Trascrizione tardiva di un matrimonio canonico celebrato nel 2019 tra due cittadini non residenti

Risposta al quesito del Dr. Roberto Gimigliano

Quesiti
di Gimigliano Roberto
27 Agosto 2021

Un parroco del mio comune mi chiede la trascrizione tardiva di un matrimonio canonico celebrato nel 2019 tra due cittadini non residenti.

Al momento della celebrazione la moglie era di stato civile "nubile", mentre il marito era "in attesa di delibazione" (il precedente matrimonio era stato annullato dalla sacra rota in data 13.12.2018, ma la sentenza non era ancora stata riconosciuta dal tribunale italiano).

La pronuncia che riconosce l'efficacia della sentenza della sacra rota è stata emessa dalla corte d'appello di Brescia in data 03.03.2020. Ora il parroco mi chiede la trascrizione presentando i seguenti documenti:

-ATTO MATRIMONIO

-LICENZA CELEBRAZIONE MATRIMONIO CANONICO

-DOMANDA PER OTTENERE VISTO TRASCRIZIONE TARDIVA MATRIMONIO

-SENTENZA CORTE D'APPELLO DI BRESCIA CHE RICONOSCE EFFICACIA SENTENZA SACRA ROTA.

Ci sono i requisiti di legge per procedere alla trascrizione di questo matrimonio? Se sì in che parte va trascritto?

Risposta

La trascrizione nei registri di stato civile avviene ricevuto l’atto di matrimonio, da parte dell’ufficiale di stato civile che  dovrà trascriverlo negli appositi registri nelle 24 ore successive al ricevimento comunicandone l’avvenuto adempimento al parroco.

Se il matrimonio religioso non venisse trascritto nei registri civili resterebbe un atto religioso privo di effetti per l’ordinamento italiano.

La trascrizione dell’atto non ha solo, dunque, una semplice funzione di pubblicità cd. dichiarativa, ma ha anche carattere costitutivo e cioè è fondamentale per la produzione degli effetti civili del matrimonio cattolico che vengono costituiti con effetto retroattivo, ovvero dal giorno della celebrazione.

Vi sono taluni casi in cui la legge prevede che il matrimonio concordatario non possa conseguire (o conseguire subito) gli effetti civili; in tali casi si parla di cause di intrascrivibilità, per cui il matrimonio non potrà essere trascritto, ovvero:

quando gli sposi non abbiano l’età che la legge civile richiede per la celebrazione (18 anni o 16 se autorizzati dal tribunale per i minorenni);

quando vi sia un impedimento inderogabile per la legge civile e cioè:

  • quando uno degli sposi è interdetto per infermità di mente;
  • quando tra gli sposi sussiste un altro matrimonio valido agli effetti civili;
  • quando sussistono impedimenti derivanti da delitto;
  • quando sussistono impedimenti derivanti da affinità in linea retta.

Tuttavia, anche in presenza di un impedimento inderogabile, il matrimonio può essere trascritto (e conseguire effetti civili) quando l’azione di nullità o di annullamento prevista dalla legge civile non possa essere più promossa.

Si dice trascrizione tardiva quella che segue alla richiesta di trascrizione dopo 5 giorni dalla celebrazione del matrimonio.

La legge ammette questo tipo di trascrizione solo se ricorrono due condizioni:

che essa sia richiesta da entrambi i coniugi o anche solo da uno di essi, ma con la conoscenza e senza l’opposizione dell’altro;

che gli sposi abbiano conservato ininterrottamente lo stato libero (per la legge civile) dal momento della celebrazione a quello della richiesta di trascrizione.

La trascrizione tardiva ha efficacia retroattiva, non ci sono tempistiche precise  e nel rispetto delle condizioni di cui appena detto è sempre possibile.

Per il caso prospettato La sentenza della Corte d’appello ha reso esecutiva la sentenza di nullità del matrimonio, resa dal Tribunale Ecclesiastico.

Le Sezioni unite con la sentenza n. 1824 del 1993 ha confermato la giurisdizione del Tribunale ecclesiastico nelle controversie afferenti alla nullità del matrimonio celebrato secondo le disposizioni del diritto canonico. Con la medesima sentenza è stato sancito, altresì, il principio di diritto secondo cui sulla base dell’accordo di revisione del Concordato con la Santa sede dell’11 febbraio 1929 la riserva di tale giurisdizione doveva ritenersi abrogata ex art. 13 dell’Accordo medesimo, in maniera tale che per le controversie in materia di nullità del matrimonio concordatario sussistono entrambe le giurisdizioni: quella italiana e quella ecclesiastica. Queste concorrono sulla base del criterio della prevenzione e del collegamento nel procedimento delibativo delle decisioni del tribunale ecclesiastico.

Ulteriore tassello in materia è stato posto dagli interpreti con la sentenza della prima Sezione civile n. 4202 del 2001 con la quale è stato affermato che “essendo venuta meno l’esclusività della giurisdizione dei Tribunali ecclesiastici sulle cause di nullità dei matrimoni concordatari – qualora le parti non introducano espressamente nel giudizio di divorzio questioni circa l’esistenza e la validità del matrimonio – di regola la validità e l’esistenza stessa del matrimonio costituiscono un presupposto della sentenza di divorzio. Tuttavia, non sono oggetto di specifico accertamento suscettibile di dare luogo al formarsi di un giudicato. Nella specie, le contestazioni afferenti alla esistenza e validità del matrimonio inciderebbero sullo stato delle persone e come tali non possono essere adottate incidenter tantum, ma dovrebbero essere decise necessariamente ai sensi dell’art. 34 c.p.c., con accertamento avente efficacia di giudicato. Per le ragioni sopra esposte, la sentenza di divorzio non impedisce la possibilità di delibazione della sentenza dei Tribunali ecclesiastici con cui sia stata dichiarata la nullità del matrimonio concordatario.

La Corte ha precisato, inoltre, che gli impegni assunti dall’Italia con l’Accordo del 1984 si sostanziano nell’obbligo per la prima di riconoscere gli effetti civili ai matrimoni contratti sulla base delle norme del diritto canonico e, per altro verso, di dichiarare efficaci le sentenze dei Tribunali ecclesiastici con le quali si dichiara la nullità del matrimonio che siano munite del decreto di esecutività. Allo Stato italiano rimane, invece, la competenza afferente alla disciplina dei rapporti patrimoniali fra coniugi derivanti dagli effetti civili dei matrimoni concordatari.

Per quanto concerne, invece, le statuizioni relative al venir meno degli effetti – a tenore di quanto disposto dall’art. 8, comma 2 dell’Accordo – la giurisdizione e la competenza è attribuita al giudice civile. Da ciò deriva che la sopravvenienza della delibazione di una sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio non osta alla piena operatività dell’art. 2909 c.c.[5]

La norma de qua statuisce che una volta accertata la spettanza di un determinato diritto – mediante una sentenza passata in giudicato – la predetta spettanza non può essere rimessa in discussione al di fuori dei casi eccezionali di revocazione di cui all’art. 395 c.p.c.

In conclusione, la prima sezione rimette alle Sezioni unite il quesito se “il giudicato interno (per effetto di sentenza parziale o capo autonomo non impugnato della sentenza) che dichiari la cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario sia idoneo a paralizzare gli effetti della nullità del matrimonio, dichiarata con sentenza ecclesiastica successivamente delibata dalla corte d’appello ( con sentenza passata in giudicato), solo in presenza di statuizioni economiche assistite dal giudicato o anche in assenza di dette statuizioni, con l’effetto (nel secondo caso) di non precludere al giudice civile il potere di regolare, secondo la disciplina della legge n. 898 del 1970 e successive modificazioni, i rapporti patrimoniali tra gli ex coniugi il cui vincolo sia consacrato in un atto matrimoniale nullo”.

[5] Con l’espressione “cosa giudicata” ci si riferisce all’accertamento di fatti, situazioni o rapporti oggetto di una sentenza passata in giudicato. L’accertamento in essa contenuto deve essere riconosciuto e rispettato dalle parti del giudizio, dai loro eredi o chiunque derivi un proprio diritto da essi. Invero, sebbene la sentenza debba essere riconosciuta da tutti, questa è in grado di produrre ed esplicare i propri effetti solo tra i predetti soggetti e non anche nei confronti di soggetti terzi. La ratio della disposizione deve essere ricercata nella esigenza di certezza dei rapporti giuridici. La norma in esame stabilisce, invero, il cosiddetto giudicato sostanziale che presuppone l’impossibilità di impugnare la sentenza che costituisce giudicato formale ai sensi dell’art. 324 c.p.c.

L’art. 8.2 dell’Accordo richiede ancora, per la dichiarazione di efficacia civile delle nullità matrimoniali pronunciate dai tribunali della Chiesa, che la Corte d’Appello accerti “che ricorrono le altre condizioni richieste dalla legislazione italiana per la dichiarazione di efficacia delle sentenze straniere” (lett. c). Il rinvio è, come dispone espressamente la lettera b del punto 4 del Protocollo Addizionale, agli articoli 796 e 797 del Codice di procedura civile italiano, cioè alle norme relative al cosiddetto procedimento di delibazione. Il riferimento agli artt. 796 e 797 c.p.c. è tuttora valido, nonostante dette norme siano state nel frattempo abrogate dalla L. 31 maggio 1995 n. 218 (Riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato), che ha introdotto il principio del riconoscimento automatico delle sentenze straniere, con giudizio di delibazione ora necessario solo nelle ipotesi residuali espressamente contemplate, e precisamente “in caso di mancata ottemperanza o di contestazione del riconoscimento della sentenza straniera o del provvedimento straniero di volontaria giurisdizione, ovvero quando sia necessario procedere ad esecuzione forzata” (art. 67, primo comma, legge cit.). La nuova disciplina di diritto internazionale privato non risulta tuttavia applicabile al riconoscimento delle sentenze ecclesiastiche di nullità matrimoniale, in quanto l’art. 2, primo comma, L. n. 218 del 1995 sancisce che le disposizioni della medesima legge “non pregiudicano l’applicazione delle convenzioni internazionali in vigore per l’Italia”, fra le quali deve certamente annoverarsi l’Accordo di Villa Madama, la cui legge di esecuzione, oltre che per il principio di specialità, dovrebbe comunque prevalere sulla normativa in questione in quanto fonte di derivazione pattizia e dunque di rango superiore rispetto alla legge ordinaria unilaterale costituita dalla legge di riforma del sistema di diritto internazionale privato.

Il dettato di cui alla lett. b dell’art. 8.2 dell’Accordo sancisce che  (“Le sentenze di nullità di matrimonio pronunciate dai tribunali ecclesiastici […] sono […] dichiarate efficaci nella Repubblica italiana con sentenza della corte d’appello competente, quando questa accerti: b) che nel procedimento davanti ai tribunali ecclesiastici è stato assicurato alle parti il diritto di agire e di resistere in giudizio in modo non difforme dai principi fondamentali dell’ordinamento italiano”).

Per quel che riguarda la trascrizione  avverrà, a seconda dei casi  nella seconda parte, sezione A, se trattasi di atti di matrimonio officiati nel comune davanti a ministri di culto ammessi dallo Stato. Se il matrimonio viene celebrato in altro comune, l’atto è trascritto nella sezione B. Nella sezione C sono registrati i matrimoni celebrati dall’ufficiale di stato civile fuori dalla casa del comune: quelli celebrati per imminente pericolo di vita, per delegazione, all’estero e le sentenze dichiaranti l’esistenza oppure lo scioglimento del matrimonio.


Per i clienti Halley: Ricorrente QD n. 1853, Sintomo n. 1883

 

 

 

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