Anche per la tettoia va rispettata la distanza legale

Approfondimento di Pippo Sciscioli

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di Sciscioli Pippo
02 Marzo 2018

Approfondimento di Pippo Sciscioli                                                                                          

Anche per la tettoia va rispettata la distanza legale

 Pippo Sciscioli

 

La costruzione di una tettoia è subordinata al rispetto delle distanze minime tra edifici fissate dalla legge e dalle norme tecniche di attuazione del piano regolatore generale.

Per una corretta applicazione della relativa normativa, infatti, il concetto di “costruzione” non va confuso con quello di “edificio”  ma va inteso come “maufatto”, anche non completamente interrato  e chiuso su quattro lati, purchè abbia i caratteri della solidità, stabilità, non facile amovibilità, anche tramite appoggio,  incorporazione o collegamento fisso ad un corpo di fabbrica o preesistente o realizzato contestualmente.

Per lo stesso motivo, la realizzazione di una tettoia è da qualificarsi, ai sensi dell’art.3 del dpr 380/01, come nuova costruzione che, come tale, richiede per la sua assentibilità il rilascio del permesso di costruire da parte del SUE comunale, non essendo sufficiente la Scia o Cila.

Essendo nuova costruzione, la tettoia è soggetta al rispetto delle distanze dell’art.907 c.c. e dello strumento urbanistico generale.

Il principio in materia edilizia viene  scolpito dal Consiglio di Stato con sentenza n.72/18, che consolida l’orientamento giurisprudenziale predominante, restrittivo in materia.

La tettoia infatti, pur non creando volumetria (perchè non è chiusa sui quattro lati), sviluppa l’indice edilizio della “superficie coperta”, cioè la proiezione a terra di un intervento edilizio: quindi è una trasformazione urbanistica, va valutata secondo gli altri indici dello strumento urbanistico (altezza, superficie coperta, distanze da confini e altri fabbricati, ecc,) e va assentita come un qualsiasi altro nuovo fabbricato, cioè con permesso di costruire.

Certamente non con SCIA, valido per la ristrutturazione edilizia.

Infatti  la nozione di costruzione, ai fini del rilascio della concessine edilzia, si configura in presenza di opere che attuino una trasformazione urbanistico-edilizia del territorio, con perdurante modifica dello stato dei luoghi, a prescindere dal fatto che essa avvenga mediante la realizzazione di opere murarie.”

Né sul punto può giustificarsi la qualificazione di tali interventi come “opere temporanee, precarie o  stagionali”.

Una cosa è l’opera precaria, pure contemplata dal dpr 380/01, altra è l’opera stagionale, priva di alcun fondamento di diritto positivo e frutto invece di unana stravagante creatività giuridica.

Infatti, si può definire temporanea e precaria  (esente dal permesso di costruire) quella struttura che, per la sua oggettiva funzione, reca in sé visibili i caratteri della durata limitata in un ragionevole lasso temporale e della sua funzione “precaria” e meramente servente e strumentale di un’altra principale.

Al contrario, una struttura amovibile, per esempio non costruita in cemento armato ma ancorata al suolo tramite bulloni, non è necessariamente anche precaria: ciò che la rende tale non è il materiale di cui è fatta né se sia smontabile agevolmente senza essere demolita, bensì la intrinseca funzione cui assolve, che deve essere oggettivamente parametrata ad un’esigenza limitata nel tempo.

E’ il caso proprio delle tettoie (per lo più in acciaio) che siano pertinenza di un impianto produttivo e costruite per il ricovero di mezzi e prodotto finito: queste non sono certamente manufatti precari, in quanto, anche se amovibili, sono permanenti, stabili nel tempo e destinati a soddisfare un’esigenza aziendale  propria e connessa al ciclo produttivo.

Pertanto, sono configurabili, dal punto di vista edilizio, come “nuove costruzioni”, sviluppano superficie coperta (anche se non volumetria) e sono assentibili con permesso di costruire nel rispetto degli indici del prg.

A nulla rileva, perciò, il fatto che tali strutture, come appunto le tettoie, possano essere installate per un periodo temporale più o meno lungo.

La stagionalità, infatti, è cosa diversa dalla temporaneità e dalla precarietà.

Quello che conta, insomma, sono le caratteristiche strutturali e l’oggettiva utilizzazione del manufatto asserito e qualificato in progetto come precario: è perciò necessaria un’attenta verifica del progetto che prescinda dalla dichiarata finalità soggettiva del costruttore e che, invece, sia oggettivamente molto più penetrante.

Illuminante, sul punto, è l’intervento della Corte di Cassazione- sezione terza penale- contenuto nella sentenza n.1191/112 secondo cui “La Corte deve ricordare che la giurisprudenza di questa Sezione afferma costantemente che la natura precaria di un intervento edilizio non coincide "con la temporaneità della destinazione soggettivamente data all'opera dal costruttore, ma deve ricollegarsi alla intrinseca destinazione materiale dell'opera ad un uso realmente precario e temporaneo, per fini specifici, contingenti e limitati nel tempo, con conseguente possibilità di successiva e sollecita eliminazione" (Sezione Terza Penale, sentenza 27 maggio 2004, Polito). Sotto diverso profilo, non sussiste coincidenza fra precarietà e stagionalità dell'opera, posto che le opere stagionali sono destinate a soddisfare bisogni che si perpetuano nel tempo, anche se in determinati periodi dell'anno, e come tali costituiscono interventi che incidono sui beni tutelati dalla legislazione edilizia e necessitano di permesso di costruire (Terza Sezione Penale, sentenza n. 35498 del 6 luglio 2007, Filigrana; sentenza n. 12428 del 7 febbraio 2008, Fioretti). Inoltre, è stato affermato che "la natura precaria di una costruzione non dipende dalla natura dei materiali adottati e quindi dalla facilità della rimozione, ma dalle esigenze che il manufatto è destinato a soddisfare e cioè alla stabilità dell'insediamento, indicativa dell'impegno effettivo e durevole del territorio. Alla luce dei principi così richiamati, appare pienamente condivisibile il principio interpretativo con riferimento ad un box di non modeste dimensioni che è stato posizionato alla fine della stagione e che è rimasto in sede per due stagioni: tutti elementi che non illogicamente sono stati ritenuti incompatibili con il preteso carattere di precarietà dell'opera”.

21 febbraio 2018

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