Il quorum dei Consigli comunali ai fini della validità delle sedute e delle deliberazioni

Servizi Comunali Atti amministrativi
di De Carlo Eugenio
13 Gennaio 2018

Il quorum dei Consigli comunali ai fini della validità delle sedute e delle deliberazioni

Eugenio de Carlo

In molteplici disposizioni del TUEL  d.lgs. n. 267/00, ai fini del quorum necessario a deliberare, si fa riferimento ai consiglieri assegnati, precisando, in alcuni casi, se il sindaco debba computarsi o meno a tale fine (v., ad es., artt. 6, comma4, 38, comma 2, 52, comma 3, TUEL d.lgs. n. 267/2000).

A tale riguardo occorre premettere la differenza tra il quorum strutturale – costitutivo  ossia il numero di componenti il consiglio comunale occorrente ai fini della validità delle sedute (di prima e di seconda convocazione) e il quorum funzionale – deliberativo ossia  il numero occorrente per la validità delle deliberazioni.

Il Ministero dell’Interno relativamente al problema del quorum strutturale delle adunanze del

consiglio rimanda all’autonomia regolamentare degli enti locali, come previso dal TUEL, purché sia assicurata “... in ogni caso” la presenza di almeno un terzo dei consiglieri  assegnati per legge all’ente, senza computare a tale fine il sindaco e il presidente della provincia”. Il legislatore statale - ad avviso del Ministero - si è limitato a stabilire una soglia minima (inderogabile) di presenze nel consiglio comunale, rimettendo all’autonomia normativa dell’ente la determinazione del numero legale per la validità delle sedute, implicante quest’ultima anche la possibilità di stabilire, ove lo si ritenga, maggioranze qualificate per l’adozione di determinati atti deliberativi sui quali si reputi che debba convergere un più elevato numero di consensi  (cfr. ex multis, parere del 3.12.09).

In ordine al computo del sindaco, secondo il Ministero dell’Interno (v. parere del 12.2.2014),  

l’art. 38, comma 2, TUEL ha demandato alla fonte regolamentare, nel quadro dei principi stabiliti dallo statuto, il funzionamento dei consigli e, in particolare, la determinazione del numero legale per la validità delle sedute, con il limite che detto numero non può, in ogni caso, essere inferiore al “terzo dei consiglieri assegnati per legge all’ente, senza computare a tal fine il sindaco”. Pertanto,  costituisce principio generale che nelle ipotesi in cui l'ordinamento non ha inteso annoverare il sindaco o il presidente della provincia, nel quorum richiesto per la validità di una seduta, lo ha indicato espressamente usando la formula “senza computare a tal fine il sindaco ed il presidente della provincia”, è legittimo includere nel calcolo dei consiglieri anche il sindaco.

Quanto alla Giurisprudenza, secondo un primo orientamento, ai fini del calcolo per la determinazione del quorum strutturale di validità delle sedute di Consiglio comunale, tra i membri "componenti" il consiglio deve farsi rientrare anche il sindaco che del consesso è parte integrante in quanto membro di diritto (art. 46, comma 1, TUELIl sindaco e il presidente della provincia … sono membri dei rispettivi consigli”), partecipando, a pieno titolo, delle stesse prerogative, guarentigie e "status" dei consiglieri comunali nonché concorrendo alla determinazione dei quorum funzionali ed alle relative votazioni.

In base a quest’indirizzo, quindi, la ratio dell’art. 38 TUEL è quella di escludere il sindaco soltanto dal calcolo per la determinazione del numero minimo di componenti richiesti per rendere  valida la seduta, che non può scendere al di sotto del terzo dei consiglieri (escluso appunto il sindaco) assegnati all'ente; per il resto, detta disposizione avrebbe lasciato alla discrezionalità organizzativa dell'ente locale la fissazione del quorum strutturale di prima come di seconda convocazione (salvo, appunto, l'inderogabilità della soglia minima), nonché le modalità ed i criteri per il suo calcolo.

In questo senso, allora, il riferimento ai consiglieri deve intendersi utilizzato in senso “atecnico”, cioè, sistematicamente riferito ai componenti amministratori di estrazione elettiva (sindaco più consiglieri) siccome assegnati, nel numero massimo di legge, all'organo collegiale (cfr. T.A.R. Puglia Bari, sez. II, 12/03/2004, n. 1301).

In tale senso,  è stato osservato che il consiglio comunale è composto dal sindaco e che quest’ultimo deve essere considerato come un effettivo componente il consiglio (cfr. T.A.R. Lazio  Roma Sez. II ter, sentenza, 19/01/2011, n. 497, con riferimento al quorum strutturale funzionale per l’approvazione dello statuto comunale e delle modifiche).

Altra parte della giurisprudenza, tuttavia, osserva che mentre all’epoca del R.D. n. 148 del 1915 il

sindaco faceva parte integrante e sostanziale del consiglio comunale, attualmente, ai sensi dell’art. 46 d.lgs. n. 267 del 2000, il sindaco, eletto dai cittadini a suffragio universale e diretto, non può essere compreso nel quorum strutturale del Consiglio comunale per la diversità della sua posizione funzionale (cfr. T.A.R. Campania Salerno, sez. II, 20/05/2002, n. 373 nonché parere Consiglio di Stato, sez. I, 14 giugno 2001 n. 501).  Pertanto, è stato osservato che la disposizione statale che esclude che il sindaco sia calcolato ai fini del quorum vige non in relazione al solo numero legale minimo imposto alla fonte regolamentare ai fini della validità delle delibere, ma ogni qual volta si tratti di determinare il numero dei consiglieri necessario per la validità delle sedute, come indicato dalla fonte locale (v. sentenza n. 1604 del 22/06/2011 del T.A.R. Lombardia, Milano – sez. I).

Infine, in ordine ad alcuni problemi specifici quali quelli del computo degli astenuti o della modalità di calcolo dei decimali in ordine al quorum richiesto per le votazioni, si segnalano i seguenti indirizzi ermeneutici.

In relazione alla  questione degli astenuti, argomentando a contrariis dalla decisione del  C.d.S. Sez. IV, sent. n. 3372/2012, l’astensione - se non diversamente disposto dalle norme regolamentari comunali – sarebbe da considerare solo ai fini del quorum strutturale se in questo senso espressamente prevista dallo statuto, altrimenti essendo considerata una modalità di voto rispetto alla nozione di astensione implicitamente accolta. E’ stato osservato, quindi, che le disposizioni dello Statuto comunale che si limitano a prescrive che, per l’approvazione delle deliberazioni del Consiglio comunale, è necessario il “voto favorevole della maggioranza di consiglieri presenti” e che “il consigliere che dichiari di astenersi dal voto è computato tra i presenti ai fini della validità del voto”, salvo che si allontani dall’aula, senza fornire un’espressa disciplina al computo degli astenuti ai fini della maggioranza per l’approvazione delle deliberazioni consiliari (c.d. quorum funzionale), vanno interpretate nel senso che, ai fini del quorum funzionale per l’approvazione delle deliberazioni, coloro che si sono astenuti vanno esclusi dal computo dei presenti, atteso che l’astensione significa volontà di non partecipare alla discussione ed al voto. Infatti, come ritenuto dalla Corte costituzionale “l’assemblea può stabilire in via generale ed astratta quale sia, ai fini del computo della maggioranza e, quindi, della validità delle deliberazioni, il valore dell’un modo o dell’altro di manifestare la volontà di non partecipazione alla votazione” (cfr. Corte cost., sent. n. 78 del 1984).

In ordine al problema del calcolo dei decimali, secondo recente giurisprudenza,  smentendo un orientamento ministeriale (parere Min. Int. del 16 gennaio 2013 in ordine all’utilizzabilità del criterio “aritmetico” di arrotondamento, tale per cui l’arrotondamento andrebbe operato per difetto all’unità inferiore laddove la cifra decimale sia inferiore a 50, e per eccesso all’unità superiore nel caso contrario), ha osservato che ove la questione  non sia risolta da disposizioni di rango legislativo o regolamentare comunale, non si fa luogo all’applicazione tout court del criterio dell’arrotondamento aritmetico, ma l’arrotondamento deve essere operato per eccesso all’unità superiore, dal momento che la soluzione contraria dell’arrotondamento per difetto all’unità inferiore, con il troncamento delle cifre decimali, ridurrebbe la soglia di maggioranza al di sotto di quella normativamente richiesta (cfr., TAR Piemonte, sez. II, sent. 15 novembre 2017, n. 1224; Consiglio di Stato, sez. V, sent. 5 settembre 2012, n. 4694; sent. 11 marzo 2005, n.1038).

 

7 gennaio 2018

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