La recente sentenza del Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 5667 del 7.7.2022 fornisce il quadro attuale di riferimento in tema di revisione prezzi nei contratti pubblici d’appalto e afferma il principio di diritto secondo cui la revisione prezzi, ai sensi dell’art. 106 del d.lgs. n. 50 del 2016, non è obbligatoria come nella previgente disciplina (artt. 114 e 133 del d.lgs. n. 163/2006), ma opera solo se prevista dai documenti di gara.
La mancata previsione della revisione prezzi, al pari della mancata previsione del compenso revisionale, è pienamente conforme al diritto europeo.
Dunque, per il Consiglio di Stato, il nuovo codice degli appalti, diversamente dal precedente codice del 2006, non solo prevede espressamente che la revisione prezzi, prevista dall’art. 106 del d.lgs. n. 50 del 2016, trovi applicazione anche con riguardo ai settori speciali, ma stabilisce che essa non è obbligatoria per legge come nella previgente disciplina (artt. 114 e 133, d.lgs. n. 163/2006), ma operante solo se prevista dai documenti di gara.
Con riguardo all’art. 1467 c.c., il Consiglio di Stato ha ritenuto che tale disposizione, la cui applicabilità è limitata ai contratti a esecuzione continuata o periodica o a esecuzione differita, non assegna al contraente il diritto potestativo di determinare la risoluzione del contratto mediante atto unilaterale (il recesso), ma subordina un effetto di tal fatta a una pronuncia dell’autorità giudiziaria di natura costitutiva.
Sul piano generale, invece, l’art. 106 comma 1 lett.c) del Codice consente modifiche al contratto ove siano soddisfatte tutte le seguenti condizioni:
1) la necessità di modifica è determinata da circostanze impreviste e imprevedibili per l'amministrazione aggiudicatrice o per l'ente aggiudicatore. In tali casi le modifiche all'oggetto del contratto assumono la denominazione di varianti in corso d'opera. Tra le predette circostanze può rientrare anche la sopravvenienza di nuove disposizioni legislative o regolamentari o provvedimenti di autorità od enti preposti alla tutela di interessi rilevanti;
2) la modifica non altera la natura generale del contratto.
In ogni caso, il contratto può essere modificato se l'eventuale aumento di prezzo non eccede il 50 per cento del valore del contratto iniziale. In caso di più modifiche successive, tale limitazione si applica al valore di ciascuna modifica.
Si rammenta, inoltre, che ai sensi dell’art. 7 comma 2 ter e 2 quater della legge n.79/2022, l’articolo 106, comma 1, lettera c) , numero 1), del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, si interpreta nel senso che tra le circostanze indicate al primo periodo sono incluse anche quelle impreviste ed imprevedibili che alterano in maniera significativa il costo dei materiali necessari alla realizzazione dell’opera.. Nei casi indicati, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, la stazione appaltante o l’aggiudicatario possono proporre, senza che sia alterata la natura generale del contratto e ferma restando la piena funzionalità dell’opera, una variante in corso d’opera che assicuri risparmi, rispetto alle previsioni iniziali, da utilizzare esclusivamente in compensazione per far fronte alle variazioni in aumento dei costi dei materiali.
29 Agosto 2022 Eugenio De Carlo
Per i clienti Halley: ricorrente QS n. 2307, sintomo n. 2380