Iscrizione anagrafica di cittadino straniero con permesso di soggiorno scaduto ospitato da un amico

Risposta del Dott. Andrea Dallatomasina

Quesiti
di Dallatomasina Andrea
04 Aprile 2024

Cittadino straniero ottiene permesso nel 2022 viveva in un comune di altra regione. 
Non ha mai presentato richiesta di residenza; ora si trasferisce nel nostro comune dove trova lavoro ed é ospite di un suo amico (in alloggio ERAP); nel frattempo il permesso di soggiorno scade; la Questura per il rinnovo chiede il certificato di residenza; il suo amico ospitante non vuole scriverlo nel suo nucleo famigliare; il cittadino si presenta e chiede di essere iscritto nei senza fissa dimora.

 

Risposta

Premettendo che per rinnovare un titolo di soggiorno non occorre l’iscrizione anagrafica ma dimostrazione della disponibilità di un alloggio (dimostrabile con la dichiarazione di ospitalità ex. articolo 7 del Decreto Legislativo 25 luglio 1998, n. 286) occorre provvedere all’iscrizione anagrafica della persona descritta nel quesito.

Innanzitutto partiamo dalla regolarità del soggiorno: per procedere all’iscrizione anagrafica occorre che il permesso di soggiorno sia stato rinnovato prima della scadenza o entro i 60 giorni dalla sua scadenza come previsto dalla Direttiva del Ministero dell’Interno del 5 agosto 2006 e dalla Circolare del Ministero dell’Interno n. 42 del 17 novembre 2006. Se rinnovato dopo i 60 giorni dalla scadenza non sarà possibile procedere all’iscrizione anagrafica ed occorre attendere il permesso di soggiorno rinnovato.

Se in regola con il permesso il problema è dove iscriverlo.
Se non occupa abusivamente l'immobile in cui dove abita, l'ufficiale d'anagrafe, come è noto, deve iscriverlo nel luogo in cui abita abitualmente.
Ricordo che l’occupazione è da ritenersi abusiva solamente quando chi occupa l’immobile ne è entrato in possesso con la violenza (tipico il caso di chi sfonda la porta di ingresso dell’abitazione) compiendo un reato (articolo 614 e 633 del Codice Penale) mentre le questioni relative alla regolarità edilizia e igienico sanitaria, al sovraffollamento, alle questioni fiscali e anche ai rapporti fra proprietario e inquilini o famigliari degli inquilini, alla durata del titolo di occupazione dell’alloggio, agli abusi edilizi, non riguardano l’anagrafe che deve registrare le persone esattamente nel luogo di dimora abituale.
A questa regola non si sottraggono gli alloggi di edilizia residenziale pubblica.
In caso di richiesta di iscrizione anagrafica di un parente o di un ospite del soggetto titolare del diritto di occupazione dell’immobile, è sufficiente la dichiarazione di quest’ultimo in merito alla sussistenza di tale legame, indipendentemente dalle clausole contrattuali tra le parti (locatore e locatario) che non vincolano l’operatore dell’Ufficiale d’Anagrafe.

In tali casi trova infatti applicazione la Legge 23 Maggio 1950 n. 253 la quale all’articolo 21 stabilisce che “Si presume l'esistenza della sublocazione, quando l'immobile risulta occupato da persone che non sono al servizio del conduttore o che non sono a questo legate da vincoli di parentela o di affinità entro il quarto grado, salvo che si tratti di ospiti con carattere transitorio. La presunzione stabilita nel comma precedente non si applica nei confronti delle persone che si sono trasferite nell''immobile assieme al conduttore.” 

A sostegno di questa tesi ci vengono in aiuto alcune sentenze della Cassazione, ed in particolare:

  • Sez. III, con la sentenza n. 477 del 22 Gennaio 1988 ha affermato che “Ai sensi dell'articolo 21 della legge n. 253 del 1950, la presunzione di sublocazione (al fine della risoluzione del contratto di locazione) nell'ipotesi in cui l'immobile locato risulti occupato da persona che non sia al servizio del conduttore o non sia parente od affine di quest'ultimo entro il quarto grado, ha natura relativa "iuris tantum" e può quindi essere superata dalla prova contraria, a carico del conduttore stesso, idonea a dimostrare che l'occupazione dell''appartamento da parte di estranei è avvenuta non a titolo di sublocazione, bensì a titolo di comodato o di mera ospitalità.”  
  • Sez. III, sent. N. 14343 del 19 Giugno 2009, dispone “… i divieti di ospitalità (non temporanea di persone estranee al nucleo familiare anagrafico) del contratto di locazione confliggono proprio con l'adempimento dei doveri di solidarietà (articolo 2 della Costituzione) che si può manifestare attraverso l'ospitalità offerta per venire incontro ad altrui difficoltà e possono altresì confliggere con la tutela dei rapporti sia all'interno della famiglia fondata sul rapporti famiglia matrimonio sia di una convivenza di fatto tutelata in quanto formazione sociale, o con l'esplicazione di rapporti amicizia.”
  • Sez. III, sent. n. 9931 del 18 Giugno 2012, dispone “Se la ospitalità - anche non temporanea e protratta nel tempo - non concreta ipotesi di presunzione di sublocazione e se da essa neppure è dato presumere una detenzione autonoma dell'immobile locato derivante da un concesso comodato, devesi necessariamente ritenere che la semplice durata di tale permanenza, in assenza di altre circostanze, non poteva essere assunta ad indizio grave e determinante idoneo a provare che ai suoi congiunti la conduttrice B. avesse accordato diritti propri del comodatario.”

Ciò significa che eventuali clausole che vietino al locatario il diritto di dare ospitalità a persone terze rispetto al contratto, ai fini dell'iscrizione anagrafica di queste ultime non hanno efficacia preclusiva

L'inosservanza di tali clausole attiene alla sfera dei rapporti privatistici tra proprietario e locatario. Il principio surrichiamato però si ritiene trovi applicazione solo nel caso di contratto di locazione valido e non scaduto.
Eventuali contenziosi sono di competenza dell’autorità giudiziaria a cui il proprietario dell’immobile si deve rivolgere per richiedere la risoluzione del contratto dall’affitto, l’ufficiale d’anagrafe in fase di dichiarazione di residenza non può e non deve entrare nel merito della vicenda ma ha l’unica responsabilità di verificare la sussistenza di un titolo legittimo di occupazione, che come visto nel caso di familiari e/o ospiti deriva dalla volontà del conduttore dell’immobile e dal suo diritto costituzionalmente garantito di dare ospitalità a chi vuole.

Diversamente se non detiene un titolo legittimo di occupazione, la persona non potrà essere iscritta all'indirizzo dichiarato, ma qualora manifesti la volontà di continuare a dimorare stabilmente nel Comune e gli accertamenti anagrafici confermino la veridicità di tale dichiarazione, l'ufficiale di anagrafe dovrà valutare l'opportunità di procedere all'iscrizione dell'interessato nella via territorialmente non esistente, in analogia all'iscrizione del "senza fissa dimora" disciplinata dall'articolo 2 della Legge 24 dicembre 1954, n. 1228.

L'articolo 5 del Decreto Legge 28 marzo 2014, n. 47, sancisce, infatti, il divieto di iscrivere in un alloggio chi lo occupa senza titolo "in re/azione all'immobile medesimo", e non prevede invece divieto assoluto di iscrizione anagrafica di colui che è privo di un titolo di occupazione di un immobile. I principi sanciti dalla legge anagrafica, in particolare del chiaro disposto dell'articolo 2 della legge 24 dicembre 1954, n. 1228, dispongono che tutte le persone che vivono e continueranno a vivere stabilmente sul territorio di un Comune debbano essere iscritte nell'anagrafe di quel Comune e, quindi, inserite in ANPR

Poiché il criterio generale e prevalente del "luogo della dimora abituale" non può essere applicato a coloro che abitino in un immobile occupato abusivamente, non è possibile individuare altra soluzione se non l'iscrizione "per domicilio", in analogia con le persone senza fissa dimora. Tale soluzione, alla guale si dovrà ricorrere solo come extrema ratio, garantisce il rispetto del diritto all'iscrizione anagrafica e, di conseguenza, di tutti i diritti costituzionalmente garantiti per i quali essa costituisce il presupposto fondamentale.


4 Aprile 2024            Andrea Dallatomasina 

Per i clienti Halley: ricorrente QD n.3267, sintomo n.3302
 

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