Disturbo proveniente dagli avventori del locali pubblici: i poteri del Comune per il controllo
Marco Massavelli
Prendendo spunto dalla sentenza del TAR Lombardia – Brescia n. 1255, del 18 ottobre 2017, vogliamo delineare le varie fasi di accertamento e relative alla procedura sanzionatoria in riferimento ad un controllo di polizia amministrativa nei confronti di un esercizio di somministrazione di alimenti e bevande (come ad esempio un bar, o un pub) a seguito di esposto per disturbo della quiete pubblica a causa degli schiamazzi notturni degli avventori del locale.
Pervenuto l’esposto al Comune, è innanzitutto compito della Polizia Locale effettuare un sopralluogo di polizia amministrativa, svolgendo un controllo formale e sostanziale dell’attività di somministrazione: quindi, sarà necessario verificare il titolo autorizzativo dell’attività di somministrazione, ed ogni ulteriore autorizzazione in possesso del titolare del locale. Di particolare importanza, da un punto di vista del controllo, è la verifica del rispetto delle regole sulla sorvegliabilità, sulla capienza massima del locale e sulla eventuale autorizzazione per l’occupazione di suolo pubblico. Inoltre, in relazione alla segnalazione relativa al disturbo del riposo delle persone, è opportuno verificare l’eventuale presenza di avventori al di fuori del locale e l’eventuale disturbo che essi arrecano.
Nel caso deciso dal TAR Lombardia, il titolare dell’esercizio era stato inviato a “a verificare i livelli di rumorosità di tutti gli impianti utilizzati e dell’attività esercitata nel suo complesso e a presentare una relazione di misure effettuata da un tecnico competente”.
Nel frattempo, l’organo di polizia operante aveva richiesto l’intervento dell’ARPA, per l’effettuazione delle necessarie misurazioni.
L’interessato depositava una relazione di impatto acustico, nella quale si impegnava ad apporre dei cartelli all’esterno per chiedere alla clientela di moderare il vociare, a vigilare sul comportamento dei clienti che sostano fuori negli orari di apertura, a non installare il plateatico, né casse acustiche all’esterno del locale, a mantenere il livello della musica all’interno del locale al livello concordato con tecnico che ha sottoscritto la relazione, e a realizzare una bussola con doppia porta all’ingresso per assicurare che il suono non uscisse dal locale all’apertura della porta.
Sulla relazione ha espresso il proprio parere l’ARPA, la quale ha dettato una serie di prescrizioni, limitando espressamente l’utilizzo dell’area esterna al solo periodo diurno e precludendolo dopo le ore 22, onerando la gestione di interdire lo stazionamento della clientela, eventualmente anche rendendo inaccessibile l’uso degli arredi esterni.
A seguito di tale parere, il Comune ha ravvisato i presupposti per l’adozione di un’ordinanza con cui ha attribuito ulteriore efficacia precettiva alle prescrizioni già elencate dall’ ARPA.
Ritenuta, fin qui, corretta, la procedura adottata, si ritiene necessario fare alcune considerazioni in merito, al fine di non incorrere in errori procedurali che rendano illegittimo l’interno procedimento amministrativo.
L’ordinanza comunale non può essere contigibile ed urgente: infatti, la norma di riferimento è l’articolo 50, decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (TUEL), che prevede l’adozione delle c.d. ordinanze “ordinanrie”, destinate a regolamentare l’orario degli esercizi pubblici presenti sul territorio comunale.
Tale ordinanza non può imporre il divieto di stazionamento degli avventori del locale negli spazi esterni, in quanto tale potere non è previsto in capo al Comune, ed inoltre risulta irrazionale trasferire sul titolare del locale oneri di controllo, relativi alla presenza su suolo pubblico degli avventori, che spettano invece al Comune medesimo: infatti, nel caso in cui non sussista autorizzazione di occupazione di suolo pubblico, il controllo sul fatto che ciò non avvenga abusivamente rientra nella competenza del Comune. Pertanto, al gestore non può essere imposto di vigilare su un uso degli spazi esterni autonomamente fatto dagli avventori. Deve essere precluso, al gestore, di servire i propri clienti all’esterno o favorire il consumo di quanto somministrato all’interno del locale con la predisposizione di sedute e tavoli non autorizzate, ma sul rispetto di ciò deve vigilare esclusivamente il Comune.
Ogni altro uso degli spazi esterni fatto dai clienti autonomamente non può essere imputato al gestore del locale, il quale non può avere alcuna responsabilità per lo stesso, in quanto egli non ha a disposizione alcuno strumento di coercizione nei confronti di chi non rispetti il divieto di stazionamento, dovuto alla mancanza di autorizzazione all’uso del plateatico.
Per cui, il titolare dell’esercizio di somministrazione risponde del disturbo della quiete pubblica solo per quanto accertato all’interno del locale stesso, o, se autorizzato all’occupazione di suolo pubblico, solo per quanto accertato all’interno della legittima occupazione.
27 dicembre 2017