Limiti del sindacato giurisdizionale della Corte dei conti sugli atti della PA

Servizi Comunali Atti amministrativi
di De Carlo Eugenio
31 Gennaio 2018

Approfondimento del Dott. Eugenio De Carlo                                                                              

La Corte dei conti può sindacare il merito delle scelte discrezionali della PA verificandole anche alla congruità dei singoli atti compiuti rispetto ai fini imposti, in via generale o in modo specifico, dal legislatore.

 

Eugenio De Carlo

 

Con recentissima decisioni a Sezioni Unite, la Corte di Cassazione (sent. 19.1.2018, n. 1408), chiamata  a pronunciarsi sul ricorso di un amministratore in ordine alla condanna per danno erariale riconosciuto dalla Corte dei conti a causa della concessione di aree per finalità espositive a fronte di un canone non congruo, ha precisato gli spazi della “riserva di amministrazione” non sindacabile nel merito da parte del giudice contabile.

La Suprema Corte ha rammentato che l’insindacabilità nel merito delle scelte discrezionali compiute da soggetti sottoposti, in astratto, alla giurisdizione della Corte di Conti, non ne comporta la sottrazione a ogni possibile controllo. L’insindacabilità nel merito sancita all’art. 1, comma 1, L. n. 20 del 1994, infatti, non priva la Corte dei conti della possibilità di accertare la conformità alla legge dell’attività amministrativa, verificandola anche sotto l’aspetto funzionale, in ordine, cioè, alla congruità dei singoli atti compiuti rispetto ai fini imposti, in via generale o in modo specifico, dal legislatore.

Infatti, limite all’insindacabilità delle scelte discrezionali della pubblica amministrazione è l’esigenza di accertare che l’attività svolta si sia ispirata a criteri di ragionevole proporzionalità tra costi e benefici.

La Corte dei conti, quindi, nella sua qualità di giudice contabile, può verificare la compatibilità delle scelte amministrative con i fini dell’ente pubblico. Se da un lato, infatti, l’esercizio in concreto del potere discrezionale dei pubblici amministratori costituisce espressione di una sfera di autonomia che il legislatore ha inteso salvaguardare dal sindacato della Corte dei conti, dall’altro, l’art. 1, comma 1, L. n. 241 del 1990, stabilisce che l’esercizio dell’attività amministrativa deve ispirarsi a criteri di economicità ed efficacia, costituenti specificazione del più generale principio costituzionale di cui all’articolo 97 Cost., e rilevanti non solo sul piano della mera opportunità, ma anche della legittimità della azione amministrativa. …”  (così Cass. Sez. Un. 25 maggio 2016 n. 10814).

Ala stregua dell’anzidetto indirizzo, allora, La Corte dei Conti, nell’ambito della sua giurisdizione, può e deve verificare la compatibilità delle scelte amministrative con i fini dell’ente pubblico, che, ai sensi dell’art. 1 della legge n.241/1990, devono essere ispirati a criteri di economicità e di efficacia – secondo il canone indicato nell’art. 97 Cost. – che assumono rilevanza sul piano della legittimità, non della mera opportunità, dell’azione amministrativa.

La verifica della legittimità dell’attività amministrativa deve estendersi alle singole articolazioni dell’agire amministrativo e, quindi, apprezzare se gli strumenti utilizzati dagli amministratori pubblici siano adeguati oppure esorbitanti ed estranei ai fini di interesse pubblico da perseguire con risorse pubbliche, e non potendo, comunque, prescindere dalla valutazione del rapporto tra gli obiettivi conseguiti e i costi sostenuti (Corte di Cassazione, sez. Unite civili – sentenza 15 marzo 2017 n. 6820).

Pertanto, è stato ritenuto legittimo che la  Corte contabile faccia una valutazione in astratto della scelta amministrativa mediante un giudizio di idoneità della stessa a realizzare gli interessi della comunità, senza che ciò, quindi, costituisca una indebita invasione della sfera riservata dalla legge al merito amministrativo.

In questo contesto, gli obblighi di servizio diventano obblighi di risultato e il mancato raggiungimento degli obiettivi, laddove comporti un danno per la pubblica amministrazione e sia imputabile al dolo o alla colpa grave degli operatori, può essere oggetto di valutazione in sede giurisdizionale di responsabilità.

Dunque, ferma restando la scelta dell’amministratore di apprestare gli strumenti più idonei al soddisfacimento degli obiettivi dell’ente, alla Corte dei conti spetta il compito di valutare i modi di attuazione delle scelte discrezionali alla luce del parametro della conformità a criteri di efficacia ed economicità che, avendo acquistato “dignità normativa”, assumono rilevanza sul piano della legittimità e non della mera opportunità dell’azione amministrativa. 

27 gennaio 2018

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