lett. a), D.L. 22/4/2023 n. 44, convertito, con modificazioni, nella L. 21/6/2023 n. 74, al 30 giugno 2024 e, infine, dall’art. 8 c. 5-bis D.L. 30/12/2023 n. 215, convertito, con modificazioni, nella L. 23/2/2024 n. 18, al 31/12/2024. 

Il caso
La Procura regionale della Corte dei conti evocava in giudizio alcuni carabinieri per la condanna al risarcimento del danno erariale da attribuirsi alla condotta dolosa di un brigadiere, che ricopriva il ruolo di cassiere, convenuto in via principale, e di altri militari, che svolgevano i ruoli di capi del servizio amministrativo e della gestione finanziaria, convenuti in via sussidiaria a titolo di colpa grave - commissiva per la firma e omissiva per il mancato controllo sulla documentazione contabile e sui conti - in conseguenza di un ammanco di cassa dovuto a plurime riscossioni di assegni non autorizzati, avvenute tra il 7/5/2010 e il 20/1/2021.

La Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Campania, su richiesta della Procura erariale, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 28, 81, 97 e 103 Cost., questioni di legittimità costituzionale dell’art. 21 c. 2 D.L. 76/2020, laddove prevede, per le condotte commissive, una temporanea limitazione della responsabilità amministrativa alle sole ipotesi dolose, in quanto priva di valida giustificazione e al di fuori della ratio che la disciplina intende perseguire.

La decisione 
La Consulta si è pronunciata con la sentenza 16 luglio 2024, n. 132.   

  • L’asserito contrasto con gli artt. 3 e 97 Cost. è stato ritenuto infondato. La Corte rileva che, per superare la grave crisi determinata dall’emergenza da COVID-19 e rimettere in movimento il motore dell’economia, il legislatore ha ritenuto indispensabile che l’amministrazione pubblica operasse senza remore e non fosse, al contrario, a causa della sua inerzia, un fattore di ostacolo alla ripresa economica. Le successive proroghe sono state determinate dalla necessità di semplificare e agevolare la realizzazione dei traguardi e degli obiettivi stabiliti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza - strumento europeo temporaneo di politica economica che mobilita risorse per il periodo compreso tra il 2021 e il 2026 - in attesa, peraltro, di una complessiva revisione della disciplina sulla responsabilità amministrativo-contabile. La pandemia ha colpito la (già fragile) economia italiana più di altri Paesi europei, segnando una caduta del PIL nel 2020 superiore a quella media dell’UE. Compromettere l’attuazione del PNRR avrebbe impedito la ripresa di un sentiero di crescita economica sostenibile e il superamento di alcuni divari economici, sociali e di genere. Ne deriva che, avuto riguardo a tale particolare contesto, può essere ritenuta non irragionevole la disciplina provvisoria oggetto di censura, la cui efficacia cesserà il 31 dicembre 2024, la quale, anche se indebolisce la funzione deterrente, limitando al dolo l’elemento soggettivo della responsabilità, risulta finalizzata ad assicurare la maggiore efficacia dell’attività amministrativa e, conseguentemente, la tutela di fondamentali interessi di rilievo costituzionale, quali il rispetto degli obblighi assunti in sede UE (artt. 11 e 117 c. 1 Cost.), la tutela dell’ambiente (art. 9 Cost.) e la realizzazione di un’economia sostenibile (art. 41 Cost.), l’equilibrio di bilancio e la sostenibilità del debito pubblico (art. 81 Cost.), gli interessi delle future generazioni (art. 9 Cost.), l’eguaglianza, anche di genere (art. 3 Cost.), e la coesione territoriale (artt. 5 e 119 Cost.). 
  • Anche la questione concernente la violazione dei principi di ragionevolezza e buon andamento della pubblica amministrazione, sotto il profilo del difetto di proporzionalità e congruità dello spettro applicativo della disposizione, è stata ritenuta non fondata. La Corte, premesso che l’intervento legislativo ha comunque un oggetto delimitato, riguardando solo le condotte commissive e non quelle “inerti” e “omissive”, osserva  che risulta non manifestamente incongrua la scelta legislativa iniziale, ma anche quella successiva, di combattere la “burocrazia difensiva” su “grande scala”, ingenerando un complessivo clima di fiducia tra gli agenti pubblici, volto a favorire la spinta dell’intera macchina amministrativa, che è sempre funzionalizzata alla cura di interessi pubblici, sia quando si estrinseca attraverso atti e provvedimenti, sia quando si estrinseca attraverso comportamenti materiali.
  • Allo stesso modo, non fondata è stata ritenuta la questione concernente la violazione del principio di eguaglianza, disparità di trattamento. Infatti, osserva la Corte, anche l’esercizio della funzione di controllo, al pari di quella di amministrazione attiva, può esplicarsi sia in condotte naturalisticamente commissive che omissive: in entrambi i casi, l’esenzione da responsabilità prevista dalla disposizione censurata riguarda esclusivamente le prime.
  • Da ultimo, le questioni concernenti la violazione degli artt. 28, 81 e 103 Cost., sono state ritenute inammissibili per inconferenza del parametro.

Il monito della Consulta 
Il Giudice delle leggi, tuttavia, con decisione monitoria, preso atto dell’imminente scadenza temporale dell’ultima proroga della disposizione censurata, sollecita il legislatore al varo di una complessiva riforma della responsabilità amministrativa, nella ricerca di un punto di equilibrio - tra i pericoli di ultradeterrenza e sottodeterrenza - tale da rendere, per gli amministratori pubblici, la prospettiva della responsabilità ragione di stimolo, e non di disincentivo.

In tal senso, ricorda che numerose sono le proposte illustrate nelle analisi scientifiche della materia: dall’adeguata tipizzazione della colpa grave; all’introduzione di un limite massimo (tetto) oltre il quale il danno non viene addossato al dipendente pubblico, con ulteriore previsione della rateizzazione del debito risarcitorio; alla modifica della disciplina del potere riduttivo del giudice contabile, con contestuale abbinamento di un’esenzione da responsabilità colposa per coloro che si adeguino alle sue indicazioni; fino alla risoluzione del problema della moltiplicazione delle responsabilità per i medesimi fatti materiali, che risultano, spesso, non coordinate tra loro.

In conclusione, resta necessario ristabilire una coerenza tra la disciplina e le strutturali trasformazioni del modello di amministrazione e del contesto istituzionale, giuridico e sociale in cui opera.


Articolo dell'Avv. Fabio Piccioni
 

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