Illegittimo il disciplinare che obbliga il partecipante alla gara ad avere la disponibilità dell’impianto entro una distanza massima dalla sede operativa
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Una clausola del disciplinare di gara è illegittima se e in quanto introduce una oggettiva limitazione della concorrenza per ragioni diverse dalla tutela ambientale, nella misura in cui richiede un requisito di partecipazione estremamente stringente (10 km dalla sede operativa), nella piena consapevolezza di limitare la concorrenza a due soli operatori economici, nonostante la sussistenza di un mercato di riferimento estremamente vasto.
A sancirlo è l’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC), nella delibera n. 1/2024 (adunanza del 10 gennaio 2024), con cui ha emesso un Parere motivato ai sensi dell’articolo 220, comma 3, d.lgs. 36/2023.
L’importante pronuncia muove da una segnalazione, con la quale un operatore economico aveva evidenziato l’illegittimità della clausola del disciplinare di gara, che richiedeva quale requisito di idoneità professionale la disponibilità di un impianto di destino autorizzato al ritiro e al trattamento della frazione organica dei rifiuti urbani, in riferimento ai singoli lotti, come segue:
Secondo la segnalazione, tale previsione sarebbe limitativa della concorrenza, anche per violazione dell’articolo 108, comma 7, d.lgs. 36/2023 a mente del quale: “Ai fini della tutela della libera concorrenza e della promozione del pluralismo degli operatori nel mercato, le procedure relative agli affidamenti di cui al Libro II, parte IV, possono prevedere, nel bando di gara, nell'avviso o nell'invito, criteri premiali atti a favorire la partecipazione delle piccole e medie imprese nella valutazione dell'offerta e a promuovere, per le prestazioni dipendenti dal principio di prossimità per la loro efficiente gestione, l'affidamento ad operatori economici con sede operativa nell'ambito territoriale di riferimento. Le disposizioni di cui al terzo periodo si applicano compatibilmente con il diritto dell'Unione europea e con i principi di parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza e proporzionalità”.
Dall’esame della documentazione di gara è emerso che l’affidamento in oggetto, avviato con procedura aperta ex articolo 71, d.lgs. 36/2023, era suddiviso in 2 lotti, per una durata di 36 mesi, oltre proroga di 6 mesi e quinto d’obbligo, per un valore complessivo di € 4.428.360,00 (lotto 1) e di 1.476.360,00 (lotto 2).
In seguito a richiesta istruttoria, la stazione appaltante ha precisato che il requisito di idoneità professionale:
Le risultanze istruttorie e in particolare l’esame della documentazione di gara fornita dalla stazione appaltante hanno evidenziato, inoltre, che:
Quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento
Nella vigenza del precedente codice degli appalti (d.lgs. n. 50/2016), secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale (ex plurimis: Consiglio di Stato, Sez. V, 605/2019; Consiglio di Stato, Sez. V, 2238/2017; Delibera ANAC 1142/2018), era considerato illegittimo il requisito di partecipazione condizionato da una clausola territoriale, in quanto quest’ultima era ritenuta limitativa della concorrenza e della par condicio competitorum, anche se prevista nell’ambito degli affidamenti sotto soglia comunitaria.
Più recentemente, si è affermato che “sulla questione della legittimità delle clausole della lex specialis che prescrivono requisiti di partecipazione alla gara correlati ad elementi di localizzazione territoriale, o che ad essi attribuiscono un maggior punteggio in sede di valutazione delle offerte, la giurisprudenza ha avuto modo, anzitutto, di precisare che il criterio della territorialità è illegittimo soltanto ove posto come requisito di partecipazione, impattando frontalmente una previsione di tal tipo con i principi del favor partecipationis e della par condicio tra i concorrenti, in ogni possibile loro declinazione.
Viceversa, ove detto criterio venga posto quale requisito di esecuzione del contratto o rilevi come parametro per l’attribuzione di un punteggio aggiuntivo, la valutazione della compatibilità della clausola con i principi che informano la materia della contrattualistica pubblica dev’essere condotta caso per caso, non potendo a priori la valorizzazione del collegamento con il territorio ritenersi irragionevole” (TAR Calabria, Sez. staccata di Reggio Calabria, 30 novembre 2021, n. 901).
Sempre nella vigenza del precedente codice, in materia di appalti di rifiuti, la giurisprudenza ha talvolta considerato ammissibile un requisito di partecipazione condizionato dalla clausola di territorialità (disponibilità del sito di conferimento nel raggio di 30 km dal comune di Roma - Cons. St., V, 2238/2017 – o addirittura di n. 3 regioni - Cons. St., III, 2293/2020), in via eccezionale e sulla base della considerazione per cui tale clausola fosse concretamente prevista a tutela dell’ambiente, in applicazione del principio di prossimità previsto dall’articolo 181, d.lgs. n. 152/2006.
Di recente, tuttavia, in un caso relativo ad un affidamento diretto per la gestione del servizio integrato dei rifiuti, il Consiglio di Stato ha offerto un’illuminante interpretazione del rapporto tra i principi di prossimità (di cui all’articolo 181, d.lgs. 152/2006) e di concorrenza (operante nell’evidenza pubblica), affermando che:
“9.2. Il principio di “prossimità agli impianti di recupero”, pur essendo, a sua volta, connesso alla tutela ambientale, non comprime in maniera assoluta la concorrenza, consentendo, come sostenuto dalla Regione, l’affidamento diretto e senza gara di un appalto o di una concessione di servizi, ma permettere di valorizzare, in base a quello che si ricava dalla normativa nazionale e salva la pregiudiziale valutazione di compatibilità euro-unitaria ad opera della competente Corte sovranazionale, nell’ambito del procedimento di selezione dell’affidatario del servizio svolto mediante gara, quelle offerte che ne garantiscono maggiormente il rispetto.
9.3. In ragione di quanto sin qui affermato risulta l’infondatezza dei primi due motivi di appello.
9.4. L’infondatezza del primo motivo di appello va dichiarata in quanto l’art. 181, comma 5, d.lgs. n. 152/2006 non pone né implica la deroga dei procedimenti concorrenziali di selezione dei contraenti affidatari del servizio, ma, più semplicemente, prevede la possibilità di incentivare (“privilegiando”) quelle modalità di recupero e riciclaggio che sono “attuative” del principio di prossimità degli impianti di recupero” (Cons. St., IV, 7412/2023; sul punto cfr. anche l’atto di segnalazione dell’AGCM, adottato ex art. 21 L. 287/1990, del 22.12.2022 relativo “alle criticità concorrenziali nell’attuazione, da parte di alcune Regioni italiane, della Deliberazione dell’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (ARERA) del 3 agosto 2021, n. 363/2021/R/RIF “Approvazione del metodo tariffario rifiuti (MTR-2) per il secondo periodo regolatorio 2022-2025”. Individuazione degli impianti di chiusura del ciclo minimi “).
L’attuale quadro normativo innovato dal d.lgs. 36/2023 e il ruolo centrale e fondante del principio di accesso al mercato
Infatti, ancora più chiaramente, la relazione di accompagnamento al codice ha precisato che i “primi tre principi, devono essere utilizzati per sciogliere le questioni interpretative che le singole disposizioni del codice possono sollevare. Nel dubbio, quindi, la soluzione da privilegiare è quella che sia funzionale a realizzare il risultato amministrativo, che sia coerente con la fiducia sull’amministrazione, sui suoi funzionari e sugli operatori economici e che permetta di favorire il più ampio accesso al mercato degli operatori economici”.
Nell’ambito del nuovo codice, inoltre, i requisiti di partecipazione sembrano tassativi ed eventualmente integrabili prevalentemente in ottica pro-concorrenziale. Infatti:
Al contrario, le clausole territoriali, disciplinate dal citato articolo 108, comma 7, d.lgs. 36/2023 - che definisce i criteri di aggiudicazione degli appalti pubblici - sembrano essere esclusivamente previste quale requisito premiale, in quanto volte “a promuovere, per le prestazioni dipendenti dal principio di prossimità per la loro efficiente gestione, l'affidamento ad operatori economici con sede operativa nell'ambito territoriale di riferimento” compatibilmente “con il diritto dell'Unione europea e con i principi di parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza e proporzionalità”.
In sintesi, allo stato e sulla base dei più recenti approdi giurisprudenziali, il principio concorrenziale sembra prevalere rispetto al principio di prossimità ambientale.
Sicché, ove nell’ambito dell’evidenza pubblica sia necessario integrare i due principi, la clausola territoriale appare declinabile quale criterio premiale da valorizzare nell’ambito dell’offerta tecnica e non quale requisito di partecipazione.
Il parere dell’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) – Delibera n. 1/2024
Nel caso in esame, la disponibilità del sito di conferimento entro il raggio di 10 km, è prevista quale requisito di partecipazione, condizionante l’accesso alla procedura selettiva (come anche ribadito in sede di FAQ dalla stazione appaltante).
Secondo l’ANAC, tale clausola appare illegittima e all’evidenza limitativa della concorrenza in quanto, come visto, nel rinnovato quadro normativo e sulla base della più recente giurisprudenza, la clausola territoriale pare poter assumere rilievo esclusivamente quale elemento premiale ai sensi dell’articolo 108, comma 7, d.lgs. 36/2023.
Infatti, anche laddove la stazione appaltante avesse voluto introdurre la clausola di territorialità quale requisito di partecipazione, la stessa sarebbe comunque illegittima in considerazione della sua lesività in concreto per la concorrenza.
Nel caso di specie – evidenzia ancora l’ANAC - non è comunque invocabile il principio di prossimità ambientale, di cui all’articolo 181, d.lgs. 152/2006: le motivazioni sottese all’introduzione della clausola territoriale nella gara in esame sono, infatti, di natura esclusivamente economica e non costituiscono esplicazione di un interesse di natura ambientale ritenuto prevalente rispetto a quello concorrenziale, come del resto precisato dalla stessa stazione appaltante in sede di FAQ, e ribadito anche nella relazione istruttoria inviata all’Autorità.
In tal senso, i documenti di gara avrebbero ad esempio potuto imporre a carico dei concorrenti i maggiori costi derivanti da un trasporto verso un impianto ubicato a distanza superiore ai 10 km; una simile clausola avrebbe consentito una partecipazione più ampia, salvaguardando al contempo il diritto alla concorrenza e l’economicità della procedura.
Ma anche ove fosse invocabile, nel rinnovato quadro normativo, il principio di prossimità ambientale dovrebbe ritenersi recessivo rispetto al fondante principio di accesso al mercato, con la conseguenza che il coordinamento tra i due principi dovrebbe risolversi in favore del secondo.
Pertanto, anche in applicazione del principio di proporzionalità (richiamato dall’articolo 3, d.lgs. 36/2023), la clausola territoriale non pare poter assumere rilievo come requisito di partecipazione, quanto piuttosto come requisito premiale (ex articolo 108, co. 7, d.lgs. 36/2023).
Inoltre, a quanto riferito dalla stazione appaltante, già in sede di analisi preliminare delle condizioni di mercato era emersa l’esistenza di soli due impianti nel territorio di riferimento; sicché, la previsione della clausola territoriale pare attuativa di una specifica intenzione di limitare la concorrenza ai suddetti operatori economici.
Da ultimo, va soggiunto che la bozza di capitolato speciale non prevede nessuna conseguenza (es.: penali contrattuali o clausole risolutive espresse) in caso di mutamento del sito di destinazione, ciò confermando un effetto esclusivamente limitativo della concorrenza della citata clausola.
Pertanto – conclude l’ANAC - la clausola in esame è illegittima non solo sul piano astratto, nella misura in cui introduce una oggettiva limitazione della concorrenza per ragioni diverse dalla tutela ambientale, ma anche sul piano concreto, nella misura in cui richiede un requisito di partecipazione estremamente stringente (10 km dalla sede operativa), nella piena consapevolezza (esplicitata nella nota di riscontro alla richiesta istruttoria) di limitare la concorrenza a due soli operatori economici, nonostante la sussistenza di un mercato di riferimento estremamente vasto.
La lesività in concreto della citata clausola è, tra l’altro, comprovata anche a posteriori dal fatto che la partecipazione ad entrambi i lotti è stata estremamente ridotta (per il lotto 1 vi è stata addirittura una sola offerta) e limitata proprio ai soli due operatori preventivamente individuati, con evidenti risvolti negativi anche sul piano dell’economicità di una procedura in cui sia praticamente nota a priori la limitatissima platea dei concorrenti.
Alla luce delle criticità evidenziate, la stazione appaltante è stata invitata (dall’ANAC) ad annullare in autotutela gli atti di gara (bando, disciplinare di gara e atti conseguenziali medio tempore adottati, compresi i provvedimenti di aggiudicazione), stante la presenza dei vizi gravanti la lex specialis sopra esposti.
In sede di riedizione della gara, ove voglia valorizzarsi la clausola territoriale, è stato raccomandato di non prevederla quale predicato di un requisito di partecipazione, bensì quale elemento premiale dell’offerta tecnica, ciò implicando il ricorso al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, con l’ulteriore raccomandazione di prevedere comunque un punteggio proporzionato.
Articolo di Gaetano Alborino
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Risposta del Dott. Giovanni Suppa
Risposta della Dott.ssa Elena Turci
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