Richiesta di accesso agli atti da parte dei consiglieri di minoranza

Risposta dell'Avv. Alessandro Rizzo

Quesiti
di Rizzo Alessandro
30 Gennaio 2023

Si scrive in merito alla richiesta di accesso agli atti pervenuta dai consiglieri di minoranza.

Nello specifico alla scrivente viene chiesto non di prendere visione e di estrarre copia di atti come previsto dalla L 241/90,  bensì di elaborare specifici dati.

A titolo esemplificativo ma non esaustivo, viene chiesto di formare un elenco dei nominativi delle persone che hanno effettuato cambio di residenza dal giorno x al giorno y, di indicare gli indirizzi di destinazione, di estrapolare le date delle richieste ecc

Si chiede se tale richiesta, così formulata, debba essere accolta o se i richiedenti abbiano esclusivamente diritto di visionare gli atti di loro interesse e semmai provvedere loro stessi ad estrapolare i dati di cui sopra.

Si specifica, inoltre, che contestualmente sono pervenute analoghe richieste agli altri uffici di questa amministrazione. Sorge dunque, nella scrivente, il dubbio che le richieste siano meramente finalizzate ad un controllo generalizzato sull’attività amministrativa.

Risposta

Il diritto di accesso dei consiglieri comunali di cui all’art. 43 TUEL ha un ambito applicativo e delle limitazioni minori e differenti rispetto a quello previsto dagli art. 22 e ss. della L. n. 241/1990 , nonché a quello attribuito dall’art. 10 TUEL al cittadino nei confronti del comune di residenza, trattandosi di un diritto soggettivo pubblico funzionale alla cura di un interesse pubblico connesso al mandato derivante dal risultato elettorale: è, tuttavia, ovvio che i dati e le informazioni di cui viene a conoscenza il consigliere comunale devono essere utilizzati solo per le finalità realmente pertinenti al mandato, rispettando il dovere del segreto secondo quanto previsto dalla legge e nel rispetto dei principi in materia di privacy.

Limiti all'esercizio del diritto di accesso dei consiglieri comunali possono rinvenirsi, per un verso, nel fatto che esso deve avvenire in modo da comportare il minor aggravio possibile per gli uffici comunali e, per altro verso, che esso non deve sostanziarsi in richieste assolutamente generiche ovvero meramente emulative, fermo restando, tuttavia, che la sussistenza di tali caratteri deve essere attentamente ed approfonditamente vagliata in concreto al fine di non introdurre surrettiziamente inammissibili limitazioni al diritto stesso (cfr. C.d.S, sez.V, 5 settembre 2014, n.4525; T.A.R. Toscana, sez.I, 28 gennaio 2019, n.133)

Come chiarito anche dal Consiglio di Stato (sentenza n. 769 del 3.2.2022) “L’art. 43, comma 2, TUEL prevede che “I consiglieri comunali e provinciali hanno diritto di ottenere dagli uffici, rispettivamente, del comune e della provincia, nonché dalle loro aziende ed enti dipendenti, tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all’espletamento del proprio mandato”. Da esso si evince che: a) il fondamento del diritto di accesso del consigliere comunale trova ragione e limite nell’utile esercizio della funzione di componente dell’organo di cui è parte, sicché accede all’esplicazione, individuale o collegiale, delle funzioni proprie di quell’organo e non è un attribuzione personale del consigliere medesimo; b) oggetto dell’accesso possono essere non solo provvedimenti o documenti amministrativi ma anche ogni «informazione» o «notizia» relativa all’organizzazione amministrativa e alla gestione delle risorse pubbliche; c) l’accesso non è condizionato alla dimostrazione di un personale interesse (alla conoscenza dell’atto ovvero alla acquisizione dell’informazione) o alla presentazione di una giustificazione. In ogni caso, quanto a contenuto, non si tratta di un diritto assoluto e senza limiti: lo si si ricava dalla particolare funzione pubblica consiliare cui è servente questo tipo di accesso, che lo contiene nei termini dei definiti poteri del Consiglio comunale (essendo l’accesso strumentale all’esercizio del mandato consiliare). Perciò il particolare diritto di accesso del consigliere non è illimitato, vista la sua potenziale pervasività e la capacità di interferenza con altri interessi primariamente tutelati (in termini, Cons. Stato, V, 2 gennaio 2019, n. 12 che spiega: “Del resto, la finalizzazione dell'accesso ai documenti in relazione all'espletamento del mandato costituisce il presupposto legittimante ma anche il limite dello stesso, configurandosi come funzionale allo svolgimento dei compiti del consigliere”). Occorre così che un tale particolare accesso, per essere funzionalmente correlato al migliore svolgimento del mandato consiliare: a) non incida sulle prerogative proprie degli altri organi comunali, a necessaria garanzia delle funzioni che a questi (il Sindaco e la Giunta) e non al Consiglio l’ordinamento attribuisce, nel quadro dell’assetto dell’ente; b) non sia in contrasto con il principio costituzionale di razionalità e buon funzionamento dell’azione amministrativa (art. 97 Cost.); c) avvenga con modalità corrispondenti al livello di digitalizzazione della amministrazione (cfr. art. 2, comma primo, d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82).”

Come chiarito anche dal Dipartimento per gli affari interni e territoriali (parere del 24.4.2020) “..gli uffici comunali non hanno il potere di sindacare il nesso intercorrente tra l'oggetto delle richieste di informazioni avanzate da un consigliere comunale e le modalità di esercizio del munus da questi espletato. Ciò, anche nel rispetto della separazione dei poteri (art.4 e art.14 del d.lgs. n.165/2001) sancita per gli enti locali dall'art.107 del d.lgs. n.267/2000 che richiama il principio per cui i poteri di indirizzo e di controllo politico-amministrativo spettano agli organi di governo, essendo riservata ai dirigenti la gestione amministrativa, finanziaria e tecnica. L’asserito controllo generalizzato di legittimità degli atti del comune [...] potrebbe ritenersi fondato solo nel caso di molteplici richieste da parte del singolo consigliere comunale tendenti ad ostacolare l'attività dell'ufficio e che abbiano scopo meramente emulativo.

Sempre in giurisprudenza, è stato rilevato che il diritto di accesso ai documenti amministrativi dei consiglieri di enti pubblici territoriali si estende a tutti gli atti, notizie e informazioni in possesso degli uffici che possano essere di utilità all'espletamento del loro mandato, ciò anche al fine di permettere di valutare la correttezza e l'efficacia dell'operato dell'Amministrazione e promuovere, nell'ambito del Consiglio, le iniziative che spettano ai singoli rappresentanti del corpo elettorale; pertanto, non può essere fondatamente contestato al consigliere di un ente territoriale di voler esercitare un controllo generalizzato sull'attività dell'ente di appartenenza, giacché tale controllo, nella misura in cui non si traduca in strategie ostruzionistiche o di paralisi dell'attività amministrativa, rientra proprio tra le facoltà istituzionalmente attribuite a ciascun consigliere ai fini del corretto e proficuo svolgimento del proprio mandato. (T.A.R. Torino, sez. I, 08/02/2013,  n. 175).

In merito all’eventuale elaborazione dei dati e delle informazioni da parte dell’amministrazione, si rinvengono differenti orientamenti in merito: un primo orientamento, più rigoroso, del Consiglio di Stato (tra cui, sentenza n. 846/2013) in base al quale “Anche a voler ritenere che la nozione di “notizie e informazioni” sia più lata della nozione di “documenti” ravvisabile nell’art. 22 della l.n.241 del 1990 – e cioè ogni elemento conoscitivo in possesso dell’amministrazione, anche non riferibile alle competenze del Consiglio Comunale, perché sempre inerente al munus rivestito e non solo i provvedimenti adottati, ma anche gli atti preparatori, anche di provenienza privata - , anche in tale situazione soggettiva speciale non può non valere il principio, affermato dalla Sezione (così Consiglio Stato sez. IV, 30 novembre 2010, n. 8359), secondo cui il rimedio dell' accesso non può essere utilizzato per indurre o costringere l'Amministrazione a formare atti nuovi rispetto ai documenti amministrativi già esistenti, ovvero a compiere un'attività di elaborazione di dati e documenti , potendo essere invocato esclusivamente al fine di ottenere il rilascio di copie di documenti già formati e materialmente esistenti presso gli archivi dell'Amministrazione che li possiede”, cui se ne contrappone uno  che ha trovato conferma nella giurisprudenza recente dei T.A.R.

In particolare, alcune pronunce dei giudici amministrativi che ritengono che gli uffici comunali debbano procedere anche ad una elaborazione degli stessi (cfr. T.A.R. Catanzaro, sentenza del 16/01/2014, n.77 e, più recentemente, T.A.R. Salerno, sentenza del 18/5/2022, n. 1288, secondo cui «In materia di accesso ai documenti amministrativi da parte dei consiglieri comunali, l'art. 43 d.lg. n. 267 del 2000, nella sua chiarezza espositiva, è ispirato alla ratio di garantire ai rappresentanti del corpo elettorale l'accesso ai documenti e alle informazioni utili all'espletamento del loro mandato ("munus publicum") anche al fine di permettere e di valutare, con piena cognizione, la correttezza e l'efficacia dell'operato dell’amministrazione, e di esprimere un voto consapevole sulle questioni di competenza del consiglio, onde promuovere, anche nell'ambito del consiglio stesso, le iniziative (interrogazioni, interpellanze, mozioni, ordini del giorno, deliberazioni) che spettano ai singoli rappresentanti del corpo elettorale locale: si configura come peculiare espressione del principio democratico dell'autonomia locale e della rappresentanza esponenziale della collettività. I documenti e le informazioni possono essere frutto di un'attività istruttoria degli uffici al fine di relazionare su una determinata "materia o affare", con la conseguenza che tale diritto può anche consistere nella pretesa che gli uffici dell' amministrazione, interpellati al riguardo, eseguano elaborazioni dei dati e delle informazioni in loro possesso, in evidente contrapposizione al divieto di elaborazione previsto dalla l. n. 241 del 1990»).

Tenuto conto di tutti gli elementi sopra illustrati, si ritiene innanzitutto che non vi sia un limite al diritto di accesso dei consiglieri comunali che possa scaturire dalla circostanza che sia eventualmente finalizzato ad un “controllo generalizzato sull’attività amministrativa” (purché nei limiti già evidenziati, tra cui il divieto di richieste ostruzionistiche o eccessivamente gravose per gli uffici comunali); sotto altro punto di vista, per quel che riguarda l’attività di elaborazione dei dati, considerati gli orientamenti non univoci in materia, è consigliabile effettuare una valutazione concreta del caso di specie (anche in termini di aggravio dell’attività degli uffici per tale attività e di eventuali limiti in tal senso che possono essere contenuti nei Regolamenti dell’ente).

24 gennaio 2023           Alessandro Rizzo

 

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