La valutazione sulla data di realizzazione di un immobile

Onere e mezzi della prova secondo le indicazioni giurisprudenziali

Servizi Comunali Attività edilizia Gestione del territorio Urbanistica - Edilizia
di Petrulli Mario
05 Dicembre 2022

Premessa
Può capitare, nella prassi dell’ufficio tecnico, di dover verificare e valutare la data di realizzazione di un immobile, come nel classico esempio dell’istruttoria di una pratica di condono, in cui è necessario che i lavori siano stati conclusi entro una certa data.
La materia è stata spesso oggetto di contenzioso tra gli interessati ed il Comune e, conseguentemente, è nella giurisprudenza che è possibile individuare una serie di regole e principi che possono essere di ausilio agli operatori.

La regola generale in materia di onere probatorio
L’onere della prova è a carico dell’interessato, in ossequio al principio di vicinanza degli strumenti di prova (cfr. TAR Lombardia, Brescia, sez. II, sent. 14 luglio 2022, n. 697; TAR Campania, Salerno, sez. I, sent. 24 giugno 2022, n. 1808; Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 11 marzo 2022, n. 1738), senza che sia possibile, per l’interessato, richiedere al giudice, nel caso di contenzioso, una consulenza “che avrebbe carattere meramente esplorativo e sarebbe destinata a supplire le loro carenze probatorie” (TAR Toscana, sez. III, sent. 28 marzo 2022, n. 410).

I mezzi di prova a cui riconoscere la massima valenza
Come può facilmente immaginarsi, non tutte le prove possono avere la medesima valenza: la valenza maggiore deve essere riconosciuta agli atti formatisi all’interno della P.A. In particolare, è stato affermato che la presenza del manufatto nel piano di fabbricazione e/o nel piano regolatore, è idoneo a comprovarne l’esistenza a decorrere dalla data di approvazione del piano (Consiglio di Stato, sez. II, sent. 14 giugno 2021, n. 4568).
Di pari livello sono i rilievi aerofotogrammetrici; questi ultimi, in particolare, costituiscono atti ricognitivi di carattere strumentale che, inserendosi in un procedimento preordinato all’emanazione di un provvedimento, assumono la stessa efficacia probatoria degli atti formatisi in seno alla stessa Amministrazione (TAR Campania, Napoli, sez. II, sent. 8 marzo 2022, n. 1577).

I mezzi di prova a cui riconoscere una valenza media
Sono elementi indiziari ma altamente probanti le fatture, le ricevute relative all'esecuzione dei lavori e/o all'acquisto dei materiali (TAR Sardegna, sez. II, sent. 13 marzo 2019 n. 218; sent. 6 giugno 2018, n. 552; Consiglio di Stato, sez. IV, sent. 7 luglio 2014, n. 3414).

I mezzi di prova a cui riconoscere una valenza scarsa
La prova testimoniale “può svolgere esclusivamente un ruolo integrativo, nel caso in cui sia offerto un principio di prova documentale” (TAR Veneto, sez. II, sent. 5 marzo 2019 n. 288; TAR Piemonte, sez. II, sent. 12 novembre 2015, n. 1557; nel medesimo senso, cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, sent. 9 febbraio 2016, n. 511).
La documentazione catastale “costituisce, da sola e se non accompagnata da altri elementi di prova idonei a comprovare, in un quadro di rappresentazione storica, la trasformazione dell’immobile negli anni (aereofotogrammetrie, documentazione fotografica, ricevute per l’acquisto dei materiali, progetti di trasformazione edilizia, ecc.), una traccia troppo generica e labile per poter desumere in maniera attendibile l’avvenuta realizzazione di opere edilizie […]” (Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 25 maggio 2020, n. 3304).
L’atto pubblico costituisce un principio di prova dell’esistenza del manufatto alla data di stipula (TAR Puglia, Bari, sez. III, sent. 23 gennaio 2017, n. 31).

I mezzi di prova privi di effettiva valenza
Sostanzialmente nulla è la valenza riconosciuta:

  • alle dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà o le semplici dichiarazioni rese da terzi, in quanto non suscettibili di essere verificate (Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 20 aprile 2020, n. 2524), sostanziandosi in un mezzo surrettizio per introdurre la prova testimoniale.
  • alle dichiarazioni provenienti dal dante causa dell’interessato, anche a prescindere dalla loro autenticità (TAR Calabria, Catanzaro, sez. II, sent. 14 settembre 2020, n. 1454);
  • alle dichiarazioni del costruttore (TAR Veneto, sez. II, sent. 23 ottobre 2019, n. 1122);
  • alla scrittura privata di (preliminare di) compravendita (TAR Campania, Salerno, sez. II, sent. 11 ottobre 2019, n. 1727);
  • alle autocertificazioni dell’interessato (TAR Campania, Salerno, sez. II, sent. 3 maggio 2021, n. 1117);
  • alle semplici fotografie (TAR Lazio, Latina, sez. I, sent. 2 marzo 2022, n. 207);
  • alle riprese aeree attingibili dal motore di ricerca “Google Earth” (TAR Lombardia, Brescia, sez. II, sent. 14 luglio 2022, n. 697).

Per quanto riguarda le mappe catastali, è stato affermato che queste hanno solo valenza fiscale e dalle stesse non si può risalire con certezza all’epoca di costruzione di un manufatto (TAR Abruzzo, L’Aquila, sent. 13 febbraio 2020, n. 55).

L’eccezione alla regola generale circa l’onere della prova
In diverse occasioni (cfr., ad esempio, TAR Campania, Salerno, sez. I, sent. 24 giugno 2022, n. 1808 e sent. 29 settembre 2020, n. 1225; Consiglio di Stato, sent. 19 ottobre 2018, n. 5988) è stato affermato che la P.A. procedente, peraltro, non è scevra da oneri probatori, sia con riguardo agli apporti forniti dall’interessato, sia in riferimento alla presumibile datazione dell’opera contestata: ciò accade quando il privato fornisce indizi gravi, precisi e concordanti sulla verosimile datazione dell’edificazione; in tale ipotesi, transita sull’amministrazione il potere-dovere di fornire elementi a confutazione, soprattutto in assenza, da parte dell’amministrazione, di una precisa o probabile datazione degli abusi.
In particolare, di recente, il TAR Piemonte, sez. II, sent. 7 gennaio 2022, n. 19, ha affermato che “Peraltro, proprio il criterio della vicinanza della prova conduce ad un temperamento del rigoroso onere probatorio "secondo ragionevolezza" nei casi in cui il privato, da un lato, porti a sostegno della propria tesi sulla realizzazione dell'intervento prima di una certa data elementi rilevanti (ad esempio, aerofotogrammetrie, dichiarazioni sostitutive di edificazione o altre certificazioni attestanti fatti o circostanze rilevanti) e, dall'altro, o la pubblica amministrazione non analizzi debitamente tali elementi o vi siano elementi incerti in ordine alla presumibile data della realizzazione del manufatto privo di titolo edilizio. In tal caso, non è escluso il ricorso alla prova per presunzioni, sulla scorta di valutazioni prognostiche basate su fatti notori o massime di comune esperienza, inferendo, così e secondo criteri di normalità, la probabile data di tale ultimazione da un complesso di dati, documentali, fotografici e certificativi, necessari in contesti o troppo complessi o laddove i rilievi cartografici e fotografici erano scarsi (Cons. Stato, Sez. VI, 25 maggio 2020, n. 3304 citata; id. 13 novembre 2018 n. 6360; id. 19 ottobre 2018 n. 5988; id. 18 luglio 2016 n. 3177)”.
In sostanza, la deduzione della parte privata di concreti elementi di fatto relativi all'epoca dell'abuso trasferisce l'onere della prova contraria in capo all'amministrazione, con il rischio che il giudice amministrativo rilevi una carenza di istruttoria e/o un difetto di motivazione, annullamento il provvedimento adottato.

Alcuni casi concreti di inversione dell’onere della prova
Il Consiglio di Stato, sez. VI, nella sent. 27 gennaio 2022, n. 570, dinanzi ad un caso in cui era controversa la data di realizzazione di un manufatto (nel senso che il privato asseriva la preesistenza di quest’ultimo alla data del 1967, anno in cui si è avuto l’obbligo di munirsi della licenza edilizia anche per le costruzioni poste fuori dal centro abitato), ha affermato che il privato aveva una serie di indizi che, valutati complessivamente, potevano ritenersi precisi, gravi e concordanti, facendo risultare provata l’epoca di realizzazione del manufatto. Tali indizi erano:
“i) la stessa affermazione contenuta nel provvedimento impugnato circa la riconducibilità dell’intervento ad un tempo lontano;
ii) una relazione tecnica di parte, depositata nel giudizio di primo grado in data 6 giugno 2008, che fa riferimento ad una aerofotogrammetria dalla quale risulta l’esistenza dell’immobile fin dall’anno 1974;
iii) una foto, richiamata nella stessa perizia e fornita dalla parte privata, dalla quale risulta «la presenza di un manufatto che coincide con uno stato dei luoghi che si venne a determinare negli anni successivi l’evento calamitoso avvenuto, nel febbraio 1963, a monte della frazione di Nerano»;
iv) una relazione tecnica di parte, deposita soltanto nel giudizio di primo ma indispensabile ai fini della decisione (art. 104 cod. proc. amm.), la quale attesta che, a seguito di accesso agli atti richiesto dal perito al Comune, è stata ritrovata una planimetria aerofotogrammetrica dalla quale risulta che il manufatto era già esistente all’epoca dell’evento franoso avvenuto nel 1962;

v) dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà di un abitante del Comune (sig. […], che ha dichiarato che l’immobile esisteva, nella sua attuale configurazione, già in epoca anteriore al 1964”.
Il TAR Puglia, Bari, sez. III, con la sentenza 23 gennaio 2017, n. 31, ha annullato un’ordinanza di demolizione, osservando che “a fronte della dichiarazione risultante dall’atto pubblico di cui innanzi (che costituisce quanto meno un principio di prova dell’esistenza – fin dal 1955 - di un manufatto con caratteristiche equiparabili a quelle proprie della “costruzione” attualmente esistente), sarebbe stato onere del Comune compiere un’accurata istruttoria al fine di verificare la tipologia e la datazione dei materiali costruttivi in essere”.
In un caso concreto, affrontato dal TAR Lazio, Latina, nella sentenza 8 giugno 2020, n. 194, l’interessato, a sostegno della propria tesi secondo cui l’edificio oggetto della controversia era stato realizzato prima del 1° settembre 1967 (data di introduzione dell’obbligo generalizzato della licenza edilizia), aveva presentato in giudizio:

  • progetti riguardanti gli edifici insistenti sul terreno di sua proprietà, due dei quali non citati dall’amministrazione civica nel provvedimento di demolizione;
  • dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà che fissavano al giugno 1966 la data di ultimazione dei manufatti de quibus e che fornivano anche elementi in ordine ai materiali all’epoca utilizzati per realizzarli ed all’uso cui erano stati adibiti;
  • una comunicazione di inizio lavori;
  • una consulenza tecnica di parte redatta da un professionista abilitato, la quale concludeva nel senso che l’edificio, pur mostrando segni di ristrutturazione successivi all’impianto originario, evidenziava un periodo di realizzazione compatibile con l’epoca antecedente al 1° settembre 1967.

Secondo i giudici, tali elementi provano un’obiettiva situazione di incertezza in merito all’epoca di costruzione dei manufatti contestati, in presenza della quale l’Amministrazione, prima di ingiungere il ripristino dello stato dei luoghi, avrebbe dovuto espletare più puntuali ed approfonditi accertamenti, in assenza dei quali si profilano un difetto di istruttoria e un vizio motivazione (TAR Liguria, sez. I, sent. 5 giugno 2017, n. 494; in termini sostanzialmente conformi cfr. TAR Lombardia, Milano, sez. IV, sent. 7 febbraio 2013, n. 373).
Infine, un ulteriore caso concreto si è avuto nella sentenza 24 giugno 2022, n. 1808, del TAR Campania, Salerno, sez. I. La questione riguardava un manufatto pertinenziale ad un opificio industriale: ebbene, ai fini della prova che il manufatto doveva considerarsi coevo dell’opificio, i giudici hanno ritenuto rilevanti:

  • una relazione tecnica favorevole, in cui si evidenziava che l’epoca di edificazione della pertinenza fosse necessariamente coeva all’opificio industriale (nel caso specifico, giugno del 1967) in ragione del fatto che nel suddetto volume erano alloggiati gli impianti (cabina elettrica) necessari alla effettiva operatività dello stesso; tanto era ancor più vero alla luce della tecnica costruttiva adottata, essendo tanto il locale tecnico, quanto i tramezzi interni all’opificio/capannone realizzati con i medesimi blocchetti di tufo;
  • una specifica aereofotogrammetria in cui già era ben visibile la pertinenza, edificato in aderenza all’opificio industriale.

Articolo di Mario Petrulli

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