Convenzione patrimoniale fra conviventi more uxorio che non hanno alcun contratto di convivenza in essere

Risposta di Andrea Dallatomasina

Quesiti
di Dallatomasina Andrea
23 Giugno 2022

Si chiede come procedere a seguito della ricezione, da parte di un avvocato di una convenzione patrimoniale fra conviventi more uxorio in cui si ribadisce che i soggetti non hanno alcun contratto di convivenza in essere.

Risposta

L’articolo 1 comma 36 della Legge 20 maggio 2016, n. 76, prevede che "Si intendono per conviventi di fatto due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione civile".

Il successivo comma 37 dispone “Ferma restando la sussistenza dei presupposti di cui al comma 36, per l'accertamento della stabile convivenza si fa riferimento alla dichiarazione anagrafica di cui all'articolo 4 e alla lettera b) del comma 1 dell'articolo 13 del Regolamento di cui al dPR 30 maggio 1989, n. 223”.

La convivenza deve essere pertanto accertata dall’ufficiale d’anagrafe per l’esplicito richiamo agli articoli 4 e 13 del dPR 30 maggio 1989, n. 223, riguardanti rispettivamente la famiglia e le dichiarazioni anagrafiche.

Il contratto di convivenza, accessorio rispetto alla convivenza di fatto, è disciplinato dai commi 50 e seguenti della Legge 20 maggio 2016, n. 76, presuppone la preventiva iscrizione anagrafica di entrambi i conviventi di fatto.

Al riguardo è intervenuto recentemente il Ministero dell’Interno, unica autorità che fornisce le direttive agli ufficiali d’anagrafe, che, con la circolare n. 78 del 21 settembre 2021, ha fatto chiarezza sulla questione, dopo aver all’uopo interpellato l’Avvocatura dello Stato, la quale ha rilevato che la registrazione del contratto di convivenza rappresenta soltanto ”l’ultimo di una serie imprescindibile di atti, così riassumibili: un legame affettivo di coppia (requisito), la costituzione della convivenza di fatto attraverso la dichiarazione registrata all’anagrafe e, quindi, la regolarità del soggiorno dei richiedenti (atto costitutivo)”.

A tali atti solo eventualmente può essere allegato il contratto di convivenza concluso davanti ad un legale e la registrazione di quest’ultimo utile al fine della “opponibilità ai terzi”. Inoltre, non è possibile considerare lo straniero irregolare come “un componente della famiglia anagrafica, in quanto privo di valido documento di soggiorno e quindi irregolare sul territorio dello Stato.”

Dunque, la sequenza è chiara: prima l'iscrizione anagrafica di entrambi i conviventi nella medesima famiglia anagrafica, poi la registrazione della dichiarazione di convivenza di fatto e, infine, l'eventuale registrazione del contratto di convivenza. Ma, nel caso descritto nel quesito, la cittadina straniera, per poter essere iscritta in anagrafe, deve esibire un permesso di soggiorno in corso di validità.

Inoltre, pur essendoci un orientamento giurisprudenziale teso al riconoscimento della convivenza anche senza coabitazione, si rileva che l'ufficiale d'anagrafe deve limitarsi ad applicare le norme e le direttive emanate dal Ministero dell’Interno, mentre il giudice le interpreta in base ai principi dell’Ordinamento giuridico e le sentenze emesse dai Tribunali italiani non possano essere prese in considerazione perché in Italia le sentenze fanno stato tra le parti (possono essere tenute in debita considerazione come orientamento nella disciplina e gestione di un caso analogo, ma non hanno effetti “erga omens”).

In pratica sta succedendo quanto avveniva un paio d’anni fa con i richiedenti asilo, il DL Salvini vietava l’iscrizione anagrafica addirittura con il permesso di soggiorno, l’ufficiale d’anagrafe doveva rigettare l’istanza al cittadino e il Tribunale obbligava all’iscrizione.

L'unica agevolazione potrebbe derivare dal fatto che si tratta di straniera convivente di fatto con un cittadino italiano, quindi, comunitario. Per questo motivo, considerando che si tratta di persona che rientra nella definizione di "altro familiare" di cui all'articolo 3 del Decreto Legislativo 6 febbraio 2007, n. 30, l'ufficiale d'anagrafe potrebbe accettare la domanda di iscrizione anagrafica della cittadina straniera a condizione però che esibisca almeno la ricevuta della domanda di permesso di soggiorno, in analogia con quanto previsto per l'iscrizione di un cittadino straniero "familiare" di cittadino comunitario.

Per completezza dell’argomento, si evidenzia che qualche Questura accetta il contratto di convivenza, stipulato presso un notaio o avvocato, per rilasciare il permesso di soggiorno, da utilizzare poi ai fini dell’iscrizione anagrafica, quindi l’avvocato dovrebbe rivolgersi in primis direttamente alla Questura.

Una volta ottenuta la ricevuta del permesso di soggiorno quale famigliare di cittadino dell’Unione, l’Ufficiale d’anagrafe potrà accogliere l’istanza di iscrizione anagrafica, e non viceversa.

Pertanto la richiesta di registrazione del contratto di convivenza in assenza di una convivenza di fatto già registrata in anagrafe dovrà essere dichiarata dall’ufficiale d’anagrafe irricevibile.

20 giugno 2022             Andrea Dallatomasina

 

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