Processi di valutazione di impatto sociale delle politiche pubbliche di integrazione sociale dei migranti
IFEL - Webinar/e-Learning 3 novembre 2022
Risposta della Dott. ssa Liliana Palmieri
Quesiti
Sempre più frequentemente le ASUR inviano cittadini comunitari in comune per richiedere il rilascio dell'attestazione di soggiorno permanente. Ci troviamo quindi a valutare periodi lavorativi documentati con estratti conti previdenziali. Quando riusciamo a ricostruire 5 anni consecutivi di attività lavorativa ininterrotta non ci sono problemi ma ci capita spesso di trovare dei "buchi" che possono variare da pochi giorni a qualche mese. Negli estratti allegati si evidenzia la presenza di interruzioni dell'attività lavorativa che oscillano da 2 giorni a 15 giorni o anche a mesi. Come dobbiamo comportarci per quei peridi? Per coprire quei "buchi" sappiamo già che per quanto riguarda i redditi possono essere autodichiarati. Il problema è per la copertura sanitaria. Sappiamo che il lavoratore mantiene le condizioni anche in caso di licenziamento (disoccupazione involontaria) purchè abbia assolto il dovere di mantenere l'iscrizione al centro per l'impiego. Ovviamente per interruzione di pochi giorni la persona difficilmente può aver adempiuto in questo senso. Come dobbiamo comportarci? Per i "buchi" nell'attività lavorativa dobbiamo chiedere alla persona dichiarazione sostitutiva riguardante i redditi e rivolgerci all'asur per sapere se in quel periodo di fermo aveva la copertura sanitaria? Ma la copertura sanitaria non è un riflesso della condizione di lavoratore? Il D.Lgs 30/2007 all’art. 14 comma 3
“3. La continuita' del soggiorno non e' pregiudicato da assenze che non superino complessivamente sei mesi l'anno, nonche' da assenze di durata superiore per l'assolvimento di obblighi militari ovvero da assenze fino a dodici mesi consecutivi per motivi rilevanti, quali la gravidanza e la maternita', malattia grave, studi o formazione professionale o distacco per motivi di lavoro in un altro Stato membro o in un Paese terzo.”
“La continuita' del soggiorno” fa riferimento alla presenza continuativa della persona sul territorio italiano a prescindere dalla residenza ma ritengo non faccia riferimento ai requisiti quali la qualità di lavoratore o in alternativa risorse economiche /copertura sanitaria.
In pratica posso rilasciare un’attestazione di soggiorno permanete a persone che hanno 5 anni di soggiorno in Italia durante i quali la persona ha lavorato ma con brevi interruzioni che oscillano da pochi giorni a qualche mese? Devo chiedere documentazione integrativa per coprire quei “buchi” ? e che documentazione potrei chiedere?
Il diritto di soggiorno permanente si matura al ricorrere di due requisiti: il soggiorno legale e il soggiorno continuativo per un arco temporale di 5 anni. E' la regola che si ricava dall'art. 16 della Dir. 2004/38/CE e dall’art. 14 d.lgs. n. 30/2007 “Il cittadino dell'Unione che ha soggiornato legalmente ed in via continuativa per cinque anni nel territorio nazionale ha diritto al soggiorno permanente non subordinato alle condizioni previste dagli articoli 7, 11, 12 e 13”.
Ciò significa che ha diritto all’attestato permanente (avendo maturato il diritto di soggiorno permanente) il cittadino dell’Unione che dimostra di aver posseduto i requisiti per un periodo di 5 anni consecutivi (non necessariamente gli ultimi 5 anni) e che ha soggiornato sempre per i predetti 5 anni consecutivi nel territorio nazionale (salve le brevi interruzioni previste dall’art. 14 comma 3 “La continuità del soggiorno non è pregiudicata da assenze che non superino complessivamente 6 mesi l'anno, nonché da assenze di durata superiore per l'assolvimento di obblighi militari, ovvero da assenze fino a 12 mesi consecutivi per motivi rilevanti, quali la gravidanza e la maternità, malattia grave, studi o formazione professionale o distacco per motivi di lavoro in un altro Stato membro o in un Paese terzo”).
Per quanto riguarda il concetto di soggiorno, occorre precisare che la norma prevede quale requisito necessario NON la “residenza”, bensì appunto, il “soggiorno”, come evidenziato correttamente nel quesito; si precisa, inoltre, che la continuità del soggiorno si perde non già con la mancata iscrizione o con la cancellazione dall’anagrafe della popolazione residente, bensì con l’allontanamento dall’Italia e cioè con l’espatrio per determinati periodi. Pertanto è evidente che, di per sé, l’iscrizione anagrafica, sia pure ininterrotta per i cinque anni di soggiorno legale, non sarà sufficiente a dimostrare che l’interessato non si sia allontanato dall’Italia per periodi superiori a quelli previsti dalla legge. Infatti, anche qualora l’interessato abbia provveduto ad iscriversi in anagrafe e a rispettarne le regole, un suo allontanamento dal luogo di residenza potrebbe non comportare la cancellazione anagrafica ma potrebbe pregiudicare la maturazione del diritto di soggiorno permanente.
Pertanto, la continuità del soggiorno deve essere dichiarata dall'interessato e non è desumibile dalla continuità della iscrizione anagrafica; in pratica, costituirà oggetto della dichiarazione circa la continuità del soggiorno la circostanza che l'assenza dal territorio nazionale non è stata superiore a sei mesi l'anno, ovvero per periodi superiori a sei mesi l'anno ma per l'assolvimento di obblighi militari, ovvero non superiore a 12 mesi consecutivi per i seguenti motivi rilevanti: gravidanza e maternità, malattia grave, studi o formazione professionale o distacco per motivi di lavoro in un altro Stato membro o in un Paese terzo.
Per quanto concerne la legalità del soggiorno, la dimostrazione del possesso dei requisiti è abbastanza agevole per il cittadino che ha lavorato per almeno 5 anni continuativi; costui ha diritto all’attestato permanente sulla base della prova dell’attività lavorativa, subordinata o autonoma, per un periodo di 5 anni (oltre che della predetta dichiarazione di soggiorno continuativo). Non osta alla maturazione del diritto di soggiorno permanente il fatto che l'interessato abbia lavorato per un periodo inferiore ai cinque anni ma abbia posseduto requisiti di altra natura, fino alla concorrenza dei 5 anni; ad esempio potrebbe avere avuto risorse economiche sufficienti ed un titolo di copertura dei rischi sanitari (polizza sanitaria o iscrizione al SSN) oppure potrebbe essere stato familiare di cittadino dell'Unione con autonomi requisiti di soggiorno.
Sono ammissibili anche brevi interruzioni nell'attività lavorativa, che, se quantificabili appunto come brevi, non pregiudicano la maturazione del diritto di soggiorno permanente.
La brevità e la motivazione dei vuoti non è determinabile in astratto, ma dovrà essere ponderata con attenzione in relazione al singolo caso concreto, tenendo presente anche che, in caso di apparente vuoto, potrebbero invece sussistere ugualmente i requisiti, anche se di altra natura: ad es. nei periodi in cui la persona non ha lavorato, potrebbe aver avuto comunque un titolo di copertura dei rischi sanitari (es. iscrizione SSN) e risorse economiche sufficienti.
Occorre quindi valutare la situazione complessiva, anche alla luce del fatto che, come già detto, i requisiti possono essere anche eterogenei (quindi non solo lavoro, ma anche risorse e titolo di copertura dei rischi sanitari ecc.).
In aggiunta a quanto sopra esposto, si precisa che:
- L'estratto conto previdenziale dell'INPS è un documento valido, come prova del possesso del requisito della qualità di lavoratore e dunque di persona in possesso delle condizioni di soggiorno legale. Pertanto, valutando le specificità di ogni singolo caso, esso può essere considerato sufficiente ai fini della dimostrazione della qualità di lavoratore o di persona che ha conservato il diritto di soggiorno per un determinato periodo.
- In applicazione del principio comunitario di proporzionalità, brevi interruzioni nel possesso dei requisiti di soggiorno non pregiudicano la maturazione del diritto di soggiorno permanente.
Ricordo, infine, che a norma dell’art. 19 comma 4 del d.lgs. n. 30/2007, la qualità di titolare di diritto di soggiorno e di titolare di diritto di soggiorno permanente può essere attestata con qualsiasi mezzo di prova previsto dalla normativa vigente «fermo restando che il possesso del relativo documento non costituisce condizione necessaria per l'esercizio di un diritto».
Questa disposizione ci aiuta a ricordare che l’attestato che rilascia l’ufficiale d’anagrafe è uno strumento utile a dimostrare la maturazione del diritto di soggiorno permanente, ma non è l’unico, ben potendo il cittadino comunitario dimostrare a chi richiede l’attestato (nel nostro caso la ASL) di aver maturato il diritto di soggiorno permanente con qualsiasi mezzo di prova (es. mostrando alla ASL la documentazione che esibisce all’ufficiale d’anagrafe per ottenere l’attestato permanente).
7 dicembre 2021 Liliana Palmieri
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