Approfondimento di Eugenio De Carlo
Servizi Comunali Amministratori localiLa Corte dei conti sez. controllo per l’Abruzzo propone la rimessione Sezione Autonomie la questione interpretativa del versamento della contribuzione previdenziale forfettaria in favore degli amministratori locali (art. 86 TUEL).
Con la deliberazione n. 27/2018/PAR del 23 febbraio scorso la Sezione di controllo contabile dell’Abruzzo ha proposto la rimessione alla Sezione Autonomie la questione in ordine al versamento della contribuzione all’amministratore esercente la libera professione ai sensi dell’art. 86 TUEL, ponendo il seguente quesito di diritto: “Se sia costituzionalmente orientata l’esegesi della giurisprudenza contabile secondo la quale l’art. 86, comma 2, TUEL, nella parte in cui richiama lo ”stesso titolo del comma 1”, impone all’amministrazione locale di procedere al pagamento dei contributi forfettari di legge agli istituti previdenziali dei lavoratori non dipendenti - investiti di un mandato elettivo - unicamente nel caso di avvenuta formalizzazione, da parte di questi ultimi, di una rinuncia all’attività professionale per tutta la durata della carica, similmente a quanto previsto dal comma 1 della stessa disposizione riguardo i lavoratori dipendenti collocati in aspettativa non retribuita”.
La questione sorge a seguito di un parere richiesto dal Sindaco del Comune di L’Aquila in relazione ad una sentenza del giudice del lavoro di condanna dell’Amministrazione locale al versamento della contribuzione previdenziale forfettaria ex articolo 86 TUEL in favore di un assessore esercente la professione forense e pur in assenza di un’attestazione del medesimo di rinuncia dell’esercizio dell’attività professionale per la durata del mandato elettivo.
Al riguardo, infatti, la giurisprudenza contabile da diverso tempo configura l’attestazione predetta quale presupposto necessario del versamento .
Pertanto, la Sezione abruzzese ha posto la questione di come debba conciliarsi l’emerso contrasto interpretativo tra i due organi giurisdizionali, quello contabile e quello del lavoro.
L'articolo 86 del D.Lgs. n. 267/2000 e s.m. stabilisce che l'Amministrazione locale prevede a proprio carico al versamento degli oneri assistenziali, previdenziali e assicurativi ai rispettivi istituti previdenziali per i Sindaci, per i Presidenti di provincia, per i Presidenti di comunità montane, di unioni di comuni e di consorzi fra enti locali, per gli Assessori provinciali e per gli Assessori dei comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti, per i Presidenti dei consigli dei comuni con popolazione superiore a 50.000 abitanti, per i Presidenti dei consigli provinciali “che siano collocati in aspettativa non retribuita ai sensi del presente testo unico”; il secondo comma dell’articolo 86 prevede poi che “agli amministratori locali che non siano lavoratori dipendenti e che rivestano le cariche di cui al comma 1, l'amministrazione locale provvede, allo stesso titolo previsto dal comma 1, al pagamento di una cifra forfettaria annuale, versata per quote mensili.
Il decreto ministeriale 25 maggio 2001 adottato ai sensi della predetta disposizione stabilisce, all’articolo 1, che per i lavoratori non dipendenti che rivestano una delle cariche elettive di cui all'articolo 86 TUEL “gli enti locali versano quote forfettarie annuali, da pagare mensilmente, a favore delle forme pensionistiche presso le quali i predetti soggetti erano iscritti o continuano ad essere iscritti alla data di conferimento del mandato, da determinare, in riferimento a ciascun istituto di previdenza ed assistenza, secondo i criteri di cui all'art. 2”; detto articolo 2 prescrive, quindi, che le quote forfettarie annuali da versare ai sensi dell'articolo 1 sono determinate secondo i criteri ivi indicati per ciascuna categoria di lavoratori autonomi (artigiani, commercianti, coltivatori diretti, mezzadri e coloni, avvocati) contemplata nella norma.
Il contrasto tra i giudici ordinari ed i giudici contabili riguarda l'interpretazione dell’inciso di cui al comma 2 dell'articolo 86 che riguarda i lavoratori “non dipendenti” investiti dell'incarico pubblico e per i quali è previsto il pagamento di una cifra forfettaria annuale "allo stesso titolo previsto dal comma 1".
La giurisprudenza contabile è unanime nell’affermare che “la possibilità per un Comune di farsi carico, secondo i criteri stabiliti nel decreto interministeriale 25 maggio 2001, del pagamento degli oneri previdenziali, assistenziali e assicurativi dovuti per l'attività libero professionale svolta dal sindaco, prevista dall' art. 86, comma 2, D.Lgs. n. 267 del 2000, è subordinata all'effettivo mancato svolgimento dell'attività professionale. Ciò in considerazione della stretta correlazione esistente tra la disposizione contenuta nel citato comma 2, concernente gli amministratori che non sono lavoratori dipendenti, e quella del comma 1 dello stesso art. 86, riguardante gli amministratori che hanno la qualifica di lavoratori dipendenti, per i quali l'assunzione dell'onere contributivo da parte dell'ente pubblico è subordinata al loro collocamento in aspettativa non retribuita. Sarebbe del tutto illogico e discriminante, infatti, far derivare dalla natura dell'attività lavorativa svolta, di lavoro dipendente o autonomo, un differente trattamento economico dell'amministratore. A ciò si aggiunga che il pagamento dell'onere contributivo all'amministratore non dipendente che continui a svolgere la propria attività professionale determinerebbe un'alterazione delle condizioni di mercato, ponendolo in una posizione d'ingiustificato vantaggio rispetto agli altri operatori del settore” (da ultimo, Corte dei conti, Sezione regionale di controllo dell’Emilia Romagna, n. 154/2017/PAR; Corte dei conti, Sezione regionale di controllo dell’Abruzzo, n. 118/2017/PAR).
La giurisprudenza ordinaria, tuttavia, critica il presupposto dell’esegesi patrocinata dal giudice contabile sulla scorta dell’assunto per cui lavoratori autonomi e lavoratori dipendenti non possono essere equiparati, ritenendo che il diritto alla conservazione del posto di lavoro ex articolo 51, comma 3, della Costituzione riconosciuto al “lavoratore non dipendente” chiamato a svolgere funzioni pubbliche elettive, sarebbe vulnerato laddove, seguendo l’esegesi della giurisprudenza contabile, si dovesse subordinare alla cessazione dell'attività professionale del medesimo l'obbligo dell'accollo della contribuzione previdenziale da parte dell’ente locale.
Detto in altri termini, mentre il diritto alla conservazione del posto di lavoro ex articolo 51, comma 3, della Costituzione, sarebbe garantito per i lavoratori dipendenti con l’istituto dell’aspettativa non retribuita ex articolo 81 TUEL (o con altri istituti previsti per talune categorie di dipendenti come quello dell’aspettativa d’ufficio), per i lavoratori “non dipendenti”, invece, il diritto alla “conservazione del posto di lavoro” rectius dell’attività lavorativa sarebbe garantito proprio consentendo agli stessi di (continuare a) esercitare della professione (seppure con “tempi” ridotti) in concomitanza con il mandato elettivo; ciò in quanto la rinuncia all’attività lavorativa autonoma si tradurrebbe in una vulnerazione del diritto costituzionalmente garantito alla “conservazione del posto di lavoro”.
In questo senso, quindi, deporrebbe la giurisprudenza costituzionale, secondo cui l'articolo 51, comma 3, della Costituzione, attribuisce direttamente al cittadino, che é chiamato a funzioni pubbliche elettive, due diritti soggettivi: quello di disporre del tempo necessario al loro adempimento e quello di conservare il suo posto di lavoro (Corte costituzionale, n. 6/1960).
Questa norma costituzionale, si è precisato, “non contiene un rinvio alla legge ordinaria per la disciplina dell'esercizio dei diritti da essa garantiti. Ciò non esclude, come la Corte ha già avuto occasione di affermare per casi analoghi, la possibilità che la legge ordinaria emani norme relative alle modalità di esercizio dei detti diritti individuali, a condizione, s'intende, che tali norme non siano tali da menomare i diritti stessi” (Corte costituzionale, n. 6/1960). Dunque, alla luce dei suddetti contrasti che possono generare esborsi a danno degli enti locali a seguito del contenzioso che può generarsi in materia, è stato ritenuto utile dalla Sezione abruzzese l’adozione di una delibera di orientamento relativamente al suddetto quesito di diritto.
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