Il contributo di costruzione

Casi particolari e soluzioni operative

Servizi Comunali Opere pubbliche
di Petrulli Mario
06 Giugno 2022

Il contributo di costruzione connesso al rilascio del permesso di costruire presenta alcune peculiarità che possono essere foriere di dubbi applicativi; per tale motivo, nella seguente breve trattazione ci soffermeremo su determinati aspetti particolari della disciplina normativa (artt. 16-19 del Testo Unico Edilizia), allo scopo di fornire un utile vademecum operativo, alla luce della recente giurisprudenza.

Momento determinativo degli importi dovuti e relativa motivazione
Dal principio tempus regit actum discende la regola generale che vuole che la determinazione del contributo di costruzione, sia per la componente commisurata agli oneri di urbanizzazione (che svolgono la funzione di compensare la collettività per il nuovo ulteriore carico urbanistico che si riversa sulla zona a causa della consentita attività edificatoria) (Tar Piemonte, Tar Brescia) sia per quella relativa al costo di costruzione (che rappresenta una compartecipazione comunale all’incremento di valore della proprietà immobiliare) (Tar Piemonte, Tar Brescia) debba essere riferita al momento del rilascio del permesso di costruire, in cui sorge l'obbligazione contributiva correlata all’intervento edilizio programmato dall’interessato (Tar Umbria). [1]

I provvedimenti relativi alla determinazione degli oneri concessori non necessitano di motivazione in ordine alla somma indicata, in quanto conseguenza di un mero calcolo materiale da effettuarsi sulla base di puntuali indicazioni normative, senza che in proposito residui un margine di discrezionalità. Non è, pertanto, configurabile a carico dell’Amministrazione, nella redazione di tali atti aventi natura paritetica, l’onere di specificare le ragioni della decisione adottata, sicché l'interessato può solo contestare l'erroneità dei conteggi effettuati dall'ente (Tar Lazio).

Mancata realizzazione dell’intervento edilizio assentito
Può accadere che, per rinuncia del titolare o per decadenza del permesso di costruire, l’intervento edilizio non venga realizzato: in questi casi, il pagamento effettuato dall’interessato risulta privo di causa. Conseguentemente, sorge in capo all’Amministrazione ex art. 2033 c.c. [2] , l’obbligo di restituzione delle somme corrisposte a titolo di contributo per oneri di urbanizzazione e costo di costruzione nonché, conseguentemente, il diritto del privato (esercitabile nell’ordinario termine prescrizionale decennale) a pretenderne la restituzione (Tar Puglia, Tar Campania, Consiglio di Stato).
L’ufficio tecnico, conseguentemente, dopo adeguata istruttoria finalizzata a confermare la mancata realizzazione, dovrà procedere alla restituzione del contributo già pagato, tramite adozione di apposita determina del responsabile.
Nel caso della restituzione degli oneri concessori per mancato utilizzo del permesso di costruire, deve ritenersi la buona fede del Comune e, conseguentemente, sono dovuti gli interessi dal momento della domanda di restituzione ma non è dovuta la rivalutazione monetaria, trattandosi di pagamento di indebito oggettivo, il quale genera la sola obbligazione di restituzione con gli interessi a norma dell'art. 2033 c.c. (Tar Umbria, Tar Lombardia, Tar Friuli-Venezia Giulia, Tar Lombardia)

Prescrizione del contributo di costruzione
Al diritto di credito connesso agli oneri concessori, in quanto tipico diritto di credito, si applica la complessiva disciplina civilistica vigente e, soprattutto, l’ordinario regime prescrizionale decennale ex art. 2946 c.c.(Tar Marche); il dies a quo, di azionabilità del credito comunale per oneri di urbanizzazione, decorre dalla data in cui questo diritto possa essere fatto valere, ossia dal momento del rilascio del permesso di costruire (Tar Campagnia), poiché è da tale momento che l'amministrazione determina (o può determinare) i relativi importi e che, di conseguenza, il relativo diritto può esser fatto valere (art. 2935 c.c.); la decorrenza del termine prescrizionale dei sessanta giorni successivi alla data di ultimazione delle opere vale, invece, solo in relazione ai crediti concernenti il costo di costruzione (Tar Sicilia).

Possibili correzioni degli importi
L’atto di determinazione degli oneri concessori ha natura paritetica e non autoritativa né costituisce esplicazione di una potestà pubblicistica, ma si risolve in un mero atto ricognitivo e contabile, in applicazione di rigidi e prestabiliti parametri regolamentari e tabellari, esclusa qualsivoglia discrezionalità applicativa; ciò comporta che, nell’ordinario termine decennale di prescrizione sia sempre possibile, e anzi doverosa, da parte della P.A., la rideterminazione del contributo ove si accorga (o venga richiesto dall’interessato) che la sua originaria liquidazione sia dipesa dall’applicazione inesatta o incoerente di parametri e coefficienti determinativi o da un semplice errore di calcolo(Consiglio di Stato n. 7847 - n. 12, Tar Campania). Anche in questo caso, sarà necessaria l’adozione di determina motivata da parte del responsabile dell’ufficio tecnico.
Agli atti di correzione non si applica la disciplina dell’autotutela dettata dallart. 21-nonies della Legge n. 241/1990(Tar Veneto, Tar Lazio), proprio in ragione della citata natura paritetica dell’atto che determina il quantum dovuto.

La difformità dell’intervento edilizio realizzato rispetto a quello assentito e le conseguenze sul contributo
Posto che la liquidazione del contributo è connessa alle caratteristiche dell’edificio progettato ed assentito con il rilascio del titolo edilizio, la difformità tra gli interventi oggetto del permesso di costruire e quelli effettivamente realizzati legittima la richiesta di pagamento del maggior contributo da parte del Comune (Tar Marche), nel limite dell’ordinario termine di prescrizione decennale. In concreto, l’ufficio tecnico comunale è chiamato a verificare se l’edificio come effettivamente realizzato è diverso da quello previsto: se la verifica è positiva, sarà necessario calcolare il nuovo contributo e chiedere al titolare il pagamento della differenza.

Il contenzioso in materia di contributo
Le controversie in materia di determinazione degli oneri di urbanizzazione e/o del costo di costruzione sono state comunque sottoposte alla cognizione del giudice amministrativo (Tar Campania) sia dall’art. 34 del D.Lgs. n. 80/1998, sia dall’art. 133, lett. f), cod. proc. amm. (D.Lgs. n. 104/2010), in quanto tale tipo di controversie rientra nell’ambito di quelle “aventi ad oggetto gli atti ed i provvedimenti delle Pubbliche Amministrazioni in materia urbanistica ed edilizia, concernente tutti gli aspetti dell’uso del territorio”.
La giurisdizione del giudice amministrativo nella specifica materia ha altresì carattere esclusivo e, quindi, investe sia l’an, sia il quantum del contributo; con l'ulteriore precisazione che oggi, dopo l'entrata in vigore dell'art. 7 della Legge 21 luglio 2000, n. 207, tale giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo comprende anche i giudizi avverso l'ordinanza-ingiunzione emessa dal Comune ai sensi dell'art. 2 del R.D. 14 aprile 1910, n. 639 in materia di riscossione coattiva (Tar Campania).
L’azione volta alla declaratoria della non debenza del contributo non costituisce un giudizio meramente impugnatorio dell’atto o degli atti che ingiungono il pagamento, ma attiene ad un giudizio di accertamento relativo ad un rapporto obbligatorio pecuniario, proponibile nel termine ordinario decennale di prescrizione (Tar Sicilia, Tar Toscana, Tar Sicilia, Tar Emilia Romagna, Consiglio di Stato, Tar Lombardia) e che prescinde dalla caducazione di eventuali atti illegittimi (Tar Basilicata).

La voltura del permesso di costruire e le conseguenze sul contributo
Non essendo la prestazione oggetto dell'obbligazione contributiva caratterizzata in senso personale (Tar Campania), secondo la giurisprudenza (Tar Abruzzo, Tar Toscana), in caso di voltura del permesso di costruire l’obbligo di pagamento degli oneri di urbanizzazione e del costo di costruzione si trasferisce in capo al cessionario qualora la parte cedente non abbia ancora iniziato l’edificazione: in tale ipotesi quest’ultima viene, infatti, a trovarsi liberata, in virtù della voltura del titolo edilizio, dall’obbligo di corrispondere tali oneri, non essendosi verificato il presupposto di esigibilità del credito pubblico, ovvero la materiale trasformazione urbanistica del territorio.
Laddove, invece, il presupposto di esigibilità del credito, ovvero l’edificazione, abbia avuto consistenza in capo sia al cedente, che al cessionario, gli stessi sono solidalmente tenuti verso l’Amministrazione al pagamento degli oneri concessori, in quanto il fenomeno edilizio ha tratto origine da due coautori.
Più recentemente (Tar Lazio, Consiglio di Stato), è stato precisato che la semplice voltura del permesso di costruire non comporta il trasferimento automatico in capo al nuovo titolare delle obbligazioni contratte dall'originario concessionario con l'Amministrazione: occorre in tal senso l'espresso accollo del nuovo titolare e l'accettazione dell'Amministrazione creditrice.

Permesso di costruire in variante e conseguenze sul quantum originario del contributo di costruzione
Il contributo per oneri di urbanizzazione e costo di costruzione per le opere oggetto di un permesso in variante deve essere calcolato sommando le opere dei due titoli edilizi assentiti (permesso originario e variante), scomputando quanto già pagato al momento del rilascio del titolo originario (Tar Campania). Per la concessione in variante, però, la quota percentuale della parte del contributo commisurato al costo di costruzione delle opere ad essa riferite deve essere calcolata con riferimento alle norme vigenti al momento del rilascio della variante stessa e limitatamente alle opere che ne costituiscono oggetto, escludendo cioè quelle già considerate (e quantificate) al momento del rilascio del permesso di costruire originario.
Con la variante l’ufficio tecnico deve, quindi, determinare in via di conguaglio gli oneri e il corrispondente contributo non in relazione all'intero complesso in via di realizzazione, ma con riferimento alle sole opere nuove e ulteriori volumetrie assentite con la concessione in variante, da calcolare sulla base del nuovo parametro vigente al momento del rilascio del titolo in variante; sulla complessiva somma dovuta per oneri, da quantificarsi come sopra, va poi scorporata la somma già versata (Tar Sardegna, Tar Molise n.109114 - 118 , Tar Lombardia).

Preesistenza delle opere di urbanizzazione e conseguenze sul contributo di costruzione
Posto che il contributo di costruzione ha carattere generale e prescinde totalmente dalle singole opere di urbanizzazione e viene altresì determinato indipendentemente sia dall'utilità che il concessionario ritrae dal titolo edificatorio sia dalle spese effettivamente occorrenti per realizzare dette opere, l’eventuale presenza di opere di urbanizzazione già realizzate non può fondatamente essere invocate per sostenere che non è dovuto il pagamento della relativa quota del contributo di costruzione (Tar Veneto).

Trasformazione di un edificio bifamiliare in unifamiliare
Non può dirsi realizzato un aumento del carico urbanistico nel caso di trasformazione di un edificio bifamiliare in unifamiliare, riducendone anche la superficie lorda di pavimento: non ricorre pertanto il presupposto che giustifica l'imposizione del pagamento degli oneri di urbanizzazione (Tar Lombardia).

Demo-ricostruzione con medesima volumetria e oneri di urbanizzazione
Il presupposto dell’onerosità della trasformazione edilizia è costituito dal maggior carico urbanistico determinato dall’intervento, per cui l’Ente locale deve richiedere il pagamento degli oneri se il peso insediativo aumenta, mentre non deve chiedere alcunché se non si verifica alcuna variazione del carico urbanistico; per tale motivo, nell’ipotesi di ristrutturazione ricostruttiva, intesa quale demolizione e ricostruzione dell’immobile con la medesima volumetria, gli oneri di urbanizzazione non sono dovuti (Tar Lazio).

Articolo di Mario Petrulli


[1] Tale principio vale anche nel caso di oneri concessori per il rilascio del titolo in sanatoria; la giurisprudenza ha affermato che “Ai sensi dell’art. 36, c. 2, del D.P.R. n. 380/2001, il rilascio del permesso in sanatoria è subordinato al pagamento, a titolo di oblazione, del contributo di costruzione in misura doppia, ovvero, in caso di gratuità a norma di legge, in misura pari a quella prevista dall’art. 16 dello stesso decreto. La giurisprudenza ha già avuto modo di precisare che gli oneri concessori devono essere determinati secondo le tabelle vigenti al momento del rilascio del titolo in sanatoria e non della presentazione della domanda; tale regola trae fondamento, in primo luogo, nell’applicazione del canone tempus regit actum, perché è soltanto con l’adozione del provvedimento di sanatoria che il manufatto diviene legittimo e, quindi, concorre alla formazione del carico urbanistico che costituisce il presupposto sostanziale del pagamento del contributo e, in secondo luogo, in considerazioni di ordine teleologico, in quanto consente di meglio tutelare l’interesse pubblico all’adeguatezza della contribuzione rispetto ai costi reali da sostenere (Cons. Stato, sez. II, 27 aprile 2020, nn. 2667 e 2680; Id., sez. VI, 2 luglio 2019, n. 4514; TAR Campania, Napoli, sez. II, 7 novembre 2013 n. 4944)”: TAR Toscana, sez. III, sent. 1° giugno 2021, n. 835.
Segnaliamo che, secondo quanto affermato dal TAR Campania, Salerno, sez. II, nella sent. 4 novembre 2019 n. 1902, “deve ritenersi illegittima la nota di quantificazione degli oneri di urbanizzazione, comunicata dal Comune all’interessato, che utilizza uno dei due parametri (quello che quantifica la somma dovuta al metro quadro) contenuto in un piano PIP ormai scaduto: tale riferimento ad un piano particolareggiato oramai scaduto ed a parametro non più vigente determina uno scostamento dalle regole sopra esposte. Al contrario, il contributo per gli oneri deve calcolarsi applicando le tabelle parametriche in vigore al momento del calcolo per gli interventi costruttivi per il tipo di opera da realizzare in quella determinata zona”.

 

[2] “Chi ha eseguito un pagamento non dovuto ha diritto di ripetere ciò che ha pagato. Ha inoltre diritto ai frutti e agli interessi dal giorno del pagamento, se chi lo ha ricevuto era in mala fede, oppure, se questi era in buona fede, dal giorno della domanda.”

 

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