Documentazione proveniente dall'estero per variazioni anagrafiche

Risposta di Andrea Dallatomasina

Quesiti
di Dallatomasina Andrea
07 Dicembre 2023

Un cittadino italiano (di origine senegalese), iscritto in anagrafe come stato civile ignoto, chiede che venga indicato in anagrafe come coniugato e presenta il certificato di matrimonio tradotto e legalizzato, non trascrivibile perché manca la volontà dei coniugi.

Si chiede se tale certificato, pur non trascritto, possa però essere utilizzato per effettuare la variazione anagrafica, o se anche anagraficamente si debba verificare la condizione della non contrarietà.

Risposta

La funzione pubblica della banca dati anagrafica è inquadrata dalla Legge 24 dicembre 1954, n. 1228, e dal dPR 30 maggio 1989, n. 223 e la sua autorevolezza quale base di dati di interesse nazionale è confermata dall'articolo 62 del Decreto Legislativo 7 marzo 2005, n. 82, in materia di ANPR.

L'intero assetto del sistema anagrafico si basa sul principio della presunzione di esattezza dei dati, che appunto è elemento costituto dell'attività certificativa dell'anagrafe.

Le recenti riforme in materia di anagrafe nazionale e dei servizi connessi (si pensi alla visura del cittadino, ma anche all'evoluzione della certificazione online "da chiunque e per chiunque") hanno rafforzato l'esigenza di una banca dati il più possibile esatta, viste le responsabilità dell'ufficiale d'anagrafe nella registrazione dei dati. Il concetto fondamentale è il seguente: tutto ciò che è registrato in anagrafe deve essere documentato.

La documentazione proveniente dall'estero, tuttavia, per il cittadino straniero è mezzo idoneo a causare qualsiasi tipo di variazione di dati personali, a cominciare da quelli costitutivi dell'identità (cognome, nome, data e luogo di nascita), fino naturalmente alla cittadinanza, dato fondamentale in quanto consente, ai sensi della Legge 31 maggio 1995, n. 218, di collegare il soggetto a un Paese che potrà quindi documentare in modo "forte" i propri dati. Si pensi, banalmente, alla funzione certificativa del passaporto o delle certificazioni o attestazioni consolari.

La documentazione comprovante gli status personali e i legami dovrà quindi essere rilasciata dalle autorità dello Stato di cui l’interessato è cittadino (o comunque della competente autorità estera, qualora l'evento sia accaduto in altro Paese), in applicazione anche dell’art. 14 del dPR 30 maggio 1989, n. 223, che semplicemente recita: "atti autentici che ne dimostrino la composizione, rilasciati dalle competenti autorità dello Stato di provenienza", dovendosi però interpretare in maniera estensiva tale ultimo concetto, come appena detto.

La generica formulazione lascia inevitabilmente spazio a un margine di flessibilità che l'operatore deve avere: nel concetto di atti possono infatti rientrare certificati, attestati ma anche libretti di famiglia, stati di famiglia e persino passaporti in cui sono indicate relazioni di parentela.

Occorre rimarcare, tuttavia, l’impossibilità di avvalersi dell’autocertificazione, trattandosi di dato personale da registrare in anagrafe e di status che consente l'esercizio del diritto di soggiorno. Laddove il legislatore ha inteso favorire l’acquisizione di uno status mediante autocertificazione, come accade con la vivenza a carico (che non costituisce tuttavia dato anagrafico) lo ha fatto con specifiche disposizioni.

Nel caso in esame se il certificato di matrimonio presentato all’ufficiale d’anagrafe è regolarmente tradotto in italiano e dotato di timbro apostille (sia sul documento originario che sulla traduzione) si ritiene che sia idoneo per aggiornare il campo “stato civile” nella scheda anagrafica del cittadino, da “IGNOTO” a “CONIUGATO”.

5 dicembre 2023           Andrea Dallatomasina

 

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