La risposta al primo quesito è ASSOLUTAMENTE NEGATIVA!
Come è noto, in applicazione dell'art. 117 Costituzione, lo Stato ha potestà legislativa esclusiva in materia di anagrafe, stato civile e cittadinanza. Ciò significa che il Comune non ha alcuna legittima possibilità di normare o regolamentare la materia anagrafica, introducendo regole e criteri che solo il legislatore nazionale può adottare.
Per quanto riguarda in particolare il consenso, questo non è previsto da nessuna norma anagrafica, né dalla legge generale sul procedimento amministrativo (L. 241/1990), che prevede invece l'applicazione di un istituto di portata generale: la comunicazione di avvio del procedimento, strumento garantista introdotto dalla citata legge, con la finalità di consentire la partecipazione al procedimento amministrativo.
Pertanto non dovrà essere richiesto alcun consenso, ma dovrà invece essere inviata la comunicazione di avvio del procedimento oltre che all'interessato, ad eventuali cointeressati o controinteressati, purché individuati o facilmente individuabili, inclusi dunque i proprietari degli immobili.
Alla luce di quanto appena indicato, anche alla seconda domanda deve essere data risposta negativa.
Si precisa, peraltro, che la questione oggetto del quesito chiama in causa la complessa tematica dell'abusivismo e delle disposizioni miranti ad evitare, appunto, l'occupazione abusiva dell'alloggio: il riferimento è all'art. 5 del D.L. n. 47/2014.
Tuttavia, occorre evidenziare che la suddetta norma viene usata ed abusata strumentalmente per fini che sono del tutto estranei al concetto di abusivismo e all’obiettivo che la legge intende perseguire, ossia IMPEDIRE L’ISCRIZIONE ANAGRAFICA DI CHI HA OCCUPATO L’IMMOBILE ALTRUI COMMETTENDO UN REATO. L’occupazione è abusiva solamente quando ricorrono i presupposti individuati dal legislatore; nello specifico, il citato art. 5 D.L. n. 47/2014, norma che sanziona con la nullità il provvedimento di iscrizione anagrafica presso l’immobile occupato abusivamente, è stato, fin dalla sua entrata in vigore, uno strumento normativo utilizzato spesso in maniera distorta e, spiace dirlo, anche in maniera strumentale ad interessi estranei alla finalità perseguita dalla norma stessa, da parte dei proprietari degli alloggi.
Tale norma non ha la finalità di travolgere il principio anagrafico in base al quale l'iscrizione deve corrispondere alla reale condizione abitativa di fatto; né con tale norma, il legislatore intende entrare nel merito di questioni private, di natura civilistica, attinenti i rapporti fra proprietario e inquilino. La finalità della norma è invece solamente quella di ripristinare situazioni di legalità compromesse da fatti "penalmente rilevanti", quali sono ad esempio le occupazioni violente di immobili altrui, mediante azioni di forza.
A sostegno di quanto indicato, si fa riferimento alla Circolare del Ministero dell'interno n. 14 del 06/08/2014, che precisa: "... Al fine di chiarire la portata della disposizione in argomento è utile osservare che la volontà del legislatore, così come rilevabile dagli atti parlamentari, sia stata quella di consentire il "... ripristino delle situazioni di legalità compromesse dalla sussistenza di fatti penalmente rilevanti", posto che "... l'attuale quadro normativo consente a coloro i quali abbiano occupato abusivamente un edificio di ottenervi la residenza ...". La Circolare riporta anche un estratto della Relazione di accompagnamento dell'Atto Senato n. 1413, dove si afferma con chiarezza questo principio.
Quando poi, la persona da iscrivere in anagrafe ha un vincolo affettivo (anche di mera amicizia) dichiarato con l’inquilino che, di sicuro, non ha occupato abusivamente l’immobile, occorre tener presente che la giurisprudenza, in maniera molto decisa, si è sempre orientata verso la tutela dell’unità familiare e dei vincoli di amicizia (cfr. Cassazione Sez. III, sent. N. 14343 del 19-06-2009 “… i divieti di ospitalità (non temporanea di persone estranee al nucleo familiare anagrafico) del contratto di locazione confliggono proprio con l'adempimento dei doveri di solidarietà (art. 2 Costituzione) che si può manifestare attraverso l'ospitalità offerta per venire incontro ad altrui difficoltà e possono altresì confliggere con la tutela dei rapporti sia all'interno della famiglia fondata sul matrimonio sia di una convivenza di fatto tutelata in quanto formazione sociale, o con l'esplicazione di rapporti di amicizia”.
In sostanza, la funzione anagrafica non ha e non può avere la finalità di dirimere questioni interprivatistiche, andando dunque ad incidere nella sfera dei rapporti privatistici intercorrenti fra il proprietario dell'immobile e il conduttore.
Si osserva, infine, che l'iscrizione anagrafica è un diritto soggettivo che affonda le sue radici sul presupposto della dimora abituale e non può dunque essere oggetto di concessione, alla stregua di altri provvedimenti che implicano un margine di discrezionalità in capo a chi adotta il provvedimento finale.
Pertanto, l'operato dell'ufficiale d'anagrafe appare essere stato corretto e conforme alla normativa vigente.
Si precisa, inoltre, che ai fini dell'eventuale annullamento in autotutela di un provvedimento anagrafico ai sensi degli artt. 21 octies e nonies L. n. 241/1990, il termine entro il quale procedere, pur dovendo essere ragionevole, non coincide affatto con i dodici mesi: ciò semplicemente perché i provvedimenti di iscrizione, mutazione o cancellazione anagrafica non incarnano i presupposti del provvedimento di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici. Il provvedimento anagrafico non è un provvedimento attributivo di vantaggi economici e non è un atto autorizzatorio.
13 ottobre 2021 Liliana Palmieri
Per i clienti Halley: ricorrente QD n. 1890, sintomo n. 1921