Sulle violazioni fiscali in materia di appalti non definitivamente accertate e la soglia di rilevanza di tali violazioni
T.a.r. per la Campania, Salerno, sezione II - Sentenza 29 maggio 2025, n. 995
Risposta del Dott. Alessandro Giordano
QuesitiIl nostro Ente deve emettere una fattura per un servizio che si ritiene essere non rilevante IVA. Si tratta di un accordo per l'espletamento di una gara che il nostro Ente effettua in qualità di "Stazione appaltante qualificata" nei confronti di un Ente "Stazione appaltante non qualificata" ai sensi degli artt. 62 e 63 del Dlgs 36/2023.
Si ritiene che la fattura vada emessa con addebito di IVA al 22%. Vorremmo un Vostro parere in proposito.
Con riferimento al quesito, posto che non si rinvengono ad oggi documenti di prassi a cura dell’Amministrazione Finanziaria sull’assoggettamento o meno ad imposta sul valore aggiunto per le prestazioni rese da amministrazioni appaltanti qualificate”, occorre definire compiutamente il quadro normativo di riferimento per poter fornire compiuto riscontro alla richiesta.
Il DPR 633/1972 esclude dall’applicazione dell’Iva tutte le operazioni in cui manca almeno uno dei seguenti tre requisiti:
L’art. 1 del DPR IVA, infatti, recita che “L'imposta sul valore aggiunto si applica sulle cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello Stato nell'esercizio di imprese o nell'esercizio di arti e professioni e sulle importazioni da chiunque effettuate”.
L’art. 63 del nuovo codice dei contratti pubblici (D.lgs. n. 36/2023) disciplina il sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti, istituendo un apposito elenco presso l’ANAC, di cui fanno parte le centrali uniche di committenza e i soggetti aggregatori. I requisiti per la qualificazione della stazione appaltante sono definiti in tre livelli (base, intermedia e avanzata) nell’allegato II.4 al codice dei contratti. Il rapporto tra la stazione appaltante “qualificata” e gli altri enti pubblici è usualmente disciplinato da una convenzione che ne individua ambiti di applicazione e rapporti.
In tema di rapporti tra pubbliche amministrazioni, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea si è pronunciata Ordinanza 6 febbraio 2020 richiamando alcuni orientamenti giurisprudenziali e concludendo che “è consentito agli stati membri di optare per un sistema, in cui venga prescelto il partenariato tra amministrazioni aggiudicatrici, in luogo del confronto concorrenziale a condizione che il relativo contratto realizzi “una cooperazione tra le amministrazioni aggiudicatrici partecipanti, finalizzata a garantire che i servizi pubblici che esse sono tenute a svolgere siano prestati nell’ottica di conseguire gli obbiettivi che esse hanno in comune, se l’attuazione di tale cooperazione è retta esclusivamente da considerazioni inerenti all’interesse pubblico e se le amministrazioni aggiudicatrici partecipanti svolgono sul mercato aperto meno del 20% delle attività interessate dalla cooperazione”.
Secondo la giurisprudenza della Corte comunitaria, tra gli appalti conclusi da enti pubblici, che non rientrano nell’àmbito di applicazione del diritto dell’Unione in materia di appalti pubblici, sono da annoverare “i contratti che istituiscono una cooperazione tra enti pubblici finalizzata a garantire l’adempimento di una funzione di servizio pubblico comune a questi ultimi (cfr., in tal senso, sentenza del 9 giugno 2009, Commissione/Germania, C-480/06, Racc. pag. I-4747, punto 37).
In tale ipotesi, le norme del diritto dell’Unione in materia di appalti pubblici non sono applicabili, a condizione che “tali contratti siano stipulati esclusivamente tra enti pubblici, senza la partecipazione di una parte privata, che nessun prestatore privato sia posto in una situazione privilegiata rispetto ai suoi concorrenti e che la cooperazione da essi istituita sia retta unicamente da considerazioni ed esigenze connesse al perseguimento di obiettivi d’interesse pubblico (cfr. sentenza Commissione/Germania, cit., punti 44 e 47 )”.
Ed ancora, l’art. 13 della Direttiva Comunità Europea del 28/11/2006 n. 112 sancisce che: “Gli Stati, le regioni, le province, i comuni e gli altri enti di diritto pubblico non sono considerati soggetti passivi per le attività od operazioni che esercitano in quanto pubbliche autorità, anche quando, in relazione a tali attività od operazioni, percepiscono diritti, canoni, contributi o retribuzioni. Tuttavia, allorché tali enti esercitano attività od operazioni di questo genere, essi devono essere considerati soggetti passivi per dette attività od operazioni quando il loro non assoggettamento provocherebbe distorsioni della concorrenza di una certa importanza”.
Stando a quanto sinora riportato è possibile delineare la seguente interpretazione in tema di IVA nei rapporti tra stazioni appaltanti (qualificate e non qualificate):
In attesa di un intervento risolutore da parte dell’amministrazione finanziaria, si ritiene che il servizio sia qualificabile come attività istituzionale e non sia da assoggettare a imposta sul valore aggiunto.
5 marzo 2024 Alessandro Giordano
Per i clienti Halley: ricorrente QR n. 5022, sintomo n. 5063
T.a.r. per la Campania, Salerno, sezione II - Sentenza 29 maggio 2025, n. 995
Risposta del Dott. Eugenio De Carlo
Risposta del Dott. Eugenio De Carlo
Risposta del Dott. Eugenio De Carlo
Corte dei conti, deliberazione n. 2, 16 gennaio 2025
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