Attestato di soggiorno permanente

Risposta del Dott. Roberto Gimigliano

Quesiti
di Gimigliano Roberto
13 Dicembre 2021

Un cittadino bulgaro titolare di un'impresa individuale dal 05/03/2015, chiede l'attestato di soggiorno permanente, per la verifica dei requisiti ha prodotto la dichiarazione dei redditi degli ultimi 5 anni, che nel quadro RN reddito complessivo indica zero per tutti gli anni, la ditta individuale risulta in possesso di regolare DURC.

La verifica del possesso di risorse economiche per il sostentamento risulterebbe negativa, il cittadino ha anche due figli per il quale richiede l'attestato permanente di soggiorno, si può procedere al rilascio dell'attestato permanente per lui e i due figli?

Risposta

La dimostrazione della legalità del soggiorno ai fini del  rilascio dell’attestato permanente poteva essere data mediante l’iscrizione anagrafica per almeno 5 anni:

  • uno o più titoli di soggiorno per un arco temporale di 5 anni  continuativi;
  • attestato di iscrizione anagrafica di cittadino comunitario  rilasciato dall'ufficiale d’anagrafe da almeno 5 anni;
  • Titolo di soggiorno + attestato di iscrizione fino alla concorrenza  dei 5 anni;
    La sentenza della Corte di Giustizia 21 del dicembre 2011 Procc.  C-424/10 e C-425/10 a rivisitato tali modalità operative tenendo conto della nuova  interpretazione del concetto di soggiorno legale.
    La legalità del soggiorno dopo la  sentenza della Corte di Giustizia “ … Se una disposizione di diritto dell’Unione non contiene un  espresso richiamo al diritto degli Stati membri per la  determinazione del suo senso e della sua portata, tale disposizione deve normalmente dar luogo, nell’intera Unione, ad  un’interpretazione autonoma ed uniforme”
    La Direttiva 2004/38/CE NON fornisce alcuna precisazione  circa il modo in cui deve essere intesa l’espressione “che  abbia soggiornato legalmente” e NON effettua alcun rinvio  ai diritti nazionali per quanto riguarda il significato da  attribuire a tale espressione.
    Non esistendo un rinvio alle legislazioni dei  singoli Stati membri ed al fine di rispettare il  principio della applicazione uniforme del diritto concetto di “soggiorno legale” si deve far  riferimento alla interpretazione data dallo stesso  legislatore comunitario e dalla Corte di giustizia.
    Per questi motivi la Corte (Grande Sezione) dichiara:
    1) L’art. 16, n. 1, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 29  aprile 2004, 2004/38/CE, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e  dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio  degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed  abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE,  73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e  93/96/CEE, deve essere interpretato nel senso che non si può ritenere che  il cittadino dell’Unione che abbia compiuto un soggiorno di più di cinque  anni sul territorio dello Stato membro ospitante sulla sola base del diritto  nazionale di tale Stato abbia acquisito il diritto al soggiorno permanente  in conformità a tale disposizione se, durante tale soggiorno, egli non  soddisfaceva le condizioni di cui all’art. 7, n. 1, della stessa direttiva.
    Alla luce di tali indicazioni l’ufficiale d’anagrafe non potrà più fare  riferimento alle “vecchie regole” ma dovrà accertare l ’effettivo  possesso delle condizioni di soggiorno per l’arco temporale dei 5 anni  previsto dalla legge.
    In pratica spetta al cittadino l’onere di dimostrare documentalmente il  possesso dei requisiti (La richiesta deve essere “corredata dalla  documentazione atta a provare le condizioni” (art. 16 comma  1 d.lgs. N. 30/2007), compete all’ufficiale d’anagrafe la valutazione  della sussistenza dei presupposti per il rilascio dell’attestato  permanente.
    Per la fattispecie non si ritiene quindi possibile il rilascio dell’attestato di soggiorno permanente.
    9 dicembre 2021           Roberto Gimigliano
     

Per i clienti Halley: ricorrente QD n. 1949, sintomo n. 1980

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