Riconoscimento paterno del figlio maggiorenne straniero nato all'estero
Risposta della Dott.ssa Grazia Benini
Risposta di Andrea Dallatomasina
QuesitiUn cittadino albanese chiede di fare "l'invito" a venire in Italia alla moglie e ai figli che sono residenti in Albania. È una procedura a me sconosciuta.
Si chiede in cosa consista e quali sono le modalità di invito.
La lettera di invito, predisposta dal Ministero degli Esteri come allegato n. 3 alla Circolare MAE n. 14 del 24 ottobre 2001, è un documento tramite il quale un cittadino straniero regolarmente soggiornante nel territorio italiano o un cittadino italiano, può invitare in Italia un cittadino straniero garantendo nel contempo all’Autorità diplomatica italiana all’estero che rilascia il visto, vitto e alloggio in Italia della persona da invitare.
La lettera invito deve essere quindi compilata e sottoscritta dal soggetto che dimora stabilmente in Italia, dovrà poi essere inviata al soggetto che si intende ospitare. Quest’ultimo dovrà presentarla all’Autorità diplomatica italiana del Paese di origine, al fine di ottenere il visto d’ingresso.
L’intervento del funzionario incaricato dal Sindaco potrebbe esserci per l’eventuale autentica della sottoscrizione e vediamo perché.
La lettera invito presenta un contenuto “ibrido” poiché risulta essere al tempo stesso una dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà prevista dall’articolo 46 del dPR 28 dicembre 2000, n. 445, e una manifestazione di volontà con la quale il dichiarante si impegna a fornire alloggio, sostenere eventuali oneri a favore dello straniero richiedente il visto nonché a compiere altri adempimenti richiesti dalle Ambasciate o dai Consolati italiani ai fini del rilascio del visto di ingresso.
Questo secondo aspetto della lettera di invito (l’impegno rivolto al futuro) continua a destare molte perplessità ed incertezze da parte dei funzionari comunali incaricati all’autentica delle sottoscrizioni; tali dubbi possono essere agevolmente superati richiamando la Circolare del Ministero dell’Interno n. 10 del 30 luglio 1993 la quale, pur essendo finalizzata a chiarire la corretta interpretazione dell’articolo 20 della Legge 4 gennaio 1968, n. 15, norma notoriamente abrogata, esprime principi generali ancora attuali ed applicabili e ciò in ragione del fatto che le norme in materia di istanze e dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà rivolte alla P.A, e ai gestori di pubblici servizi, contenute nella suddetta legge n. 15/1968, sono state sostanzialmente riprodotte nel vigente dPR 28 dicembre 2000, n. 445.
La suddetta Circolare n. 10/1993 chiarisce in particolare che “la volontà del soggetto viene considerata dalla legge solo in quanto rivolta a compiere la dichiarazione alla quale poi la legge stessa attribuisce certi effetti tipici, non influenzata dalla volontà del soggetto stesso.
Tali dichiarazioni sono considerate dalla dottrina come meri atti giuridici che si differenziano dai negozi giuridici ove la norma apprezza la volontà manifestata in quanto diretta alla produzione di un effetto giuridico ulteriore previsto e voluto dal soggetto e riconosciuto e garantito dall'ordinamento giuridico.
É evidente quindi che nelle ipotesi in considerazione la dichiarazione di volontà espressa dall'interessato non produce direttamente alcun effetto giuridico.
Dalle suesposte considerazioni ne consegue che, ad avviso di questo Ministero, tra le autentiche di sottoscrizioni da effettuarsi ai sensi dell'articolo 20 della legge 4 gennaio 1968, n. 15, (leggasi attuale articolo 21 del dPR 28 dicembre 2000, n. 445) rientrano anche quelle dichiarazioni di impegno richieste per la partecipazione ad un concorso od al fine di ottenere, più genericamente, un determinato provvedimento da una pubblica amministrazione.
Al contrario si conferma che rimangono escluse tutte quelle manifestazioni di volontà di carattere «negoziale» intercorrenti fra privati ovvero inerenti rapporti privatistici quali ad esempio le accettazioni, rinunce di incarichi o le procure.”
Ora, se è vero che la legge n. 15/1968 è stata abrogata per effetto dell’entrata in vigore del dPR 28 dicembre 2000, n. 445, ed è altrettanto indubbio che i principi da essa enunciati all’articolo 20 sono stati sostanzialmente trasfusi nell’articolo 21 di tale decreto presidenziale, i chiarimenti espressi dal Ministero dell’Interno nella sopra richiamata Circolare n. 10/1993 possono ritenersi tuttora vigenti e applicabili.
Alla luce di tali considerazioni, la “lettera d’invito”, richiesta per l’ottenimento del visto di ingresso, risulta rientrare nella tipologia di dichiarazioni la cui sottoscrizione è di competenza del funzionario incaricato dal Sindaco e quindi, se richiesto, non è corretto opporre rifiuto a tale adempimento.
Rimane il fatto che le Autorità diplomatiche italiana all’estero che pretendono l’autentica della sottoscrizione di tale lettera d’invito commettono una palese violazioni dei principi di cui all’articolo 38 del dPR 28 dicembre 2000, n. 445; peraltro, in applicazione dei suddetti principi di semplificazione amministrativa, lo stesso allegato n. 3 alla Circolare MAE n. 14 del 24 ottobre 2001 in calce prevede correttamente la sottoscrizione del dichiarante e l’allegazione del relativo documento di riconoscimento quale unica formalità necessaria ai fini della ricevibilità della dichiarazione stessa.
2 Ottobre 2023 Andrea Dallatomasina
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