Iter per liberare la strada consorziale impraticabile

Risposta del Dott.ssa Elena Conte

Quesiti
di Conte Elena
02 Luglio 2024

Tratto di strada Consorziale impraticabile causa massi e tronchi depositati sul tracciato (presumibilmente posizionati dal proprietario del fondo prospiciente), l'Ente ha deliberato il riconoscimento del pubblico uso di tale via, qual è l'iter corretto per procedere alla liberazione di tale strada? Può intervenire direttamente con operai comunali o deve emettere un provvedimento che obbliga il proprietario del fondo limitrofo alla liberazione?

Risposta

In linea generale un sindaco può, con ordinanza, imporre il ripristino di una strada vicinale qualora sia accertata la preesistenza di fatto dell'uso pubblico della strada, anche non da tempo immemorabile, e della sopravvenienza di un’alterazione dei luoghi che costituisca impedimento alla sua utilizzazione da parte della collettività (cfr. Consiglio di Stato, con la decisione n. 7831 del 1° dicembre 2003).

Al riguardo, ai fini dell’accertamento dell'uso pubblico, non sono determinanti le risultanze catastali o l’inclusione nell'elenco delle strade pubbliche, bensì le condizioni effettive in cui il bene si trova, atte a dimostrare la sussistenza dei requisiti del passaggio esercitato "iure servitutis publicae" da una collettività di persone qualificate dall'appartenenza ad una comunità territoriale, della concreta idoneità della strada a soddisfare esigenze di interesse generale, di un titolo valido ad affermare il diritto di uso pubblico.

Analoghi orientamenti giurisprudenziali (cfr. sez. Brescia I del TAR Lombardia, sentenza 25 luglio 2022 n. 734), hanno confermato che un bene privato, gravato da una servitù di uso pubblico, è sottratto alla disponibilità del proprietario che non può disporne l’interdizione, né limitarne l’uso.
Infatti, è noto che una strada privata, gravata da uso pubblico, si caratterizza per la sua destinazione al servizio di una collettività indeterminata di soggetti considerati uti cives, ossia quali titolari di un pubblico interesse di carattere generale, e non uti singuli, ossia quali soggetti che si trovano in una posizione qualificata rispetto al bene gravato: un uso da parte di una collettività indeterminata di persone sul bene privato.

Le caratteristiche indispensabili di questo diritto sono:

  • il passaggio esercitato iure servitutis pubblicae, da una collettività di persone qualificate dall’appartenenza ad un gruppo territoriale;
  • la concreta idoneità del bene a soddisfare esigenze di carattere generale, anche per il collegamento con la pubblica via;
  • un titolo valido a sorreggere l’affermazione del diritto di uso pubblico, che può anche identificarsi nella protrazione dell’uso da tempo immemorabile.

Di converso, non vi è uso pubblico qualora il passaggio venga esercitato unicamente dai proprietari dei fondi in dipendenza della particolare ubicazione degli stessi, ovvero da coloro che abbiano occasione di accedervi per esigenze connesse ad una privata utilizzazione, oppure, rispetto a strade destinate al servizio di un determinato edificio o complesso di edifici.

La prova della servitù di uso pubblico di una strada richiede, oltre all’uso pubblico, un atto pubblico o privato, ovvero l’intervenuta usucapione ventennale, fermo restando l’accertamento dell’idoneità della strada a soddisfare esigenze di carattere pubblico, con la conseguenza ovvia, quanto elementare, che una strada privata che non presenta questi “vincoli” (alias destinazione) d’uso a beneficio della collettività non potrà essere dichiarata ad uso pubblico, né l’Amministrazione avrebbe alcun interesse a dichiararla, mancando quel quid pubblico (ex art. 97 Cost) da porre a base motivazionale dell’atto, ai sensi dell’art. 3, della legge n. 241/1990.

A tal fine, il potere amministrativo legittimamente esercitabile sulla strada può essere fondato sulle seguenti ragioni:

  • art. 6, commi 4 (lettere b) e 5, del d.lgs. n. 285/1992, il quale prevede, tra le varie misure, che il sindaco può adottare a tutela della sicurezza pubblica o inerenti alla sicurezza della circolazione sulle strade comunali e vicinali, la possibilità di «stabilire obblighi, divieti e limitazioni di carattere temporaneo o permanente per ciascuna strada o tratto di essa, o per determinate categorie di utenti, in relazione alle esigenze della circolazione o alle caratteristiche strutturali delle strade, con particolare riguardo a quelle che attraversano siti inseriti nella lista del patrimonio mondiale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura (UNESCO)»;
  • il Sindaco ha il potere di disporre, per il tempo strettamente necessario, la sospensione della circolazione sulle strade vicinali, oltre a quelle comunali, di tutte o di alcune categorie di utenti per motivi di incolumità pubblica;
  • l’ordinanza sindacale, essendo espressione di discrezionalità tecnica, è sindacabile dal Giudice amministrativo solo se illogica, erronea o macroscopicamente ingiustificata;
  • non può ammettersi un intervento del proprietario mediante il ricorso all’art. 841, Chiusura del fondo, c.c., a fronte del quale «il proprietario può chiudere in qualunque tempo il fondo», proprio in considerazione del fatto che il bene è gravato da una servitù di passaggio, il cui esercizio del diritto (ossia, il passaggio pubblico) non può essere limitato;
  • l'esercizio del potere di autotutela possessoria delle strade vicinali è attribuito al Sindaco dall'art. 378 della legge 20 marzo 1865, all. F e dall'art. 15, d.l. Lgt 1° settembre 1918 n. 1446.

In definitiva, l’Amministrazione e non il privato:

  • può disciplinare l’uso di una strada vicinale;
  • in ragione di sicurezza può interdire il passaggio, anche solo a una parte di mezzi;
  • il proprietario del sedime della strada privata ad uso pubblico non può esercitare le facoltà concesse dall’art. 841 c.c.: ovvero non è consentito allo stesso «di limitare l’esercizio di una servitù di uso pubblico», neppure può limitarne l’uso o installare delle barriere di preclusione al transito.

Ferma restando un’accorta verifica preliminare in relazione all’uso pubblico, il Comune ha dunque almeno due vie per procedere alla liberazione della strada ovvero può emettere un provvedimento che obblighi il privato a rimuovere l’ostacolo, scelta tendenzialmente preferibile, oppure può intervenire direttamente, riversando le spese sostenute sul privato. 

Si richiama, infine, un recente orientamento sulla competenza relativa al potere di autotutela possessoria delle strade vicinali che, aderendo alla più recente giurisprudenza (cfr. TAR Campania, Salerno, sez. II, sent. 2 aprile 2020, n. 404), ha chiarito che, sebbene lo stesso fosse stato attribuito in passato al Sindaco dall'art. 378 della citata legge n. 2248 all. F del 1865 e dall'art. 15, d.l.lgt. 1° settembre 1918, n. 1446, deve ora ritenersi che sia stato trasferito ai dirigenti atteso che l'art. 107, comma 5, del TUEL fa espressamente salve solo le competenze del Sindaco previste dall'art. 50, comma 3 e dall'art. 54, e cioè le competenze espressamente attribuitegli dalla legge in materia di ordine e di sicurezza pubblica.


2 luglio 2024                           Elena Conte

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