La disciplina dell’equo compenso e gli affidamenti degli incarichi/servizi legali

Servizi Comunali Incarichi professionali
di De Carlo Eugenio
13 Febbraio 2018

Approfondimento del Dott. Eugenio De Carlo                                                                      La disciplina dell’equo compenso e gli affidamenti degli incarichi/servizi legali

 

Eugenio De Carlo

 

L’art. 17 del d.lgs. n. 50/2016 esclude l’applicazione delle disposizioni recate dal Codice ai contratti  concernenti uno qualsiasi dei seguenti servizi legali:

1) rappresentanza legale di un cliente da parte di un avvocato ai sensi dell'articolo 1 della legge 9 febbraio 1982, n. 31, e successive modificazioni:

1.1) in un arbitrato o in una conciliazione tenuti in uno Stato membro dell’Unione europea, un paese terzo o dinanzi a un'istanza arbitrale o conciliativa internazionale; 

1.2) in procedimenti giudiziari dinanzi a organi giurisdizionali o autorità pubbliche di uno Stato membro dell’Unione europea o un Paese terzo o dinanzi a organi giurisdizionali o istituzioni internazionali;

2) consulenza legale fornita in preparazione di uno dei procedimenti di cui al punto 1), o qualora vi sia un indizio concreto e una probabilità elevata che la questione su cui verte la consulenza divenga oggetto del procedimento, sempre che la consulenza sia fornita da un avvocato ai sensi dell'articolo 1 della legge 9 febbraio 1982, n. 31, e successive modificazioni.

Tuttora si dibatte se detti affidamenti, specie per quanto riguarda quelli di patrocinio ossia di difesa in giudizio, si configurino in termini di appalti di servizio in senso stretto, secondo la qualificazione data dal Codice, o come contratti d’opera professionale secondo il Codice civile. In ogni caso, a prescindere dalla qualificazione, gli affidamenti legali sono pacificamente ritenuti soggetti ai principi del Codice di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento,trasparenza,  proporzionalità, pubblicità, ecc.

Si pone, quindi, il problema del compenso da riconoscere in ordine alle prestazioni legali rese in favore della PA, specie dopo l’introduzione del principio del c.d. equo compenso  previsto dall’art. 19-quaterdecies (Introduzione dell'articolo 13-bis della legge 31 dicembre 2012, n. 247, in materia di equo compenso per le prestazioni professionali degli avvocati) del DL n. 148/2017, convertito con modifiche nella legge n. 172/2017, come modificata dalla legge di bilancio n. 205/2017.

La normativa sull'equo compenso per i professionisti è entrata in vigore il 6 dicembre 2017,  al fine di tutelare il professionista in caso di squilibrio contrattuale,  prevendo che  il compenso delle prestazioni professionali deve risultare proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, nonché al contenuto e alle caratteristiche della prestazione.

Per le professioni ordinistiche è previsto che l'equo compenso sarà valutato tale in rapporto alle tabelle ministeriali dei parametri utilizzati in sede giudiziale. Quindi, per gli avvocati va utilizzato il decreto del Ministero della Giustizia n. 55 del 10 marzo 2014 "Nuovi Parametri Forensi, in attuazione della riforma dell'ordinamento professionale (legge 31 dicembre 2012, n. 247), in attesa dell’entrata in vigore delle modifiche già predisposte ed approvate dal Ministro della Giustizia.

La disciplina sull’equo compenso ha introdotto una disposizione di principio a cui la PA si deve attenere, in attuazione dei principi di trasparenza, buon andamento ed efficacia delle proprie attività, garantendo il principio dell'equo compenso in relazione alle prestazioni rese dai professionisti in esecuzione di incarichi conferiti dopo la data di entrata in vigore della legge di conversione del citato decreto.

L’intervento normativo avviene dopo che sia la giurisprudenza contabile (v. C.d.C. sez. contr. Calabria, deliberazione n. 6/2016) sia quella amministrativa (v. Cons. Stato, Sez. V, sent.n.4614/2017), avallate anche dal MIT (v. Comunicato stampa del 5 ottobre 2017 - 16 ottobre 2017/ Risposta Mit a interrogazione parlamentare), hanno ammesso la possibilità di incarichi professionali a titolo gratuito, ritenendo che la garanzia di serietà e affidabilità della prestazione non necessariamente trova motivazione nel compenso. Infatti, è stato ritenuto che al libero professionista è consentita la prestazione gratuita per i motivi più vari che possono consistere nell’“affectio”, nella “benevolentia”, come anche in considerazioni di ordine sociale o di convenienza, o ragioni di ordine curriculare,  nonché persino avuto riguardo ad un personale ed indiretto vantaggio.

Inoltre, seri dubbi sulla novità legislativa dell’equo compenso sono stati espressi dall’Antitrust, nella segnalazione del 24.11.2017, secondo cui il descritto intervento normativo determinerebbe un’ingiustificata inversione di tendenza rispetto all’importante ed impegnativo processo di liberalizzazione delle professioni, in atto da oltre un decennio e a favore del quale l’Autorità si è costantemente pronunciata. Si tratta - a dire dell’Autorità -  di misure che, al di là delle motivazioni che le vorrebbero giustificare, ripropongono appieno gli stessi problemi concorrenziali che l’Autorità ha avuto in più occasioni modo di segnalare in tema di tariffe minime sulla scorta anche delle decisioni della Corte di Giustizia Europea secondo cui il divieto di determinare onorari più bassi e l’impossibilità per il giudice di liquidare questi importi sono incompatibili col Trattato Ue (arg. da C. Giust. UE sent. del 23.11.2017 causa C-427/16 e C-428/16).

Nell’ambito del quadro normativo e interpretativo suddetto, quindi, si pone il problema di come applicare da parte delle Pubbliche Amministrazioni, compresi gli EELL, il principio suddetto, rendendolo compatibile con le note esigenze di contenimento delle spese, soprattutto nel settore legale, particolarmente incidenti sui bilanci.

In attesa dei primi significativi pronunciamenti giurisprudenziali,  si è dell’avviso che, una volta esclusa - come ritenuto da alcune recenti pronunce (cfr. TAR Puglia, Bari, Sez. II – sent. n. 1289/2017; TAR Puglia, Lecce, Sez. I, sent. n. 68/2017 ) - la scelta del legale sulla base del mero criterio economico (esclusivo o comunque preponderante) dell’offerta-prezzo più bassa, in quanto inidoneo ad assicurare che la misura del compenso deve essere adeguata all’importanza dell’opera e al decoro della professione, occorra orientarsi verso il criterio della qualità/prezzo, facendo prevalere la maggiore caratterizzazione dell’offerta tecnica di una rispetto all’altra in termini di spendita di requisiti professionali, tenuto conto delle materie oggetto di assistenza legale (cfr. TAR Abruzzo – Pescara, Sez. I, sent. n. 361/2017).

Il predetto criterio qualità/prezzo, peraltro, appare maggiormente adatto ad incarichi legali che sia in termini di servizi che di vero e proprio patrocinio legale siano destinati a svolgersi nel tempo e per un certo numero significativo di questioni e/o di giudizi, mentre in caso di singole prestazioni di servizio e/o di patrocinio la PA potrà avvalersi, nell’ambito delle soglie che consentono affidamenti diretti o procedure negoziate ristrette in base all’art.36 Codice d.lgs. n.50/2016, del criterio prezzo, sulla base di preventivi, consultando uno o più legali nel rispetto dei principi di rotazione, trasparenza, ecc., contrattando con gli stessi le migliori condizioni contrattuali per l’Ente in equilibrato rapporto rispetto alla natura ed alla qualità della prestazione richiesta al professionista, avendo come parametro di riferimento, al momento invalicabile al ribasso, quello delle tariffe professionali minime (in attesa - come detto - dei primi autorevoli pronunciamenti giurisprudenziali).

 

11 gennaio 2018

 

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