Servizio di accompagnamento al lavoro e inquadramento del dipendente addetto
Risposta del Dott. Massimo Monteverdi
Risposta del Dott. Eugenio De Carlo
QuesitiE' lecito che l'Ente avendo a disposizione tra le risorse una figura di istruttore direttivo contabile categoria D, rinnovi una convenzione con una risorsa, dipendente di altro ente, categoria sempre D, dando anche la posizione organizzativa, per ricoprire appunto il ruolo di istruttore direttivo contabile?
Nella scelte organizzative ogni Amministrazione gode di ampia discrezionalità da esercitarsi in base agli atti di programmazione di cui all’art. 6 del d.lgs. n. 165/2001, prevedendo il fabbisogno del personale ed il piano occupazionale in base ai principi ed alle finalità indicate dalla citata disciplina.
Sia secondo la Corte de conti (v. ad es., deliberazione n. 85/2020/PAR Sezione del controllo per la Regione Sardegna), la prima fase del reclutamento del personale si incentra sulla determinazione relativa all’an della copertura del posto vacante ed ha contenuto ampiamente discrezionale, sia secondo il Consiglio di Stato (v.Sez. V, sentenza 3 settembre 2018, n. 5143) per gli atti di organizzazione della PA esiste una discrezionalità estremamente pronunciata, per cui il sindacato giurisdizionale in materia è limitato alle ipotesi di abnormità conclamata ed evidente.
Infatti, ai sensi della legge n. 20/1994 la responsabilità contabile è personale e limitata ai fatti e alle omissioni commessi con dolo o colpa grave, ferma restando l'insindacabilità nel merito delle scelte discrezionali.
Tuttavia, è stato anche osservato che la nozione di discrezionalità è unitaria e non può subire allargamenti nel caso specifico del giudizio di responsabilità, nel quale il controllo della conformità a legge dell’azione amministrativa deve riguardare anche l’aspetto funzionale di quest’ultima, in relazione alla congruenza dei singoli atti rispetto ai fini imposti, in via generale o, in modo specifico, dal legislatore. L’art. 1 della legge n. 20/1994, deve, infatti, essere posto in correlazione con l’art. 1 della legge n. 241/1990, il quale stabilisce che l’esercizio dell’attività amministrativa deve ispirarsi a criteri di economicità e di efficacia, criteri che assumono rilevanza sul piano della legittimità, e non della mera opportunità. Pertanto, la violazione di tali criteri può assumere rilievo anche nel giudizio di responsabilità amministrativa. In particolare, non è imposto da alcuna ragione di ordine sistematico che il controllo di legalità nel giudizio di responsabilità amministrativa dinanzi al giudice contabile debba avere un contenuto meno ampio e debba essere meno penetrante di quanto avviene nel giudizio di legittimità sugli atti amministrativi, affidato al giudice amministrativo e, in via incidentale, al giudice ordinario.
Con sentenza n. 12902/2011 la Cassazione civile ha confermato che il giudice contabile è tenuto a verificare la compatibilità delle scelte amministrative con i fini dell’ente pubblico che, ai sensi dell’art. 1 della legge n. 241/1990, devono essere ispirati a criteri di economicità e di efficacia secondo il canone indicato nell’art. 97 Cost., per cui la verifica della legittimità dell’attività amministrativa non può prescindere dalla valutazione del rapporto tra gli obiettivi conseguiti e i costi sostenuti.
Dunque, per quanto ampiamente discrezionali, le scelte assunzionali devono essere rispettose dei suddetti principi legali, rischiando altrimenti di poter essere sottoposte al vaglio della giurisdizione contabile sotto il profilo della responsabilità.
In altri termini, discrezionalità si, eccesso di potere per irragionevolezza, illogicità e antieconomicità no.
Quindi, occorre motivare perché a fronte di una risorsa disponibile, l’Ente ricorra ad un’altra, ad es. sulla base dei carichi di lavoro, di elementi specialistici differenziali o altro elemento utile segnalare un uso accorto e adeguato del potere discrezionale, ottimizzando l'impiego delle risorse pubbliche disponibili e perseguendo obiettivi di performance organizzativa, efficienza, economicità e qualità dei servizi ai cittadini, in coerenza con le previsioni dell’art. 6 d.lgs. n. 165/2001.
Anche quanto all’attribuzione della p.o., questa, per ragioni di imparzialità e di trasparenza, ai sensi dell’art. 97 Cost., richiederebbe la previa individuazione di criteri e punteggi ove possano aspirare ad essa più candidati. La Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con sentenza n. 16247 del 16/7/2014, ha stabilito che la motivazione degli atti di individuazione delle Posizioni organizzative da parte degli Enti Locali, deve essere operata ed espressamente motivata anche con riferimento ad una valutazione comparativa degli aspiranti alle posizioni in contestazione.
Si deve considerare principio consolidato in sede giurisdizionale che “il conferimento di una posizione organizzativa, come evidenziato dalle Sezioni Unite della Cassazione, si iscrive nella categoria degli atti negoziali, adottati con la capacità ed i poteri del datore di lavoro privato e attività dell’Amministrazione, applicazione della disposizione contrattuale, si configura come adempimento di un obbligo di ricognizione ed individuazione degli aventi diritto, non come esercizio di un potere di organizzazione ( Cass. S.U. n. 8836/2010)”.
1 luglio 2022 Eugenio De Carlo
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Risposta del Dott. Massimo Monteverdi
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